Viaggio nell’isola delle contaminazioni con i suoi paesaggi straordinari, le sue antiche tradizioni e la sua impareggiabile varietà enogastronomica.
di Marco Colognese
Il primo assaggio è un’emozione che non ci si scorda: può accadere mentre si passa lo stretto di Messina, dove Sicilia e Calabria sembrano quasi accarezzarsi, oppure sorvolando l’Etna con il suo maestoso cratere colorato di bianco in una giornata di sole d’inverno, poco prima di atterrare a Catania. E i suoi paesaggi straordinari, ovunque ci si muova. Il cielo, qui, con il suo azzurro carico, non si dimentica, così come non passano mai i profumi nell’aria: seducenti, intensi, persistenti, penetranti. La Sicilia è un mondo a parte in cui storie e culture di popoli si sono incrociate e stratificate, con una ricchezza artistica inestimabile che si è accumulata nei secoli, a partire dal dualismo arabo normanno. Serve uno spazio troppo vasto per nominare tutto quello che di questa magnifica regione varrebbe la pena conoscere, dal fascino delle sue città alla varietà dei suoi paesaggi. Oltre al fatto che la Sicilia, con un numero di poco inferiore ai centoventimila, è la prima regione in Italia per ettari vitati, non si può non far cenno alla fertilità della sua terra, alla maestosa ricchezza di biodiversità vegetale e animale e alla pescosità dei suoi mari che hanno dato vita a una cultura alimentare incredibilmente ampia e che si è arricchita nel tempo delle contaminazioni di tutti i popoli che qui sono approdati. Anche sul fronte gastronomico le possibilità di soddisfazione sono molte e per questioni di spazio la nostra selezione non comprende le località turistiche prettamente estive, perché godranno di un meritato spazio a parte.

Partiamo quindi dalla provincia di Palermo, in particolare da Bagheria, con la recentissima stella Michelin conquistata da Limu (limone, dal persiano), locale che si trova in uno dei luoghi storici della città, a pochi metri dall’Arco della Santissima Trinità proprio nella Torre Ferrante del XVI secolo, una delle sette che anticamente erano utilizzate nella difesa territorio. Qui, su tre sale distribuite su due piani, il giovane Nino Ferreri è bravissimo a esaltare la sua terra con una sapiente tecnica e piatti che ne valorizzano gli ingredienti senza mai stravolgerli, come ad esempio i golosi spaghetti con estratto di pesce azzurro, ventresca di tonno rosso e gel di nespola. Quattrocento le etichette a disposizione degli ospiti, da scegliere consultando una carta dei vini molto ben ponderata.

Sempre a Bagheria, un ristorante storico come I Pupi dell’ottimo chef Tony Lo Coco. Affiancato dalla moglie Laura, nella moderna ed elegante sala del suo locale, propone piatti in cui la Sicilia e la sua cultura gastronomica sono sempre protagoniste e lette in chiave contemporanea, attraverso il contatto con i migliori piccoli fornitori di zona. Un piatto goloso come i quadrucci con verdure spontanee, salsa all’anciova, crema di Ragusano e tartufo nero siciliano può accompagnarsi a una delle numerose etichette presenti nella carta dei vini, con la sua notevole selezione di bollicine e il bell’assortimento di proposte da vitigni autoctoni siciliani.

Dopo tanto girare per l’Europa, Giuseppe Carollo, ora coadiuvato in cucina dalla figlia Francesca, ormai quasi quarant’anni or sono torna a casa e prende la gestione di una trattoria il cui nome, Nangalarruni, non è altro quello del notissimo strumento a bocca utilizzato soprattutto nella musica popolare siciliana. Qui, nella parte nord-occidentale della regione c’è lo stupendo Parco delle Madonie, la cui biodiversità è ricchissima e si ritrova spesso negli ingredienti e nei sapori dei piatti di questa bella trattoria di Castelbuono, riproposti in chiave contemporanea e creativa, tra tante verdure spontanee e rarità come la manna estratta dal frassino, utilizzata come elemento della crosta insieme a mandorle e pistacchi per il succulento filetto di maialino. Lo chef è anche appassionato di vino e lo si nota dalla bella cantina forte di circa seicento referenze selezionate con grande cura.

È un piccolo borgo delle Madonie che appare sospeso tra le rocce, Sclafani Bagni. A Terrazza Costantino bisogna volerci arrivare, per raggiungere quella che era una trattoria di famiglia e Giuseppe Costantino ha trasformato nel suo locale dopo aver girato per il nord. È una cucina concreta, quella del giovane siciliano, ispirata a un contesto incantevole e a un territorio ricco di cultura rurale e di prodotti della natura. Piatti di grande gusto, quindi, come nel caso del risotto con asparagi selvatici e tartufo nero, che si completano con una carta dei vini che conta circa quattrocento etichette tra diverse tipologie e zone geografiche che vanno dalla Sicilia all’estero: la stessa cambia quattro volte all’anno, adattandosi al percorso di degustazione che viene sostituito stagionalmente.

A Catania il primo ristorante ad aver ricevuto una stella Michelin è stato Sapìo nel 2018: questo grazie a una storia d’amore e al progetto che ne è scaturito. Alessandro Ingiulla e Roberta Cozzetto, chef il primo e direttrice di sala la seconda, insieme nella vita e nel lavoro, hanno saputo dar vita a un locale elegante. Inevitabile per lui, dopo le sue esperienze internazionali, tornare a casa e sentirsi ispirato dal potente incontro tra l’Etna e il mare, così da ritrovare nei suoi piatti una moderna armonia nella quale, insieme al racconto della sua storia professionale, sopravvive felice anche il ricordo della tradizione. La cantina conta quattrocentoventi etichette, già molte, ma è ancora in divenire. I migliori vini regionali la fanno da padroni anche con verticali di pregio, senza però che l’Italia e le zone vinicole internazionali più vocate siano trascurate. Non sarà quindi difficile trovare l’abbinamento più consono a un piatto come i ravioli al Pecorino Siciliano stagionato DOP con coriandolo, tartufo e crema di fagioli cosaruciaru (letteralmente ‘cosa dolce’) di Scicli.

Km.0 è un locale catanese in crescita, creato da due fratelli in quella che era stata la bottega dove il nonno forgiava il metallo. In un ambiente essenziale e raccolto ma con ogni dettaglio al suo posto, Marco e Fabio Cannizzaro valorizzano le peculiarità di un territorio gastronomicamente ricco di stimoli. Il primo, con esperienze importanti alle spalle tra le quali il San Domenico di Imola, è ai fornelli e propone una cucina che attraverso un’ottima tecnica rende comprensibile e golosa ma mai banale come nel caso degli spaghetti con rana pescatrice, carciofi e salsa al prezzemolo. Seicento le etichette a disposizione in una carta dei vini anch’essa non scontata e ricca di stimoli interessanti.

Zash è un luogo di estrema bellezza, a Riposto, tra l’Etna e il mare, frutto di un accurato recupero di una casa padronale e del palmento nella tenuta della famiglia Maugeri, trasformati in hotel di design. Se l’ambientazione è decisamente suggestiva, anche la cucina di Giuseppe Raciti è una di quelle che lasciano il segno. Tappe di formazione importanti tra Italia ed estero, la sua qui è la prima (riuscita e ormai collaudata) esperienza da chef, con uno stile che mette insieme senso estetico e amore per il gusto. I piatti, oltre a essere eleganti, sono anche molto buoni: è il caso delle raffinate tagliatelle di seppia con piselli, ricci di mare e mandarino. Anche la cantina è degna di nota, con quattrocentocinquanta etichette: oltre a un importante excursus etneo, si trova anche una scelta piuttosto vasta di referenze dai luoghi più vocati sia italiani sia internazionali.

A Linguaglossa non si può dimenticare Shalai: in un palazzo nobiliare del XIX secolo, sede del vecchio comune, la famiglia Pennisi ha realizzato un moderno, elegante resort di charme. Vale la pena farsi guidare da Leonardo Pennisi alla scoperta di una cantina davvero notevole: con un numero di referenze che sfiora le duemila, oltre a una grande panoramica sull’Etna conserva meravigliose verticali siciliane. Naturalmente non manca un assortimento che include importanti etichette nazionali e internazionali. In cucina c’è il bravo Giovanni Santoro, con piatti molto ben realizzati, di grande gusto e spiccato senso estetico, come ad esempio i cavatelli allo zafferano e spinacino, genovese al maialino dell’Etna e ginepro, crema di zucchine in fiore e fonduta al caciocavallo.

L’Antica Filanda di Capri Leone, la provincia è quella di Messina, si trova in una posizione invidiabile, in collina, in mezzo agli ulivi e con tre delle isole Eolie (Alicudi, Filicudi e Salina), che si possono ammirare proprio di fronte. Già questo basta a disporre serenamente l’animo nei confronti di questo hotel con ristorante. Ad aggiungere gioia la cucina di quattro donne, Nina, Pinuccia, Pina e Nuccia, le quali reinterpretano classiche ricette siciliane mantenendone l’essenza; da assaggiare la squisita arancina di couscous e verdure servita su una vellutata di pomodorini Pachino DOP. Gusto e semplicità in una felice espressione, quindi, insieme a una cantina molto ben fornita con oltre seicento etichette tra le quali scegliere il meglio della produzione isolana e tanto altro.

Ancora nel messinese e con una vista stupenda (particolarmente in estate dalla terrazza panoramica) sulle isole Eolie, nel piccolo centro di Torregrotta tra il Tirreno e i monti Peloritani, si trova Modì. Giuseppe Geraci e Alessandra Quattrocchi hanno aperto il loro ristorante giovanissimi, a ventidue anni: lavorano insieme e sono anche una coppia nella vita privata, lui ottimo cuoco e lei esperta sommelier che gestisce una cantina forte di quattrocento etichette con una predilezione per i vini ‘naturali’ e biodinamici, naturalmente con una bella concentrazione sui versanti del vulcano ma anche dal resto d’Italia e del mondo. La cucina è votata alla freschezza e a una giusta dose di creatività: vale certamente la pena assaggiare la ricciola con limone bruciato e tenerumi.

Proprio a metà strada tra Agrigento e Sciacca si trova Montallegro, piccolo centro rurale ai piedi di Monte Suso dove Damiano Ferraro e la moglie Adriana hanno dato vita a Briuccia, un accogliente relais in una dimora storica. Al suo interno Capitolo Primo, elegante ristorante che qui definiscono come ‘laboratorio gourmet con cantina’. La Sicilia è sempre protagonista di una cucina che ne celebra stagioni e profumi attraverso piatti non privi di creatività che seducono per la loro immediatezza, come nel caso della patata soffiata al Pecorino stagionato di Santo Stefano servita in salsa vellutata di ricci di mare e olio extravergine d’oliva da cultivar Biancolilla. Adriana Baglio si prende cura della sala e della notevole cantina a vista, dalla quale attingere a una delle oltre cinquecento etichette in cui la Sicilia enologica trova ogni possibilità di espressione.

È uno dei grandi di Sicilia, Pino Cuttaia. La sua Madia a Licata riaprirà il prossimo 14 luglio dopo una ristrutturazione. Due stelle Michelin, lo chef ha vissuto in Piemonte, studiando e lavorando in fabbrica a Torino prima di trasformare in professione quello che era un hobby. Così nel 2000, dopo alcune esperienze importanti, apre nella sua terra e dà vita a quello che sarebbe diventato un luogo simbolo dell’alta cucina in Sicilia. Uno stile di grande eleganza, il suo, nel quale una tecnica meticolosa dà nuova vita ai ricordi d’infanzia di una regione che regala prodotti di altissima qualità e che lui lavora seguendo le stagioni e il loro corso. Per usare le sue stesse parole: “(…) il mio gusto è quello di far assaggiare quello che un tempo si faceva a casa rendendolo professionale. In cucina lo Chef è l’interprete, non il protagonista.” Con piatti che hanno fatto storia, come il famoso Uovo di Seppia. Va da sé che anche la carta dei vini, con le sue quattrocento etichette, è all’altezza del contesto.

A Sciacca vale la pena fare un salto all’Hostaria del Vicolo, locale con una carta dei vini particolare, detta delle Tre Valli e creata da Michele Pintacuda. Quattrocento etichette con bottiglie scelte una per una, frutto della ricerca che ora è di Nino e Mara Bentivegna, titolari, per una cucina che si esprime con piatti saldamente ancorati all’alta qualità delle materie prime di un ricco territorio, con Lila Bentivegna che ama lavorare su paste e dolci e Angelo Principato che si occupa di antipasti e secondi. Da provare il raviolo aperto di calamaro con gamberi rosa e rossi, passato di carote, zenzero, due sedani e salicornia croccante.

È un vero e proprio tempio della ristorazione nazionale, il Duomo di Ciccio Sultano. Ci si trova nella barocca Ragusa Ibla, all’interno del settecentesco Palazzo La Rocca, dove fu girato il film Divorzio all’italiana con Marcello Mastroianni. Qui ci sono un ambiente raccolto e raffinato e – oltre a una cucina di altissimo spessore che prima di essere raccontata va assaggiata per apprezzarne ogni sfumatura – una cantina tra le volte di tufo con circa milleduecento referenze, premiata tra le migliori cento al mondo World’s Best Wine Lists 2018 di The World of Fine Wines. Nella carta dei vini si presentano un’importante selezione di Champagne e un’ampia panoramica tra Italia ed estero che prevede anche un’eccellente selezione al calice. Tra i piatti il notevole capiduzzo, ostriche e caviale con una salsa a base di whisky scozzese torbato.

Le eleganti stanze dell’omonimo hotel (fatta eccezione per una splendida suite), alcune delle quali particolarmente suggestive e ricavate all’interno di ambienti in pietra, si trovano a poca distanza da Locanda Don Serafino, affascinante luogo gastronomico negli antichi bassi accanto alla Chiesa dei Miracoli a Ragusa Ibla. Qui gli ospiti della famiglia La Rosa possono godere della cucina dello chef Vincenzo Candiano, professionista di lungo corso dalla mano felice che interpreta in chiave contemporanea la tradizione, soprattutto quella iblea, in un gioco perfettamente equilibrato tra tecnica, territorio e sapori. Imponente la carta dei vini con più di duemila referenze da ogni parte del pianeta. Tra i piatti un grande dessert come la spuma di ricotta con sorbetto di peperoni e fragole, velo di latte di pistacchio e mandorle e frutta candita, inno alla sicilianità.

Accursio Craparo, grazie ai suoi viaggi tra l’ovest e l’est dell’isola, è noto come il ‘cuoco delle due Sicilie’: originario di Sciacca, si è trasferito infatti a Modica a cucinare. Territori differenti con gusti diversi tra loro, accomunati da quello che è un enorme patrimonio in termini di biodiversità. A Modica, in un ambiente raffinato al piano terra di un antico palazzo nobiliare proprio ai piedi della scalinata di San Pietro, lo chef riprende in cucina questa ricchezza, con piatti ricercati e insieme saporiti, nei quali si esprime con libertà ispirandosi alla tradizione siciliana, come nel caso del pesce arrosto con acqua pazza di mandorle e zucchine. Si può attingere a un’importante scelta di bollicine, dalla Sicilia alla Francia, da una carta che come scrive lui stesso “rappresenta la cantina di un appassionato. Ho scelto poche bottiglie, non più di centocinquanta etichette, così da poter essere sicuro di conoscere uno ad uno i vignaioli che le producono.”

Il Don Camillo di Siracusa ha ormai quasi quarant’anni: fu infatti aperto da Giovanni Guarneri con il padre Camillo nel 1985. Da piccolo locale di famiglia si è trasformato in uno dei più noti ristoranti siciliani: qui la cucina è rappresentata da una personale visione di evoluzione di cucina del territorio dello chef, il quale per le sue ricette attinge da ricercate produzioni locali. Piatti come i gamberi rossi marinati al gin e sale di Mothia e affumicati al ginepro, serviti su una maionese di ostriche con alga croccante, si possono abbinare a una selezione di vini molto accurata con cinquecento etichette che comprendono profonde verticali di grandi classici e piccoli vignaioli.

Marco Baglieri, chef e patron del Crocifisso nella meravigliosa Noto, nasce in Germania ma torna nella sua terra per frequentare l’università. Si innamora quindi della cucina trasformando la trattoria dei genitori in un ristorante con una cucina contemporanea e raffinata, nella quale la creatività è gestita con intelligenza e profonda conoscenza delle materie prime, che vengono trattate senza privarle dell’essenza, come nel caso di pane e panelle, crudo di gambero rosso, ricotta al limone e lattughino. Anche la carta dei vini è molto ben concepita, con quattrocento etichette che si allargano dalla Sicilia fino a diverse altre zone di tutto il mondo; non manca inoltre una vasta selezione di superalcolici, in particolare di amari autoctoni.

In una tenuta che si estende per ventidue ettari tra i colli della Val di Noto, il Country House Villadorata è un incantevole luogo di pace nella natura, in mezzo a uliveti, mandorli, agrumeti e un piccolo vigneto, tutti coltivati in biodinamica. La proprietà, nella persona di Cristina Summa, ha scelto un personaggio dell’alta ristorazione come Viviana Varese per presidiare un’offerta di notevole spessore. A partire da W Villadorata Country Restaurant che ha come chef residente il bravissimo Matteo Carnaghi, giovane lombardo dalla mano felice: qui propone sia alcuni piatti storici di Viviana sia una cucina personale molto interessante, con un importante spazio dedicato a piatti cotti ‘col fuoco’. Eccellenti anche i dolci della pastry Chef Ida Brenna. Dal canto suo Valentina Rizzi, preparata sommelier, saprà consigliarvi pescando tra una delle oltre trecento etichette di una carta soprattutto siciliana e orientata alle produzioni artigianali. Da non sottovalutare la carta dei cocktail.

Una storia d’amore, quella tra una giornalista con la cucina nel cuore e un libero professionista appassionato di vino, ha dato vita al Tommy’s Wine di Enna. Una bella enotavola in un ambiente raccolto ed estremamente curato, nel quale Pierelisa e Tommaso accolgono i loro ospiti con calore e quella che loro chiamano ‘cucina di casa’. Grande attenzione quindi alle materie prime di un entroterra generoso, con piatti semplici ma realizzati con attenzione, come gli spaghetti alla chitarra al Piacentinu ennese, un formaggio Pecorino dop con grani di pepe nero e zafferano. Tutto questo con una ricercata attenzione agli abbinamenti enologici, da una carta ben fornita che comprende tanta Sicilia e non solo.
Foto copertina: Ristorante I Pupi