Un luogo ricco di atmosfera, testimonianze, tradizione con una cucina che punta su materie prime, dal sapore autentico…
di Luca Sessa
Ci sono luoghi nei quali il tempo sembra essersi fermato, grazie alla perfetta sintonia tra espressioni urbanistiche di altre epoche, rituali ancestrali tramandati di generazione in generazione e una tradizione culinaria che riesce a preservare gesti e sapori, per rinnovare il piacere dell’assaggio di piatti che raccontano l’evoluzione di un popolo. Ruvo di Puglia, comune della città metropolitana di Bari, è una località nella quale convivono arte e storia, natura e gastronomia. Un territorio compreso nel Parco Nazionale dell’Altra Murgia conosciuto per i preziosi ritrovamenti archeologici di età ellenistica ma anche per la Settimana Santa, inserita tra i patrimoni immateriali d’Italia. La settimana centrale di agosto non concede tregua dal punto di vista delle temperature, ma avendo studiato bene l’itinerario di viaggio e confidando nell’anima naturalista del luogo, il nostro gruppo di viaggio parte al mattino presto per non perdersi neanche una delle sfumature che impreziosiscono l’identità di Ruvo di Puglia.
Pieno di diesel fatto, playlist in salsa (moderna) pugliese preparata: partiamo alla volta del territorio facente parte dell’ampia zona del Parco Nazionale dell’Altra Murgia, alla scoperta del versante adriatico con la sua macchia boschiva, estesa per ben 1.100 ettari e comprendete numerosi gruppi di quercia roverella, tipici della zona. Qui convivono le oltre 1.500 specie vegetali, e tra le più interessanti espressioni spontanee deve obbligatoriamente essere menzionato il fungo cardoncello. Una ritemprante passeggiata che ci consente d’ammirare le tante cromie del verde, d’apprezzare l’inusuale frescura nella settimana più calda dell’anno, e una serie di percezioni olfattive davvero incredibili. Una scelta felice che ci entusiasma e ci conduce alla seconda tappa, che ha proprio nella natura il filo conduttore, anche se il nostro obiettivo è più concreto, e si può sintetizzare con la parola “pranzo”. Villa Fenicia è infatti una straordinaria realtà che comprende un parco, un giardino, l’affascinante struttura dagli affreschi originali del ‘800. Una abitazione la cui bellezza è stata enfatizzata da un meticoloso e rispetto lavoro di ammodernamento che non ne ha stravolto l’identità. Il viale di cedri Deodara del Libano conduce all’interno della Villa, che ospita uno dei progetti gastronomici più interessanti di Puglia e d’Italia.
Francesco e Vincenzo Montaruli sono infatti gli ideatori di “Mezza Pagnotta – Cucina Etnobotanica”, un progetto che ha l’ambizioso obiettivo di riscoprire il dialogo tra uomo e natura, portando in tavola i sapori delle erbe spontanee e i profumi del parco della Murgia, la parte più viva di una memoria antropologica trasmessa oralmente per secoli. Ingredienti frutto della raccolta a mano, una cucina rigorosamente stagionale e deve seguire le regole dettate dalla disponibilità quotidiana. Un modo sincero per omaggiare uno stile di vita che non conosce moderni condizionamenti, un’esperienza gastronomica di assoluto rilievo rappresentata dalla Zucchina fritta, la sua mostarda e capperi, dalla Minestra di asparagi, puntarelle, fave, chiare d’uovo e dalla Millefoglie di patate e fondo bruno vegetale, senza dimenticare il Biscotto, crema alla menta selvatica, caffè d’orzo e una carta dei vini originale per profondità e varietà delle etichette. Il BEL di Milan Nestarec con la sua freschezza, e la Malvasia di GaraGino, riccamente strutturata, accompagnano in maniera egregia le portate. Dopo l’incredibile pranzo ci dirigiamo verso il centro di Ruvo, per passare in rassegna alcuni siti di interesse storico e culturale.
Si parte con la Concattedrale, esempio di romanico pugliese, tempio costruito nella prima metà del XII secolo. Colpisce la facciata dai tre portali, con quello centrale arricchito da bassorilievi nell’intradosso. L’interno invece segue la pianta a croce latina, e la navata centrale poggia su due file di colonne. Una visita di grande impatto visivo, a cui fa seguito la scoperta della Torre dell’Orologio, dalla riconoscibile pianta quadrata, sulla cui sommità sono situati il pubblico orologio e due campane che ancora oggi scandiscono il trascorrere delle ore con i loro rintocchi. L’ultimo “impegno” è quello con il Museo archeologico nazionale Jatta, istituito per esporre i tanti reperti rinvenuti nell’agro di Ruvo da Giovanni Jatta e suo fratello Giulio, e databili tra l’età peuceta e magno-greca, un incredibile patrimonio che può fregiarsi del rinomato vaso di Talos. Dopo ave riempito occhi e mente, sentiamoci la necessità di concederci un’ultima tappa gastronomica, perché Ruvo può vantare una delle più interessanti gelaterie del panorama nazionale, Mokambo.
Vincenzo e Giuliana Paparella ha donato nuova luce a una storia di famiglia iniziata nel 1840, quando Luigi Marseglia, ruvese d’adozione, zio del nonno della dinastia Paparella, chef di pasticceria del famoso caffè Gambrinus di Napoli, che conquistò il Re Ferdinando II di Borbone con quella che venne poi definita “Crema del Re”. Oggi l’ultima generazione ha dato vita a un progetto che ha eliminato preparati industriali, prodotti surgelati, additivi, grassi ed emulsionanti, lavorando solo con ingredienti naturali lavorati a mano. L’incredibile ricerca e selezione di spezie, materie prime e tipologie di cioccolato ha permesso di creare una serie di gusti inimitabili e di far tornare in auge la golosissima Crema del Re!
Luca Sessa
Classe 1975, napoletano di nascita, romano d’adozione. Laureato in statistica, giornalista, presentatore e critico enogastronomico, collabora con varie testate nazionali e con alcune guide di riferimento del panorama nazionale.