UDINESE-VERONA

Udinese-Verona, tra Collio, Bagnoli e Zico

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Senza nulla togliere ai palesi meriti del Napoli, possiamo dire che finora le altre grandi del campionato di Serie A abbiano deluso le aspettative. Per motivi diversi Juve, Milan, Inter e Roma stanno vivendo una stagione complicata. Perciò, in occasione della prima di ritorno, noi di Champions Wine abbiamo deciso di cercare un po’ di tranquillità in provincia, per l’esattezza optando per uno dei tanti derby che fomentano lo storico campanilismo italiano. Anche perché dal punto di vista eno-calcistico spesso da quelle parti si trovano vere e proprie corazzate che si esprimono in sfide mirabolanti. Oggi ci prepariamo per Udinese-Verona, nota anche come il “derby del Triveneto”, una macro-regione che calcisticamente – se si esclude lo scudetto scaligero del 1985 – non ha mai regalato grandi soddisfazioni, ma per quanto riguarda i vini è ricca di talento come Copacabana.

di Raffaele Cumani & Antonio Cardarelli

E con la scusa del derby interregionale possiamo allargare lo sguardo anche su vini non strettamente legati al territorio di Verona, di cui abbiamo parlato precedentemente ovviamente raccontando anche lo scudetto dei ragazzi terribili di Bagnoli. Che poi, per la verità, dei vini di Verona ci sarebbe ancora tanto da dire perché la città, nel Serenissimo Triveneto, è una sorta di provincia “autonoma”: se nel calcio è l’unica ad aver vinto, nel vino è l’unica a produrre i “propri” vini. Non prosecco ma altro spumante, il Lessini Durello, meno internazionali e più super autoctoni come Chiaretto, Lugana, Soave, Custoza e naturalmente Valpolicella! Un paio di etichette per la partita? Eccone due per capire cos’è un grande bianco: il Custoza Superiore Ca’ del Magro di Monte del Frà o il Soave Classico Calvarino di Pieropan. Vini da scudetto!

Custoza Superiore Ca’ del Magro di Monte del Frà-PhotoRoom.png-PhotoRoom
Soave Classico Calvarino di Pieropan-PhotoRoom.png-PhotoRoom

Il derby si colora perché anche in Friuli-Venezia Giulia in fatto di vini sono secondi a pochi, pochissimi. Ma per il momento torniamo al calcio visto che i più arguti appassionati eno-calcistici avranno già colto il riferimento alla più famosa spiaggia di Rio de Janeiro, perché quando si parla di Udinese il pensiero corre ad Arthur Antunes Coimbra, in arte Zico, che in Brasile si era guadagnato due soprannomi: O Galinho (il galletto) e quello, ben più pesante, di Pelè Bianco. Il popolo furlan è noto per la sua concretezza: piedi per terra, lavorare sodo e un salto in osteria per ricaricare le batterie. Un’operosità che ha permesso di ricostruire intere città rase al suolo dall’Orcolat (l’orcaccio) il terremoto del 1976. Ma l’estate del 1983 è quella giusta per tornare a sognare e provare a portare l’Udinese nell’élite del calcio italiano. 

Il manipolo di “eroi” bianconeri che compiono l’impresa è così composto: Lamberto Giuliodori, ristoratore friulano con i contatti giusti in Brasile; Franco Dal Cin, geniale direttore generale bianconero; Lamberto Mazza, presidente dell’Udinese e della Zanussi, all’epoca secondo gruppo industriale italiano. Sul piatto ci sono 6 miliardi di lire per asciugare le lacrime del Flamengo. Uno dei giocatori più forti del mondo – sì, non stiamo esagerando – è pronto a firmare per l’Udinese, ma la Figc blocca tutto per irregolarità burocratiche. I friulani non ci stanno e quell’estate, come raccontato magistralmente nel libro di Enzo Palladini, trascurano le osterie per far sentire la propria voce. Celeberrimo il cartello comparso in piazza XX Settembre, dove oggi si tiene il mercato davanti al bel palazzetto veneziano: “Zico o Austria”. Chiaro, no? E di fronte alla minaccia di secessione e al pronunciamento favorevole del presidente Pertini sul trasferimento (l’Italia è sempre stato un luogo immaginifico!) O Galihno finalmente sbarca in Friuli per deliziare i tifosi dell’Udinese e dell’intera Serie A, e qui vi proponiamo i 22 gol segnati nelle due stagioni bianconere, con sottofondo sonoro dei Rush.

Sandro Pertini, il presidente partigiano che gioca a scopone con la coppa del mondo sul tavolino dell’aereo insieme a Zoff, Bearzot e Causio. Anche qui un terzetto profondamente furlan perché i primi due sono friulani doc (di Mariano il primo, di Aiello il “Vecio”) mentre il “Barone” Causio ha giocato nell’Udinese proprio insieme a Zico.

E noi non vogliamo essere poco istituzionali e irriverenti, ma nel quadretto di quella storica partita a scopone che ha fatto sognare e sorridere milioni di italiani non verrebbe naturale inserire una grande bottiglia insieme a quattro bicchieri fondi da osteria?
Eccome!

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Noi innaffieremmo la sfida “mondiale” a carte sull’Air Force One italico con un vino dal profumo inebriante, quanto quello della vittoria, un bianco del Collio come il Sauvignon Ronco delle Mele di Venica&Venica o il rosso Schioppettino di Marco Sara.

Che spettacolo!

Godiamoci i siparietti tra il Capo dello Stato più amato e il CT, con tanto di “cazziata” presidenziale a Bearzot.

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E parlando di derby del Triveneto, proprio quel mondiale ci porta a un’icona indimenticata del calcio italiano, che nel Lanerossi Vicenza cominciò a segnare grappoli di gol fino a portare la coppa sull’aereo con Pertini: ovviamente stiamo parlando di Paolo Rossi, per tutti “Pablito” dopo l’impresa spagnola. Italia-Brasile 3-2 è forse la partita più spettacolare mai giocata dall’Italia. Gli Azzurri schiantano il Brasile spaziale di Socrates, Falcao e Zico: ancora lui, O Galinho che torna nella nostra storia. L’impresa del 1982 ebbe come palcoscenico lo stadio di Sarrià di Barcellona, che oggi non esiste più. Demolito per fare posto a palazzi residenziali e a un parco, proprio come accaduto allo storico Stadio Moretti di Udine (dal nome della fabbrica di birra che sorgeva lì vicino, a beneficio di chi non ha ancora abbracciato la nostra filosofia eno-calcistica…). 

L’Oratorio di San Lorenzo-PhotoRoom.png-PhotoRoom

Nel suo periodo all’Udinese Zico giocò davanti al pubblico del più moderno stadio Friuli, ovviamente sempre esaurito, ma qualche palleggio al Moretti lo fece, non solo durante gli allenamenti, ma a favore di telecamere. O Galinho, infatti, compare in poche scene di uno dei film cult del cinema italiano anni ’80: “L’allenatore nel pallone”, esattamente quando Oronzo Canà ruba il pallone a Zico per il rito vudù. Inutile dire che qui si parla di una pietra miliare fondamentale nella formazione del vero appassionato eno-calcistico. Vicenza invece, dicevamo, chiama Colli Berici, meravigliosa zona collinare inesplorata dal turismo di massa, e Carmenere, quello Superiore di Inama, L’Oratorio di San Lorenzo, uno di quei rossi da provare una volta nella vita!

Se parliamo di stadi, però, non possiamo non citare il Friuli per un’altra nota di merito non da poco, almeno per noi rockettari amanti del vino. Oltre ad essere stato il palcoscenico per le punizioni a foglia morta di Zico (che hanno ispirato un altro talento veneto, un certo Roberto Baggio) lo stadio di Udine è stato anche l’ultimo in Italia ad aver ospitato un concerto degli AC/DC. Chissà se i canguri del rock, in quel lontano 2010, avranno assaggiato il must della cucina furlan, il frico… probabilmente avranno evitato per poter saltare sul palco più leggeri e si saranno “limitati” a gustare qualche delizioso vino friulano, magari il mitologico Terre Alte di Livio Felluga, uno di quei bianchi “mondiali”.
E come biasimarli.

Terre Alte di Livio Felluga-PhotoRoom.png-PhotoRoom

Rimanendo sul tema “derby del Triveneto”, ecco che ci vengono in mente altri incroci in vista di Udinese-Verona. Quello più recente passa per Destiny Udogie, probabile (se il nome di battesimo vuol dire qualcosa) futuro terzino sinistro titolare della Nazionale, cresciuto nelle giovanili del Verona ed esploso a Udine, che continuerà ad arare la fascia sinistra in Premier League, visto che è già stato ceduto al Tottenham. O ancora, tornando all’incrocio Udine-Vicenza, è impossibile non citare Francesco Guidolin da Castelfranco Veneto (Treviso), che porta i biancorossi a vincere una Coppa Italia e in semifinale di Coppa delle Coppe con giocatori di culto come Lamberto Zauli, Domenico Di Carlo e il “toro di Sora” Pasquale Luiso.

Poi, alla seconda esperienza bianconera, sempre Guidolin conduce l’Udinese tra le grandi e sfiora due volte la qualificazione ai gironi di Champions League. E se parliamo di Udinese-Verona in chiave eno-calcistica, un altro ex di lusso è Alberto Malesani. Picco della carriera con l’ultima Coppa Uefa vinta da un’italiana con il Parma prima di una lunga serie di stagioni deludenti, incluse quelle con Verona e Udinese, diventa leggenda con la famosa intervista da allenatore di uno sgangherato Panathinaikos che ne racconta il temperamento.

E per cogliere l’esortazione del mitico Alberto da Verona noi “la facciamo finita” perché, non tutti lo sanno, ma il Mister si sta oggi dedicando con successo alla carriera di viticoltore. Non abbiamo ancora provato i vini de La Giuva, imperdonabile mancanza per gli appassionati eno-calcistici, ma contiamo di assaggiarli prestissimo. Chissà, magari proprio gustandoci questo Udinese-Verona. Sarà un buon calice ad accendere nuovamente lo scintillante gioco dei friulani di inizio campionato o a dare il necessario slancio alla corsa salvezza degli scaligeri? Angus Young e soci la riassumerebbero così: per l’Udinese It’s a long way to the top (If you wanna rock’n roll) mentre il Verona deve provare a non imboccare la Highway to Hell con destinazione cadetteria. Staremo a vedere, nel frattempo… eviva!

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