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La storia del sommelier che ha inventato il liquore “Ideale”

Tempo di lettura: 3 minuti

Fabio Pelliccia racconta: “A fine cena si ordina un amaro, in realtà è un dolce… Ho pensato a un prodotto artigianale che fosse a metà per contenuto zuccherino e sapore”

di Titti Casiello

Fuoriclasse della sala, con la grinta di 20 anni d’esperienza alle spalle. Fabio Pelliccia, sommelier del ristorante una stella Michelin “Antonello Colonna”, ne ha fatta di fatica da quando – nell’aprile del 2012 – ha abbracciato l’ambizioso progetto dello chef romano nel parco naturale di Labico, a pochi chilometri dalla Capitale. La stella è arrivata dopo appena un anno, con Fabio che quella porta rossa, simbolo del ristorante familiare che ha reso famoso Colonna, l’ha varcata sin dal primo giorno.

Ora, però, ad aprirsi è una nuova soglia, con il suo debutto in scena da produttore di liquori (“Non di amari eh…”, sorride con una differenza che sembra dura da scardinare): “A fine cena il rituale è quasi sempre lo stesso, si chiede un amaro, ma in realtà si sta bevendo un dolce” .

Il Disciplinare di produzione prevede, infatti, che sia “liquore  solo se la bevanda supera i 100 grammi di zucchero per litro” – eppure se è così per un’Angostura, un Cointreau o un Sambuca, sembra sempre difficile distinguerli agli scaffali del bar posizionati immancabilmente accanto a una bottiglia di Montenegro o di Lucano, dallo scarso contenuto zuccherino. Un cortocircuito linguistico che ha portato Fabio a voler mettere ordine.

Passa allora dagli effluvi delle tante bottiglie di vino a un’impasse infinita di degustazioni di bevande spiritose, per scoprire che anche di amaro c’era ben poco, anzi “molti addirittura sono colorati al caramello. Io invece volevo un prodotto che spezzasse in passaggi leggibili la differenza tra un amaro e un liquore”. Questo il claim e il messaggio che porta con sé “Ideale”.

Chiama allora Giorgio della distilleria Gualco: “Vorrei realizzare un prodotto in infusione e con una quantità minima di zucchero”. La scelta ricade subito su quello di cocco perché “non solo ha un indice glicemico molto più basso (35) rispetto allo zucchero bianco (80), ma oltre a dolcificare è in grado di apportare anche un elemento gustativo al sapore”.

L’idea entusiasma entrambi, ma siamo ai tempi del Covid: le rispettive città diventano allora gli unici spazi in cui raggiungere terre lontane e da quel filo del telefono iniziano a delinearsi i paesaggi dell’Ecuador e delle sue fave di cacao, della Costiera Amalfitana e dei suoi limoni, del sud-est asiatico e del suo zucchero, con l’ultima tappa proprio a Silvano d’Orba in provincia di Alessandria, sede della distilleria Gualco “dove abbiamo seminato lavanda, menta, rosmarino e alloro”.

“Ideale” oggi è un viaggio fra 3 etichette, con la prima annata 2023 che percorre le origini di quei prodotti ricercati a distanza e che ritrovano la strada attraverso un percorso fatto di artigianalità.

“Per ‘Limone Ideale’ vengono utilizzati solo limoni a foglia non trattati, zenzero fresco e chicchi di caffè verde non tostato”, una mistura di fave di cacao Crillo da coltivazione biologica, pepe e zucchero di canna a formare la ricetta per “Cacao Ideale”, mentre sono agrumi italiani, radici, spezie e erbe gli ingredienti di “Amaro Ideale”: “Solo erbe fresche, non utilizziamo olii essenziali”.

Odorare allora, sentire e poi creare: “Il gioco sta tutto nell’addizione e combinazione dei sapori. Non è questione di quantità, ma di estrazione”.

Ed è proprio questa l’altra innovazione che porta con sé Ideale, attraverso l’utilizzo di una tecnologia tutta italiana ideata dal professore Daniele Naviglio della facoltà di agraria della Federico II di Napoli.

“È un metodo alternativo alla lunga macerazione tradizionale” attraverso il quale vengono ridotti sensibilmente i tempi di estrazione e con cui, soprattutto, si evita che “una volta giunti all’equilibrio, la matrice solida non risulti completamente estratta”. Con il Naviglio Estrattore, invece, aumentando la pressione sulla parte solida si raggiunge un “completo esaurimento della materia in tre, massimo quattro giorni” – dice Fabio.

Eppure, al potenziale di una tecnologia che ridisegna le antiche tecniche di macerazione, Ideale sembra non voler rinunciare a ristabilire il punto della memoria.  Il “gusto è in evoluzione”, si legge nella retro-etichetta, quasi a ricordare che in quella materia viva il tempo non sia solo un valore da abbattere, ma l’ingrediente che trasforma e migliora. Quel valore invisibile collegato alla pazienza di chi l’ha realizzato, alla ricerca dei suoi ingredienti e al piacere della sua attesa.

Le bottiglie sono numerate, prodotte nella prima annata in 680 repliche tutte rilegate a mano. Fabio avverte: “Eventuali sedimenti sono indice di genuinità”.

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Titti Casiello

Classe ’84, avvocato. Dopo una formazione all’AIS Milano, è diventata giornalista pubblicista e oggi collabora con alcune riviste e guide di settore.

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