Viaggio tra tradizioni, arte, cultura, paesaggi e vino della Trinacria.
di Alessandra Piubello
L’isola del sole e della luce: l’illuminazione solare delle coste siciliane è la più alta d’Europa. L’isola della fertilità: unisci sik, fertilità a ilia, terra, e trovi la probabile origine del nome Sicilia. Ma la Trinacria è molto di più. Tradizioni, vino, cultura, paesaggi, storia, arte, architettura, uomini, cucina: così differenti, così unici, quintessenza di tre millenni di mito. L’incanto delle isole nell’isola, come delle piccole matrioske, la complessità nei contrasti. Imprime un marchio che scatena inevitabilmente la nostalgia. Isola letteraria, florilegio di scrittori e poeti, che spesso hanno sublimato lo struggimento della lontananza con la scrittura.
La lettura dei paesaggi siculi oggi apre pagine di vigneti. Per decine e decine di chilometri si assiste al rincorrersi di vigneti, a un susseguirsi di filari che si alternano ad altri che vanno oltre lo sguardo. La Sicilia infatti è la prima regione italiana per superficie vitata con i suoi circa 119mila ettari (fonte Istat 2021). Non solo, è anche la prima per ettari vitati in conduzione biologica certificata (31mila, pari al 24% del totale nazionale, fonte SINAB/ISTAT 2021) confermando la propria leadership sul fronte della sostenibilità.
La più grande isola del Mediterraneo racchiude un’inesauribile biodiversità varietale, con un alto numero di vitigni autoctoni ancora in parte inesplorati e antichi vitigni reliquia recuperati grazie ad un ambizioso progetto sperimentale per raccontare l’antica storia del vino nell’isola. La voglia di scavare nel passato sta portando alla luce varietà dimenticate.
In Sicilia, il vino e la vite hanno caratterizzato la storia fin dagli albori. Alcuni vinaccioli fossili trovati alle falde dell’Etna e nelle isole Eolie sembrerebbero dimostrare che la vite crescesse spontaneamente in Sicilia prima ancora della comparsa dell’uomo sulla terra.
Probabilmente alcune varietà furono portate dai Fenici, ma furono i Greci a introdurre la viticoltura propriamente detta. Ai tempi dell’Impero Romano i vini della Sicilia erano già famosi nel mondo antico, ampiamente esportati e apprezzati.
Oggi è una terra che raccoglie in sé diversità spiccate, in un mosaico vivace di cangiante varietà espressiva. Un territorio suddiviso tra collina (62%), monti (24%) e poca pianura (14%), con climi differenti e suoli molteplici, dai vulcanici ai calcarei, dagli argillosi ai tufacei a quelli di tessitura mista (la viticoltura siciliana si sviluppa, infatti, su oltre trentatré raggruppamenti pedologici). Vendemmie distinte: la Sicilia è l’unica regione italiana con ben quattro mesi dedicati alla raccolta, da luglio a ottobre.
Facile immaginarsi la ricchezza d’ispirazione e le espressive sfaccettature nel bicchiere, con un patrimonio di una Docg (Cerasuolo di Vittoria), ventitré Doc e sette Igt di quest’isola circondata dal Mediterraneo.
Variegato anche il quadro imprenditoriale che oggi vede confrontarsi marchi storici e grandi gruppi, cantine sociali e aziende medie e piccole che, nonostante gli esigui volumi, danno coraggiosamente il loro prezioso contributo. La presenza dei giovani è sempre più significativa, con un profilo di esperienze internazionali e studi specifici.
Iniziamo il nostro viaggio ad ovest, dove compaiono la maggior parte delle denominazioni: Alcamo, in provincia di Trapani, con la sua Alcamo Doc, e le poco distanti Doc di Marsala (vino fortificato che conobbe grande fama nel XVIII secolo, e che sta cercando di riscattarsi dal suo successivo declino), Delia Nivolelli, Erice, Salaparuta, Santa Margherita Belice, Menfi, Sciacca, Contessa Entellina con vitigni che spaziano dal catarratto all’inzolia al grillo, al grecanico, al nero d’avola, al perricone nonché chardonnay, merlot, cabernet sauvignon, syrah. Zone che offrono all’enoturista un paesaggio rurale con vigneti che si rincorrono su pianure e dolci colline su cui svetta la cima del monte ericino. Le coste alternano morbide dune di sabbia africane a saline che si allungano verso alcune fra le più incantevoli isole minori della regione (Mozia, le Egadi). Ci spostiamo verso Monreale, in provincia di Palermo, con la sua Doc, e la sua appartenenza al patrimonio mondiale arabo-normanno.
Scendiamo a sud per Pantelleria, perla nera del Mediterraneo, con il suo alberello pantesco riconosciuto come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco. Qui lo zibibbo o Moscato d’Alessandria crea quella poesia liquida che è il passito di Pantelleria. Verso est ora, direzione Vittoria, con la sua Doc e l’unica Docg isolana Cerasuolo di Vittoria (qui insistiamo su frappato e nero d’avola, uniti in esempi di fresca e armonica beva) per poi spostarci nella Val di Noto (indimenticabile Moscato di Noto), con le sue otto città tardo barocche iscritte al Patrimonio dell’Unesco, che rappresentano la fioritura finale dell’arte barocca in Europa. Proseguiamo verso Siracusa, che con la sua storia millenaria fu fra le più vaste metropoli dell’età classica. Dichiarata Patrimonio dell’Unesco congiuntamente all’attigua Necropoli Rupestre di Pantalica, vanta ricchezze storiche, architettoniche e paesaggistiche. Terra del Moscato di Siracusa doc, ambrato e nobile come i greci che lo portarono su queste terre. Protagonista, tra le province di Ragusa e Siracusa, è il nero d’avola (zona d’elezione Pachino), che mostra delle interpretazioni diverse e spesso contradditorie: alcuni vini sono ancora imbrigliati dal legno e desiderosi di mostrare i muscoli e altri, invece, sono più centrati, snelli e appaganti.
E ora puntiamo sulla “Muntagna”, quell’Etna (ovviamente Patrimonio dell’Umanità) così amato e al tempo stesso, temuto. La scalata verso le sue vette e la visita ai suoi crateri va fatta lentamente, per assaporare l’atmosfera delle tipiche stradine nere che attraversano i paesini lungo la strada, per passeggiare fra i filari di vigneti antichi nati su suolo vulcanico. Viti custodi del tempo, alcune prefilosseriche, vigneti eroici che generano sorprendenti vini caratteriali a base di nerello mascalese, nerello cappuccio per i rossi e carricante per i bianchi. I vini etnei si sono guadagnati una platea internazionale, grazie a una compagine di produttori autoriali capaci di un racconto enoico vibrante, di vivida tensione gustativa. Oltre ai rossi, profondi e stratificati come la terra vulcanica in cui nascono, va sottolineata l’ascesa del carricante che sta dimostrandosi, anno dopo anno, capace di dar vita a un grande bianco italiano.
Più su ecco le Eolie, le “isole dolci di Dio” come le definì Quasimodo, altro Patrimonio Unesco, per assaggiare la Malvasia delle Lipari, nettare degli dei. Tornando sulla terraferma, puntatina a Faro per il Faro Doc, vino che splende per equilibrio e profondità, poco distante dalla Mamertino di Milazzo Doc.
La varietà che sta vivendo un particolare incremento produttivo in tutta l’isola è il Grillo, con esiti differenti, in cui convivono ottime prove, anche da vigne in vicinanza del mare, a fianco di vini appiattiti sulle stesse note aromatiche esotiche e molto simili. Il Catarratto, che rappresenta un terzo del vigneto Sicilia, (consideriamo che i bianchi al 66% superano in produzione i rossi al 34%), fa parte di un progetto per lo sviluppo dei vini spumanti, ancora poco presenti e conosciuti.
Tra i principali vitigni internazionali coltivati in Sicilia un posto importante spetta allo chardonnay, seguito dal cabernet sauvignon, dal merlot, dallo syrah. Nella Doc regionale Sicilia, nata nel 2019, sono confluiti anche molti rinomati Igt monovarietali (sia da vitigni autoctoni sia da vitigni internazionali) che hanno contribuito al successo del vino siciliano tra gli anni Novanta e Duemila.
Ben lontana oramai nell’immaginario la Sicilia dei vini da taglio, ora, la quarta regione per produzione ha saputo guadagnarsi meriti sul campo, dimostrandosi una regione unita, attiva nella ricerca e proiettata nel futuro.
Foto copertina crediti Consorzio DOC Sicilia