Cerca

Sodano e Massa, talenti campani al timone: “Il nostro ristorante? Un laboratorio unico”

Tempo di lettura: 4 minuti

Francesco e Danilo raccontano la loro cucina: “Si pensa a Rana solo per la pasta, eppure dietro c’è una storia di cultura. Cibo e vini del territorio, ma apriamo al mondo”

di Alessandra Meldolesi

Sono due fenomeni, i fratelli Sodano, giovani chef campani che hanno girato il mondo, sgobbando presso case di prestigio, per poi rientrare alla base carichi di visione e conoscenza e condurre insieme il Faro di Capo d’Orso ad Amalfi dal 2019 al 2022. Salvatore, il maggiore, è oggi felicemente chef del Local di Venezia, mentre Francesco officia dallo scorso gennaio al ristorante Famiglia Rana, alle porte di Verona, nella riserva naturale del Feniletto, dove ha confermato la stella.

Classe 1988, Francesco ha mosso i primi passi con il padre, che insegnava cucina all’alberghiero e gestiva un ristorante, dove inizialmente ha fatto il cameriere. Dopo il battesimo al Faro di Capo d’Orso, quando era chef Pierfranco Ferrara, si è spostato a Roma all’Oliver Glowig Restaurant, partecipando alla conquista delle due stelle, e al Pagliaccio di Anthony Genovese per 3 anni. Quindi Londra, una parentesi al Fat Duck, poi il Galvin at Window con uno chef coreano, l’apertura del Quattro passi locale, lo storico club Annabell’s e la prima esperienza da head chef all’Enoteca Turi. Tutto mentre studiava per conto suo, “perché su tante cose sono un autodidatta: la panificazione, la pasticceria, il mondo della tecnologia applicata alla cucina, dove mi aiuta mio fratello, che è laureato in Tecnologie Alimentari. Non voglio essere ‘un discepolo di’. Poi ho sempre provato una forte passione verso il mondo asiatico. La cucina italiana è validissima, con la sua profondità e diversificazione, ma mi attrae tutto ciò che può risultare interessante”.

Oggi da Famiglia Rana si assaggia una cucina rara in Italia: abbarbicata al territorio in virtù dell’autoproduzione, eppure aperta come una finestra sulle tendenze mondiali, comprese quelle incipienti, come la voga coreana. A pochi passi dalla saletta calda e raccolta del ristorante, la sala giochi ospita veramente ogni macchinario possibile. E qui Francesco compie le sue prove: miso di semi di zucca, lino, girasole, noci, nocciole, ceci, fagioli, pomodoro e addirittura pan brioche, che finisce perfino nelle madeleine, ma anche bizzarri frutti pendenti inoculati di strane sostanze, che presto diventeranno “formaggio”.

Con lui dall’inizio c’è il sommelier Danilo Massa, che dopo il liceo scientifico ha iniziato a fare il cameriere mentre frequentava l’università, per poi rimanere intrappolato nella ristorazione. La sua prima esperienza di livello si è svolta al Grand Hotel Excelsior Vittoria di Ravello, poi è partito per Miami e al Faro di Capo d’Orso ha conosciuto i Sodano. Sono seguiti il Kempinski e l’Ascona in Svizzera, poi Da Vittorio a St. Moritz, dove il vino è diventato protagonista a causa della repentina partenza del sommelier, che ha rimpiazzato. Prima di Casa Rana c’è stato anche un passaggio al Métropole di Montecarlo con lo storico secondo di Robuchon, mentre portava avanti gli studi per il Wset.

Sodano: Molto spesso erroneamente si pensa all’azienda Rana solo per la pasta del supermercato. Ma alle sue spalle c’è una grande tecnologia applicata al cibo e alla cucina. Questo ha legato me e Gianluca Rana, Ceo del gruppo. In occasione del primo avvicinamento un anno fa, ho provato per lui qualche piatto e ci siamo scambiati idee e passioni, cosicché a gennaio sono stato riconvocato per partire. Da lì la creazione del laboratorio con free budget e l’avvio del nostro concetto di sperimentazione, con macchinari che spesso non avevo mai utilizzato. Il nostro ristorante vuole essere d’avanguardia, ma riconoscibile, impattante e immediato, sempre incentrato sul cliente. Sono consapevole che la gente non vuole mangiare cibo che arriva dalla luna. Poi c’è l’autoproduzione: il terreno certificato bio non veniva coltivato da 400 anni.  Oggi è lavorato in stagionalità, con gli scarti che diventano compost, un frutteto di varietà dimenticate, 30 galline padovane e 12 arnie di api per il millefiori e la cera in frollatura.

Massa: Al mio arrivo ho trovato una cantina con un’ottima base, ma composta in gran parte di prodotti convenzionali da grande distribuzione, mentre ora ci stiamo spostando su bottiglie più di nicchia. Siamo sulle 1600 referenze, con una selezione di vini che secondo noi rappresentano eccellenze del loro territorio, senza confondere il cliente con un calderone. I primi mesi da campano ho esplorato la zona per capire l’identità del territorio. In qualsiasi pairing non manca mai un vino locale, che sia Soave o Amarone. Poi ovviamente ci siamo concentrati su Barolo, Brunello e Francia, senza dimenticare la Campania.

Sodano: Io adoro il vino, sono sempre stato un grande appassionato. Mi piace bere e con i ragazzi spesso giriamo per inserire nuovi prodotti in cantina. Da cuoco credo di avere un buon olfatto e incanalo questa memoria gusto olfattiva nell’associazione dei vitigni. Ho sempre sognato che arrivasse qualcuno che mi permettesse di esprimere la mia visione e sono stato esaudito. Questo è un ristorante di rappresentanza e dal principio ho selezionato persone che avessero lavorato con me in passato. Ci eravamo sparsi per il mondo e io sono andato a riprendere i tasselli, cosicché oggi la sala è praticamente quella del Faro.

Massa: Di Francesco mi hanno folgorato la creatività, la curiosità di scoprire cose nuove e la grande sinergia anche fuori dal lavoro. La sua cucina si abbina a vini che abbiano il carattere e la complessità dei piatti; non troppo tesi perché spesso l’acidità spinge.

Sodano: Stiamo mettendo su anche un juice pairing, per il pubblico che deve guidare e per gli astemi. Quando esce un piatto nuovo, mi piace sentire tanti pareri per oltrepassare il mio ego e sintonizzarmi sul cliente potenziale, anche se alla fine decido solo io. Proviamo il piatto con tre calici davanti, lasciando massima libertà di espressione a Danilo.

Massa: Il pairing deve sempre esaltare il piatto, quindi cerco di non essere troppo protagonista. Posso armonizzare riprendendo note vegetali o agire per contrasto, ad esempio attraverso il residuo zuccherino sull’amaro. Il pairing è fisso ma non è una scienza esatta, su ogni piatto c’è un range che mi consente di andare incontro al cliente.

Scopri l'abbinamento

Merluzzo del Feniletto
Picture of Alessandra Meldolesi

Alessandra Meldolesi

Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.

Facebook
Twitter
LinkedIn
TS Poll - Loading poll ...