Un cambio di vita che inizia ad Alba e arriva a Torino. Patrizia Cappellaro scopre e trova nel vino una nuova strada, una passione autentica e un progetto che parla di attenzione e qualità.
di Irene Forni
Capita spesso – molto più frequentemente di quello che si crede – che nella ristorazione, tanti dei professionisti della sala e del vino del nostro tempo, siano capitati per caso. Non c’è sempre una vocazione, una storia di famiglia o tradizioni da tramandare. Può semplicemente accadere, che un giorno le carte sul tavolo del destino si mescolino, dando vita a qualcosa di diverso e inaspettato.
La storia di Patrizia Cappellaro, maitre e sommelier del ristorante Larossa di Torino, è stata segnata proprio da questo: un cambio di rotta, una novità di vita accolta con passione e coraggio, che l’ha portata piano piano ad innamorarsi del mondo del vino, dell’arte del servire e dell’accogliere. Una professione da imparare e condividere insieme al marito, lo chef Andrea Larossa, che rappresenta in prima persona questa svolta nella sua vita e con il quale porta avanti questo percorso, trovando sempre nuove strade per rappresentare al meglio il territorio attraverso questo progetto di alta ristorazione.
Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia, la sua idea di carta vini e di ristorazione, una visione sempre in crescita, sempre condivisa con suo marito Andrea.
Patrizia, dove nasce la tua passione per il vino e perché fai questo lavoro?
La mia passione nasce prima di tutto da un’esigenza. Prima del 2014 la mia professione non aveva niente a che vedere con il mondo della ristorazione. È stato un caso, un totale cambio di rotta che ha stravolto completamente quello che era il mio mondo lavorativo. In quell’anno, il 2014, Andrea -mio marito e chef del nostro ristorante – apriva il suo locale in centro ad Alba (CN) e quello, è stato anche l’anno in cui la nostra storia ha avuto inizio. Per una serie di necessità e coincidenze la nostra iniziale amicizia, mi ha portata ad intraprendere con lui una collaborazione, durante la quale, servizio dopo servizio, ho scoperto un mestiere stimolante e affascinante, che ha saputo con facilità traghettarmi verso il mondo del vino, facendo nascere in me un forte interesse. Questo interesse poi è sempre stato fomentato da una curiosità che a poco a poco prendeva sempre spazio, andando anche oltre l’orario di lavoro e affermandosi poi come una vera passione. Da lì, ho iniziato a studiare e documentarmi cercando sempre più di accrescere le mie conoscenze e capacità, riuscendo nel 2017 a diventare sommelier, anno in cui il ristorante ha preso anche la prima stella Michelin, stella che ci siamo visti confermare anche nella nuova sede a Torino, dopo l’apertura dello scorso marzo.
Qual è il tratto distintivo della tua carta vini?
La carta vini segue un po’ quella che è la mia stessa crescita, muta e si evolve sempre, grazie a nuove scoperte e approfondimenti, ma certamente è caratterizzata da una forte presenza territoriale seguita da ciò che amiamo bere e che ci piace. Analizzando la carta più attentamente, posso affermare che per un 95% le referenze presenti in carta sono di vini piemontesi, questo perché credo fortemente che un locale debba in qualche modo essere un luogo dove la ricchezza enogastronomica del territorio sia fortemente rappresentata. Siamo fortunati a vivere in una regione così ricca, non valorizzare questo aspetto per me sarebbe impossibile. Ecco perché questa scelta. Ovviamente quando parlo di Piemonte e territorio, intendo abbracciare ogni tipo di produzione dalla più grande alla più piccola, dalla più conosciuta alla meno famosa, l’importante è che ognuna di queste aziende siano delle perfette testimoni del territorio e del proprio stile. Per il restante 5% invece, la carta vini del nostro ristorante abbraccia altre denominazioni nazionali e non, con un forte focus su Francia e in particolare sullo Champagne. Credo dunque che la nostra selezione sia fortemente identitaria, perché oltre a marcare stretta la produzione regionale è attentamente studiata anche dal punto di vista dell’abbinamento con il menù, capace di calzare come un guanto la nostra proposta di cucina, che a suo modo è anch’essa molto identitaria in quanto, Andrea, cerca sempre sapori in equilibrio fra il dolce e il salato, dando quindi tanta personalità.
Dalla tua esperienza torinese, quali sono le tendenze di beva nella città?
Il nostro trasferimento è abbastanza recente, ma certamente se dovessi definire quale sia un trend nella città direi che sposa un po’ quello più diffuso in tutta Italia, quello dei vini naturali. Personalmente non sono mai stata una grande amante delle mode. Bevo quello che mi piace e quando mi piace, spesso andando anche controtendenza. Mi piace semplicemente seguire la bontà di un prodotto e la sua capacità di sposare bene un piatto. Le mode, dopotutto, vanno e vengono, anche nel mondo del vino.
Nel mondo della ristorazione e del vino quale credi che sia un aspetto veramente importante per offrire un’esperienza di qualità?
Sicuramente la cura del servizio, in particolare quello del vino. Credo che in qualsiasi attività, che abbia come obiettivo la creazione di un’esperienza basata sulla qualità, il servizio ricopra una delle caratteristiche principali su cui porre attenzione. È anche l’aspetto su cui ho maggiormente focalizzato il mio studio e la mia crescita professionale ed è senza dubbio ciò che rende unico un ristorante, ovvero il fattore umano. Soprattutto quando ci concentriamo sul vino, il servizio e il modo in cui questo viene fatto è fondamentale: l’attenzione alla presentazione, alla temperatura di servizio e all’utilizzo del giusto calice dovrebbero essere imperativi per ogni professionista. Anche perché, spesso non ci rendiamo conto che attraverso un buon servizio si può fare anche una corretta divulgazione e informazione alla clientela, creando così consumatori molto più attenti e consapevoli, capaci di apprezzare sempre più le sfaccettature di un vino o di un territorio. Facendo un esempio, una cosa che mi ha colpito molto con il cambio di location – da Alba a Torino – è stato proprio il servizio che viene fatto in molti locali. Ad Alba il servizio del vino, vuoi anche la sua strategica posizione a livello vitivinicolo, servizio, temperatura, spiegazione e bicchiere, sono aspetti molto curati, mentre a Torino questa cosa spesso si perde, puntando molto più su aspetti più legati al cibo che al vino.
Sostenibilità nel mondo del vino. Cosa pensa a riguardo e quanto segue questo movimento?
È un’esigenza sempre più sentita sulla quale tantissime aziende vitivinicole stanno investendo per migliorare la produzione e salvaguardare sempre più territorio e biodiversità. È impossibile negare l’importanza di una corretta gestione e produzione del vino in termini di sostenibilità, anche perché non si tratta di una moda ma di una vera e propria esigenza. Personalmente è un fattore che sicuramente arricchisce la percezione di un’azienda e dei suoi prodotti, non tanto in termini di storytelling ma proprio in termini di percezione anche della qualità stessa. Tuttavia, punto tanto al prodotto e se è presente come valore aggiunto è sicuramente un punto a favore, ma non è l’unico aspetto che seguo quando assaggio e scelgo un vino da inserire nella nostra selezione.