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Coraggio e visione: Lodi Rizzini e Giuliani da Makorè sfidano le tradizioni più radicate

Tempo di lettura: 3 minuti

Denny e Isacco raccontano la loro cucina futuribile, che a Ferrara reinterpreta il territorio con creatività e abbinamenti audaci

di Alessandra Meldolesi

Ha portato una ventata di freschezza nel panorama di Ferrara, il ristorante Makorè, aperto nel 2015 come portaerei di giovani talenti. Il nome cita un legno sudafricano particolarmente impermeabile e coriaceo, utilizzato per le imbarcazioni da pesca. Ed è uno scafo che avanza leggero sulla costa adriatica e sul vicino Delta del Po, sfruttando le correnti con astuzia. Dal 2021 lo guida Denny Lodi Rizzini, che dopo pochi mesi è stato affiancato in cantina da Isacco Giuliani. Entrambi trentenni, confermano l’anticonformismo gourmet di una città, che resta ancorata ai suoi monumenti, dalla salama da sugo ai cappellacci, banco di prova ineludibile anche per i più scapigliati.

Originario del Mantovano, Denny ha scelto la cucina per realizzare un sogno che il padre aveva coltivato come hobby. Dopo l’alberghiero e le prime esperienze nel fine settimana in trattorie di paese, la sua formazione si è subito spostata ad altissimo livello, con maestri come Luca Marchini, Giancarlo Perbellini, Alfio Ghezzi, Federico Belluco, Donato Ascani, Matteo Tagliapietra e Mattia Baroni. Isacco dal canto suo è un ferrarese doc. Dopo il battesimo nel bar della madre e l’alberghiero, si è diplomato all’AIS e ha mixato presso il cocktail bar Apelle. Da due anni lavora in tandem con Denny alla valorizzazione del territorio e alla contestualizzazione della proposta, senza farsi risucchiare dal cliché: se il piatto vira spesso verso Oriente, l’abbinamento non disdegna infusi di tè o aromatiche, cocktail a scarso contenuto alcolico e sakè su riso o ramen. Un “everything pairing” cucito sull’emozione del momento.

Rizzini: Nella fase creativa parto sempre da un ingrediente del territorio. Poi con i ragazzi quell’idea astratta si trasforma in un piatto concreto. Spesso si tratta di qualche cosa che non si trova sulle tavole di tutti i giorni o di cui si è persa la consuetudine, riproposta con accompagnamenti divertenti, giocando col cliente. Quando serviamo la terrina di pesce gatto, per esempio, chiediamo di indovinare la specie. È difficile che qualcuno ci riesca, ma ricordo bene che da piccolo con mio cugino catturavamo con le mani nei canali questi grossi pesci, facendo attenzione ai pungiglioni. Ferrara e Mantova in questo sono un po’ sorelle, perché sono distanziate solo dal Po e da un’ottantina di chilometri in linea d’aria. A Ferrara c’è il mare, ma la cultura del fiume, con i suoi prodotti, è la stessa.

Giuliani: A Ferrara si parla tanto di anguilla, ma è a rischio di estinzione e Denny non l’ha mai utilizzata. Preferisce specie quasi infestanti come il pesce gatto, appunto, e il granchio blu per ragioni di sostenibilità. E io lo seguo in cantina. Quando sono arrivato, la carta era impostata in modo abbastanza classico, salvo una manciata di referenze. Sulla base delle mie esperienze pregresse ho introdotto qualche novità, cercando il trait-d’union con piccole realtà emergenti e vignaioli artigianali e sforzandomi di visitare personalmente le aziende, per toccare con mano. Nella mia carta dei sogni, ci sarebbero solo produttori che conosco, in modo da permettere ai clienti di immedesimarsi attraverso la mia esperienza. Non siamo l’Enoteca Pinchiorri, ma in un anno facciamo girare dinamicamente 400 o 500 etichette. Anche qui il territorio è fondamentale, con focus sul Parco del Delta del Po e sul Bosco Eliceo, che hanno un potenziale inespresso.

Rizzini: Quando poi il piatto è pronto, grazie al lavoro collegiale della brigata, lo facciamo assaggiare ai ragazzi di sala, che in virtù del contatto diretto con gli ospiti possono suggerire gli opportuni aggiustamenti, dato che ho gusti molto netti. Con Isacco cerchiamo abbinamenti che possano smorzare o allungare armonicamente il piatto. Io magari giudico con il mio gusto personale, ma sono due competenze distinte. Ci fidiamo l’uno dell’altro.

Giuliani: Aggiungo che Denny nei giorni liberi viene spesso con me a visitare aziende agricole, per capire come funziona il mio lavoro. Il nostro è un confronto sui punti di forza e i margini di miglioramento dei piatti, oltre il vino e l’abbinamento. Sperimentiamo tanto e usciamo con prove fatte e finite, magari diverse dalle ipotesi iniziali. Ma il pairing resta molto dinamico, con una forbice che stringiamo su diverse tipologie, agendo anche sulle temperature di servizio.

Scopri l'abbinamento

Luccioperca, cipolla, polenta e alloro
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Alessandra Meldolesi

Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.

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