di Camilla Rocca
Dal vino agli spirits il passo è breve. Grande “segreto” di produzione circolare e di recupero: dal mosto si faceva il vino, dalle vinacce la grappa. E così nulla veniva sprecato. Ancor oggi tanti viticoltori realizzano i propri distillati, senza vendere (o svendere) quello che è considerato lo scarto di lavorazione del vino. Anche perché da questi scarti nascono delle bellezze uniche da gustare.
Castello di Spessa – la grappa del Conte e il brandy di Casanova
Sin dagli anni ‘80, il proprietario Loretto Pali ha compreso il potenziale di invecchiamento dei vini del Collio e la vocazione alla base della lunga tradizione vitivinicola di Castello di Spessa. Nelle cantine medievali del castello che ha ospitato Casanova, e in quella ricavata nel bunker militare sotterraneo, realizzato nel 1939 e riscoperto durante i lavori di ristrutturazione del 1987, nascono ( e si affinano) anche il brandy Casanova X.O. e la grappa Riserva del Conte Ludovico di Spessa, realizzate in collaborazione con una storica distilleria della zona, attiva dalla fine dell’‘800. Il brandy viene ottenuto dai vini bianchi del Collio, distillati in alambicchi. Invecchiato per oltre 40 anni in botte di rovere, è un distillato da meditazione raro e dall’ampio bouquet aromatico. La grappa nasce dalla distillazione di vinacce di Merlot e Cabernet Sauvignon, invecchiata per circa 20 anni in barrique di Allier, si ottiene un distillato dalla grande morbidezza e dalle molte sfumature.
Franco Cavallero – dal Ruché al gin
A Scurzolengo (AT) Franco Cavallero, imprenditore piemontese fortemente legato alla propria terra ma, al tempo stesso con lo sguardo proiettato al futuro, negli anni Novanta prende le redini dell’azienda. Tra i vigneti impiantati dal padre c’è anche un ettaro di Ruchè, messo a dimora quasi per scommessa e per sostenere il progetto dell’allora sindaca di Castagnole Monferrato, Lidia Bianco. Affascinato dal mondo della ristorazione, dove vengono venduti i suoi vini, decide nel 2010 di aprire il suo Wine Bar Ristorante, il Cicchetto, che oggi è gestito dalla figlia Altea. Oltre ad essere un luogo d’incontro sotto il segno del mangiar bene, è proprio il locale a dare il là per un’altra grande sfida: il gin. Con l’aiuto del mastro distillatore Carlo Quaglia, i suoi prodotti vengono creati con il sistema Distilled unito al Cold Compound, che prevede la distillazione dei botanicals separatamente e l’infusione di erbe, fiori, spezie e frutti – tutti rigorosamente freschi – direttamente nel prodotto ottenuto dalla prima distillazione. Dal 2016 Cavallero autoproduce le sue botaniche – quattro ettari di trentaquattro tipologie – in un campo sperimentale. Nasce così Gin Agricolo.

Cantina Valle Isarco – l’unica grappa Kerner
Storica cantina di Chiusa, fondata nel 1961: con le vinacce dell’uva Kerner, vitigno autoctono quasi scomparso ma che vanta una antichissima tradizione enologica risalente al 500 a.C. con ritrovamenti di semi d’uva e di oggetti per la produzione del vino, viene prodotta in numero limitato la grappa Kerner. La distillazione avviene con un alambicco discontinuo a vapore.
Arnaldo Caprai – la grappa di Sagrantino di Montefalco
Montefalco è sinonimo di sagrantino e Arnaldo Caprai, una delle cantine più rappresentative del territorio. Dalle vinacce di Sagrantino nasce la particolare grappa monovitigno.

Tenuta di Biserno – Grappa di Biserno
Situata nel comune di Bibbona, in Alta Maremma, al confine con Bolgheri, la tenuta (oltre 40 ettari) è frutto del nuovo progetto iniziato nel 2001 dei fratelli Lodovico e Pietro Antinori con il nipote Niccolò Marzichi Lenzi. Dalle vinacce qui raccolte si produce una grappa che è simbolo della famiglia.
Ca’ Lojera – Grappa di Lugana Riserva
Ambra e Franco Tiraboschi si sono trovati di fronte alla possibilità di produrre grappa quando l’uva destinata a Lugana era non richiesta o scarsamente pagata. Scomparire o lottare? Arrendersi o mettersi in cammino? Nasce così nel 1992 Ca’Lojera a Sirmione, a pochi passi dal lago di Garda, 18 ettari di Turbiana su argille bianche un tempo fondale del lago e 2 ettari in collina morenica dedicati a Chardonnay, Merlot e Cabernet. Dalle vinacce di Turbina la prima grappa di Lugana riserva.
Cantine Marisa Cuomo – Grappa di Fiorduva invecchiata
La grappa invecchiata ‘Fiorduva’ di Marisa Cuomo nasce dalle vinacce del Fiorduva, tra viti e rocce a strapiombo sul mare della costiera amalfitana, a Furore. Invecchiata in barrique, è caratterizzata da un colore giallo paglierino con un profumo elegante e vanigliato, fragrante, intenso e persistente.

Azienda agricola De Beaumont – Frà Amedeo
Un’antica ricetta del nocino dei frati Francescani, donata alla famiglia de Beaumont da frate Amedeo, nella prima metà del ‘900 racconta della gloriosa storia di famiglia. Come da tradizione, verso la seconda quindicina di giugno viene raccolto e selezionato a mano il mallo delle noci irpine, che successivamente viene messo in infusione nell’alcool di cereali con aggiunta di cannella, chiodi di garofano e noce moscata, insieme allo sciroppo di zucchero. Una nota la merita Fabio de Beaumont che, con la sua azienda agricola di Castelvetere sul Calore in provincia di Avellino, sta costruendo su basi antichissime un regno di vini rispettosi della memoria agreste quanto della moderna attenzione verso la natura. La cantina è inserita nel progetto Vini Franchi in quanto ha valorizzato l’espressione del vigneto storico a piede franco di Barbera di oltre 150 anni, allevato a pergola avellinese.
Azienda agricola Palazzo – Grappa di Brunello Riserva
La famiglia Loia Palazzo produce vino da tre generazioni: Antonietta, anima dell’azienda, continua il suo lavoro quotidiano di supervisione, potendo però contare sull’esperienza del figlio Angelo (che segue prevalentemente la vigna e la cantina) e della figlia Elia (che segue principalmente le vendite). Gli altri due figli, Aldo, che è imprenditore edile, e Manio, che si occupa di ristorazione italiana, vivono tuttora nel sud della Scozia, ma tornano regolarmente per aiutare la famiglia durante le fasi principali del processo di vendemmia e di vinificazione. La storia della cantina Palazzo ebbe inizio con un colpo di fulmine. Era il 1982. Cosimo e Antonietta, marito e moglie, cercavano un luogo magico, bello e speciale dove finalmente ritirarsi dopo trent’anni vissuti tra Inghilterra e Scozia, da imprenditori della ristorazione. Il legame e l’amore per l’Italia non s’erano mai spenti e Cosimo e Antonietta, originari di Benevento, tornavano ogni anno a trovare i parenti, sparsi tra la Toscana e la Campania. E ogni volta, percorrendo l’Italia, il desiderio di ristabilirsi nella loro terra diventava sempre più forte. Fu così che in uno dei loro viaggi si soffermarono a Montalcino, un borgo medievale incantevole che all’epoca non era ancora troppo famoso per i suoi grandi vini: le vigne e gli olivi secolari, ricordava loro il Sannio Beneventano.
Albino Armani – Grappa di Amarone Riserva
Quattrocento anni nella vigna e un’infinita passione per il vino. Nella Valle dell’Adige la storia della famiglia Armani e quella della viticoltura camminano insieme a partire dal 7 dicembre 1607. Dallo studio costante della storia e delle origini di un luogo e dei suoi vini, fino alla ricerca sugli autoctoni, oggi Armani guarda alla sostenibilità. E anche per questo nella cantina di Marano in Valpolicella, usa le vinacce della vendemmia per una grappa di Amarone riserva.

Poderi San Lazzaro – Vermouth di Offida
Paolo ed Elisetta gestiscono questa azienda dal 2003 e il loro territorio, situato ad Offida, nel cuore del Rosso Piceno Superiore DOC, tra l’Adriatico e gli Appennini, era già terra di vino dai tempi dei Romani. Fanno parte di FIVI vignaioli indipendenti e producono un vermouth unico, che si ispira a quello elaborato da Antonio Benedetto Carpano, un vino aromatizzato con l’aggiunta di spezie, ma totalmente marchigiano.
Società Agricola Tanca Gioia Carloforte – Mirto bianco e rosso
Con il curioso nome “U-Tabarka” dato ai suoi vini, la cantina vuole omaggiare la storia della propria terra: il nome deriva infatti da Tabarka, una località tunisina famosa come colonia di pescatori genovesi che nel 1738 dovettero abbandonare Carloforte, trasferendosi poi sull’isola di San Pietro. La coltivazione delle viti è portata avanti limitando al minimo gli interventi umani, con trattamenti tradizionali e poca o nessuna irrigazione. Ogni annata è figlia dei giorni di sole, di vento e di pioggia che le piante hanno vissuto. E qui la cantina produce mirto bianco e rosso con le piante che crescono spontanee vicino ai vigneti.