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Da Pepe in Grani la pizza moderna incontra 184 etichette: “Con pochi elementi puntiamo ad emozionare il palato dei clienti”

Tempo di lettura: 4 minuti

Franco Pepe e Davide Guarino raccontano il loro ristorante che unisce spirito popolare ed esperienza fine dining: “Ogni abbinamento racconta una storia, c’è chi spende 10 euro per mangiare e 100 di vino”

di Alessandra Meldolesi

Franco Pepe è il papa indiscusso della nuova pizza napoletana, pur conservando il suo originario spirito popolare, anche nei prezzi, il pizzaiolo di Caiazzo ne ha perfezionato la preparazione in chiave autoriale e ha predisposto per la sua fruizione percorsi e ambienti degni di un ristorante fine dining. Di questo rinascimento non poteva non far parte anche il vino, che da Pepe in Grani è protagonista in tavola. Alla sua mescita provvedono non uno, ma ben quattro sommelier, capitanati da Davide Guarino.

Pepe: Molte persone mi chiedono quale sia la mia pizza preferita, al che io rispondo che non è mia, ma di mio padre Stefano: il suo calzone con la scarola riccia, per la precisione. Quando lavoravo in pizzeria con i miei fratelli, ma lui era già mancato, nei primi anni zero venne Veronelli a inaugurare una cantina del posto. A quei tempi con la pizza si bevevano piuttosto la birra o la Coca-cola, ma io con lui ho rispolverato il ricordo di quando mio padre mi mandava da Gigino a prendere un cespo di scarola riccia, la mondava e la metteva cruda nella sfoglia di impasto insieme a olive caiazzane, alici di Cetara, capperi di Pantelleria e un filo d’olio. In forno bastavano 60 o 90 secondi per farla gonfiare secondo una tecnica tipo pentola a pressione, cosicché la verdura si stufava un po’, poi lui innaffiava il tutto di olio caiazzano a crudo. Perché come dice Pino Cuttaia, la memoria è un ingrediente della cucina italiana. Lui ci beveva un pallagrello bianco sfuso della zona. Ma tutt’intorno stava iniziando l’ascesa delle cantine, che avrebbero portato qui Veronelli. Proprio in quell’occasione, presso Terre del Principe, ho conosciuto anche Alfonso Iaccarino e il professor Luigi Moio, che era l’enologo. È stato il mio primo approccio mediatico al mondo del vino e ricordo che Veronelli e Moio sottoscrissero il mio abbinamento con una loro etichetta. Oggi da Pepe in grani si vende tantissimo vino e io spingo molto sull’abbinamento. C’è chi spende 10 euro di pizza e 100 di vino, per questo mi servono 4 sommelier.

Guarino: Ieri sera, per esempio, 68 ospiti su 74 hanno optato per il vino, compiendo le scelte più diverse. Il locale è strutturato su più piani e noi cerchiamo di dividerci fra i diversi ambienti, compresi quelli che hanno tempi di permanenza più lunghi.

Pepe: Pepe in Grani, ha diversi ambienti: per Authentica c’è una forte richiesta da parte di grandi chef: me l’hanno chiesta anche Angel Leon e Ducasse. Ma io voglio prestare attenzione a tutti e presenziare ovunque, quindi la apro due o tre volte al mese, anche se sto pensando di allungare un po’ le date. Poi ci sono la Sala del Gusto, che conta tre tavoli da otto, e Gustarte, con la sua piccola galleria d’arte e un tavolo social da 8-10 posti.

Guarino: La carta dei vini però è unica, sebbene cambi ogni anno e anche con le stagioni. Prima era molto concentrata sulla Campania e sulle bollicine, ora passa in rassegna un po’ tutto il territorio nazionale, con focus sull’alto Casertano e verticali di vitigni autoctoni quali pallagrello e casavecchia, ma anche 24 Champagne. In tutto sono 184 etichette, con un importante sbicchieramento al tavolo. Approntiamo anche percorsi di pairing. Il nostro degustazione inizia e finisce col fritto, dagli sfizi alla pizza dolce, quindi generalmente partiamo con una bollicina, poi variamo e se gli ospiti vengono da fuori proponiamo qualcosa di territoriale.

Pepe: Scegliamo i vini in base alle materie prime e a come sono strutturate le pizze. Poi possiamo variare anche quelle, quando gli ospiti vogliono degustare vini particolari. Penso per esempio alle cantine che portano le loro bottiglie e chiedono un menu speciale, che metto a punto con il sommelier. Poi c’è il mio Assoluto di fritto, percorso che ho portato a Madrid Fusion. Nessuna pizzeria propone fino a 10 assaggi fritti salati e dolci, che richiedono un pairing ad hoc.

Guarino: In questo caso si parte da una bollicina più semplice, come un pallagrello spumantizzato, per poi salire in evoluzione e complessità, mettendo qualche anno sulle spalle. In alternativa c’è lo spritz Franco Pepe, messo a punto insieme al bartender Giancarlo Mancino e composto di falanghina spumantizzata del nostro territorio e fragole, che funziona dall’inizio alla fine e rievoca la sensazione di mangiare le fragole direttamente dal contenitore. Anche sulla margherita sbagliata può andare un pellagrello, perché il pomodoro è più dolce che acido, quindi chiede sapidità.

Pepe: Quando poi esce una nuova pizza, che vuole sempre esaltare una materia prima, andiamo a vedere l’approccio al palato su sapidità e dolcezza; mi confronto con Davide, che ha la carta dei vini, e lui avanza i suoi suggerimento. Poi lui si consulta anche con gli altri sommelier. Davide è una persona fidata, gli do il mio portafogli per comprare i vini. Il lunedì non si riposa, ma va nelle cantine per compiere percorsi di approfondimento. E nelle ultime ferie è partito per la Champagne.

Scopri l'abbinamento

Calzone con la scarola riccia
Picture of Alessandra Meldolesi

Alessandra Meldolesi

Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.

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