Idylio by The Pantheon: ristorante d’hotel che porta a Roma sapori indoeuropei

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Francesco Apreda e Patrizio Pizzi raccontano la loro cucina di spezie e armonia: “Giochiamo in un viaggio di sapidità essenziali e vini introvabili”

di Alessandra Meldolesi

Non è nuova, l’inclinazione della ristorazione romana per le cucine esotiche. Sarà il caput mundi, sarà il palato della clientela internazionale, sta di fatto che da queste parti gli etnici sono spesso di alto profilo e le contaminazioni col fine dining all’ordine del giorno. Francesco Apreda, tuttavia, interpreta il trend in modo personale, forte di una lunga esperienza all’estero. Discostandosi dal cliché che vuole lo chef campano d’albergo impegnato in una fusion cannavacciuolesca fra nord e sud Italia, amplia il raggio a paesi che per i foodies sono ancora da scoprire, come l’India, forte di una lunga esperienza in Giappone e di basi classiche cementate a Le Gavroche. Cosicché la sua proposta assume una connotazione “indoeuropea”, che porta alle origini della nostra lingua-cucina madre. Lasciato dopo tre lustri l’Imago dell’Hassler, da cinque anni officia al ristorante dell’hotel The Pantheon, che si è recentemente spostato sulla strada. “Si è liberato questo locale con vetrine nel palazzo dell’albergo e la proprietà non se lo è fatto scappare. Per la prima volta posso cucinare ‘alla luce del sole’, passa la gente e facciamo due chiacchiere. Una situazione completamente nuova”.

Apreda: Partirei dal fatto che la mia resta una cucina molto italiana. Sono rientrato poco meno di vent’anni fa, dopo aver fatto cinque anni di Londra, tre anni di Tokyo e quindici anni di consulenze in India, che è diventata un po’ la mia seconda casa, perché mi recavo ogni due mesi fra Mumbai e Delhi per seguire fine dining italiani all’interno di strutture alberghiere. Sono esperienze che hanno cambiato il mio percorso, nel senso che ragiono italiano, ma poi personalizzo attraverso influenze asiatiche diverse da quelle che sono oggi alla moda. L’Asia sta nei sapori e nelle tecniche, ma soprattutto nelle spezie. Perché la mia è una cucina molto speziata, che prevede l’uso di miscele proprie. Gaggan ha smosso un po’ la situazione, ma la cucina indiana resta ancora da scoprire. È un paese che cattura, dove stanno aprendo tantissimi locali interessanti. Quindi spezie, spezie e ancora spezie. Tre anni fa, poi, è nato il progetto delle “Sapidità Essenziali”, che è diventato la nostra spina dorsale: bilanciamo i piatti con le sapidità naturali degli ingredienti e l’aiuto delle spezie in modo da rilevare i sapori, senza aggiunta di sale. Uso anche dieci, dodici, quattordici spezie per piatto. Negli armadietti ne ho contate 64, che mi procuro attraverso i miei agganci in India e da un fornitore che mi trova le chicche. Il Giappone è un po’ nascosto nei dettagli, aiuta soprattutto a non utilizzare sale. L’ultimo menu “Speziale… La Nuova Rotta” si compone di piatti insaporiti dalle mie miscele, che vengono presentate in tavola e raccontate, per fare uscire l’ospite dal concetto italiano che nel piatto ce ne può essere una sola. Un tempo non era così, basta pensare a tanti dolci medievali.

Pizzi: Io sono entrato a Idylio lo scorso mese di febbraio, dopo una lunga esperienza presso All’Oro di Riccardo Di Giacinto. La cantina era stata molto ben strutturata dal mio predecessore Alessandro D’Andrea, eravamo intorno alle 1400 etichette e c’era di tutto, dai blasoni italiani a piccole chicche straniere, comprese zone meno battute come Jura e Jurançon o il Sud America. Non è facile abbinare la cucina dello chef Francesco, ma nelle cose difficili ci divertiamo molto. Trovare l’equilibrio con le spezie è complicato, servono vini di carattere.

Apreda: Sono molto contento del lavoro che Patrizio sta portando avanti, perché ha introdotto tante chicche introvabili, scovate personalmente, che funzionano molto bene. La sera quando faccio il giro dei tavoli gli fanno sempre i complimenti.

Pizzi: Ci divertiamo particolarmente con i wine pairing, che i nostri ospiti italiani e stranieri accolgono volentieri. Contengono tante piccole produzioni che mi diverto ad andare a cercare, fino in Spagna e in Slovenia. Lavoriamo anche le tisane, in funzione analcolica, e il sakè su alcuni piatti, per spezzare, ripulire, portare umami e grassezza, specie in presenza di liquidità.

Apreda: E a me piace assaggiare. Patrizio spesso a fine serata mi porta qualcosa di quello che ha stappato. Sa che sento volentieri cose diverse, per aprire la testa a nuove idee. Quando facciamo le prove dei piatti, poi, partecipa seguendo l’evoluzione e dicendo la sua.

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Alessandra Meldolesi

Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.

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