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Alla scoperta dei Colli Bolognesi e del Pignoletto: la rivincita dell’enoturismo in salsa emiliana

Tempo di lettura: 4 minuti

Valentina Bertoli ci guida in un tour autentico, immersi nei sapori e nelle storie di un territorio che racconta il proprio cibo e (finalmente!) il proprio vino

di Nello Gatti

Un’etichetta “Perditempo”, un vitigno non del tutto compreso e un’areale ai primi tentativi di enoturismo, tutto questo e molto altro sono i colli bolognesi.

Famosi per la celebre canzone dei Lunapop, ancora poco per la produzione di vino, in sella a una Vespa sarà possibile percorrerli per conoscere cosa c’è oltre i castelli e il Pignoletto? Ne parliamo con Valentina Bertoli di Terre Rosse Vallania.

Partiamo col definire l’identikit di questo areale per poi conoscere meglio il beniamino locale, il Pignoletto. Dove ci troviamo e chi sono gli attori principali?

I Colli bolognesi sono un’area che si estende da Bologna fino all’Appennino, qui il Pignoletto ha trovato la sua espressione migliore e non a caso rappresenta a oggi l’unica DOCG emiliana. Il Consorzio Vini Colli Bolognesi – nato nel 1985 dalla fusione dei due storici Consorzi di tutela Monte San Pietro e Vini Castelli Medioevali – unisce quasi 90 soci tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori del territorio, dove la maggioranza delle realtà produttive sono a conduzione familiare. Una curiosità? il logo rappresenta un’immagine stilizzata di un’antica coppa etrusca, simbolo di convivialità e unione, come l’antica storia del Pignoletto. 

E sulla produzione della Docg Colli Bolognesi Pignoletto?

Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Colli Bolognesi Pignoletto” prende vita dal vitigno Grechetto gentile, distribuito nel territorio su una superficie vitata di circa 670ha e con una resa delle uve che si attesta sui 17.500 qt annui. Sono circa un milione e 100mila le bottiglie prodotte ogni anno, di cui 900mila di frizzante. Sono note anche le sue versioni spumante, superiore e classico superiore, di grande struttura, profondità e persistenza. Fra i bianchi più interessanti del panorama vitivinicolo italiano, il Pignoletto esprime carattere di tipicità di grande rilievo, tanto da essere apprezzato ormai anche all’estero: il 10% circa della produzione viene infatti esportato in Paesi come Germania e Nord Europa, Stati Uniti e Giappone.

Facciamo un passo indietro. Come è arrivato fin qui?

Il Pignoletto, o meglio il Grechetto Gentile, fu introdotto probabilmente dagli Etruschi e pare essere di origine greca, viaggiando molto nel centro e nel nord Italia. Si poteva trovare anche in versione “maritata” ad aceri, olmi e alle siepi che proteggevano i campi, almeno fino a quando Bologna fu la capitale europea della canapa. La produzione vitivinicola nel bolognese è sempre stata fiorente, tant’è che a metà del ‘200 fu istituita la via dei Brentatori che con le loro “brente” trasportavano, giudicavano e stimavano il vino. Arrivato in città finiva nelle cantine dei bolognesi, che fino agli anni ’60 si dilettavano a prendersi cura dell’ultima parte della vinificazione e a imbottigliarlo.  Il Pignoletto ama la collina e sopporta malvolentieri i terreni fertili della pianura che non gli rendono merito. Sui Colli Bolognesi predilige la versione spumante o frizzante, forse per sposare al meglio la tipica grassezza della cucina emiliana.

E oggi che percezione si ha di questo vino, anche in chiave enoturistica?

Siamo nell’anno zero, sono poche le cantine strutturate per l’enoturismo, tuttavia l’interesse per Bologna e i suoi dintorni sta crescendo a tal punto che molti tour operator toscani si stanno spostando in Emilia Romagna, dove è facile creare un buon circuito tra produttori di vino, salumi, formaggi, acetaie e tutto ciò che è enogastronomia.

Bologna è considerata all’estero come la capitale del cibo, in città sono letteralmente esplose le attività ristorative (1 ogni 35 abitanti) e piano piano anche i produttori di vino ne stanno beneficiando. Allo scopo di promuovere il territorio bolognese fuori porta, anche per decongestionare il centro storico, è nato ExtraBo che assieme ad Appennino Slow funge sia da info point che da agenzia di viaggio, tour operator e promotore del territorio. ExtraBo è una costola di Bologna Welcome, fondazione creata qualche anno fa dal Comune, Camera di Commercio e Città Metropolitana.

Dal territorio alla Cantina, cosa ci puoi raccontare della tua Azienda?

Terre Rosse Vallania è una realtà di giovanissimi imprenditori che hanno rivitalizzato un nome storico e prestigioso dei Colli Bolognesi, nato dal genio di Enrico Vallania negli anni ’60. Terre Rosse Vallania ha rappresentato una mosca bianca, non solo della denominazione dei Colli Bolognesi ma dell’intera produzione regionale. Nel 1990 il Gambero Rosso scriveva: “Se qualcuno vi venisse a dire che a Zola Predosa, a due passi da Bologna, c’è una cantina che fa dei vini da sogno, come minimo lo prendereste per matto. Eppure è verissimo. Si chiama Vigneto delle Terre Rosse (…)”. Nel 2020, un altro Enrico, Verdilio, decide di cogliere l’occasione della sua vita e di scommettere tutto per seguire la sua passione di sempre, in uno dei vigneti più vocati della regione. Siamo a mezz’ora da Bologna, a Zola Predosa, all’interno di un’area che a ottobre 2023 è stata dichiarata patrimonio dell’umanità Unesco.

Infine, qualche curiosità che rende Terre Rosse Vallania unica nel suo genere?

È stata la prima a dare importanza al suolo qui sui colli bolognesi. Non a caso il nome Terre Rosse Vallania, già prelude alla presenza di argille ricche di ossido di ferro che conferisce la tipica nota cromatica rossastra, base perfetta per rossi di grande struttura e potenzialità di invecchiamento come il nostro EV Cabernet Sauvignon. Inoltre, proprio per spostare il focus dalla “sola” produzione di Pignoletto, la proprietà è attraversata da una vena di gesso importante, su cui poggiano principalmente Sauvignon Blanc e Merlot, permettendoci di produrre una linea che abbiamo denominato “perditempo” in antitesi con la linea storica del fondatore, amante dei lunghissimi affinamenti.

Sui colli bolognesi, a quanto pare, è finita l’epoca dei “perditempo”, quelli veri, a favore di un nuovo percorso che oltre al Pignoletto, abbraccia l’enoturista in chiave enogatronomica e oltre i bianchi frizzanti. Ma quanto è bello andare in giro…

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Nello Gatti

Vendemmia tardiva 1989, poliglotta, una laurea in Economia e Management tra Salerno e Vienna, una penna sempre pronta a scrivere ed un calice mezzo tra mille viaggi, soggiorni ed esperienze all'estero. Insolito blend di Lacryma Christi nato in DOCG irpina e cresciuto nella Lambrusco Valley, tutto il resto è una WINE FICTION.

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