Nella perla delle Eolie una storia di famiglia: “Mamma e papà pionieri del turismo, tornarono qui da Boston e Roma”
di Alessandra Meldolesi
Tutto inizia nel 1988, quando papà Michele e mamma Clara, dopo aver intrapreso altre carriere, rispettivamente di impiegato comunale e psicologa fra Boston e Roma, iniziano a interrogarsi su come rientrare a casa, mentre il turismo sull’isola di Salina è ancora agli albori, decidendo di compiere la loro puntata. Dopo aver acquistato con tutti i risparmi la struttura, vi aprono un piccolo hotel con sedici camere, la cui cucina è aperta solo agli ospiti. Il primo figlio Luca, maggiore di quasi dieci anni, vi entra poco più che ventenne in forma stabile e strutturata, dopo aver dato una mano alla bisogna, assumendo la direzione dell’hotel. “Sono sempre stato appassionato di ristorazione e di vino, quindi ho subito apportato qualche modifica, aprendo al pubblico esterno e introducendo una carta”, racconta.

Martina nel frattempo matura la sua vocazione, che la porta, nonostante i genitori tentino di dissuaderla, a frequentare l’alberghiero a Cefalù e a raccogliere il testimone dal padre, totalmente autodidatta. Ad appena 26 anni è già stella Michelin, la più giovane al femminile in Italia, poi nel 2019 arriva anche il premio della rossa quale migliore chef donna. Nel frattempo anche la struttura cresce: le camere non sono più 16, ma 30, con un ettaro di superfici fra terrazzi, giardini, piscine e spa con acqua termale. Oltre al fine dining, poi, c’è un bistrot con cocktail bar, cosicché insieme a Luca lavorano altri tre sommelier.

Martina: Io sono cresciuta dentro il Signum, sempre a contatto con l’ospitalità. Dopo il diploma, poi, mi sono messa in gioco compiendo stage ed esperienze da Antonello Colonna, Gennaro Esposito e Jamie Oliver, cosicché ogni volta che tornavo portavo un nuovo insegnamento e lo applicavo. Mio padre cucinava i piatti molto semplici della tradizione eoliana, come le polpette e la pasta fresca. Ricordo in particolare i bucatini con ragù bianco di pesce ed erbe aromatiche, che nella loro semplicità veicolavano il sapore del mare, e la tipica ghiotta, una zuppa di pesce con patate, olive e capperi. Io ho iniziato a introdurre sempre nuovi strumenti e composizioni, cosicché si sono decantati i primi signature: il gelato al cappero, la bagna cauda con i ricci, lo spaghetto al latte di mandorle e vongole, che si è evoluto nel tempo con triglia o bottarga e limone. Tutti piatti che ruotano attorno alla materia locale e alla tradizione siciliana, senza spingermi troppo al largo.
Luca: Di pari passo cresceva anche la cantina. Abbiamo cominciato ad acquistare il vino per metterlo da parte, anziché esaurirlo a fine stagione. Oggi è una carta di 2000 referenze dalla buona profondità di annate, che guarda alla Sicilia in modo dettagliato, ma anche al resto d’Italia e alle zone europee più vocate di Francia, Germania e Austria, con un concetto di Mediterraneo che evidenzia i vini del mare, delle coste e delle isole. Fortunatamente Salina è molto vocata alla viticoltura, quindi è ben presente, sempre con una grande attenzione al servizio, alla temperatura, al bicchiere e al racconto, un’ampia offerta al calice e la possibilità di pairing da tempi non sospetti. Mi piace stare dall’altra parte del tavolo e mi sono lasciato guidare da come vorrei essere servito. Io a Martina abbiamo passato interi inverni girando e così si è creata parte della nostra formazione. In tanti luoghi siamo entrati come clienti, siamo diventati colleghi e oggi siamo amici. Il confronto con i più bravi è fondamentale, sempre filtrando l’esempio attraverso lo spirito del nostro racconto e del nostro luogo.
Martina: Fin da subito fra me e Luca si è stabilita una divisione del lavoro abbastanza netta: del vino si occupa lui, anche se io ho frequentato un corso AIS, mi piace bere bene e collaborare ai pairing. Invece lui mette bocca in cucina, gli piace sempre avere l’ultima parola.
Luca: Martina nel tempo è diventata indipendente, la sua firma è sempre più personale e riconoscibile. Io più che altro cerco di rendermi utile con riferimento alla struttura dei menu, ai prezzi e ai nomi. Quando poi esce un menu degustazione, pensiamo al racconto che vogliamo portare avanti in tema vino. Attualmente sono tre: Suggello, con i signature; Oltremare, che contiene i piatti nuovi, e il vegetariano Radici, su cui privilegiamo orange e naturali per una coerenza concettuale. Mentre Sigillo sposa piuttosto etichette blasonate ed espressive, che possono oltrepassare la Sicilia, fino in Borgogna, Champagne, Piemonte e Toscana. Insieme parliamo della struttura e di alcuni pairing, ma spesso si va a fiducia, anche con gli altri sommelier.
Martina: E per me è sempre sorprendente realizzare come il calice giusto possa chiudere il piatto.
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Alessandra Meldolesi
Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.