La storia di Louis Vallet, il négociant fuori dai canoni che ha portato una nuova luce in Borgogna: “Il vino deve riflettere l’identità della vigna e la profondità dell’annata, come una poesia che evolve nel tempo.”
di Ciro Fontanesi
Quando da Beaune si arriva alla frazione di Montagny-les-Beaune ci si accorge di avere lasciato da pochi chilometri la capitale e di essere immersi in un territorio aperto, ricco di vegetazione, specchi d’acqua e con una predisposizione ad accogliere gli Chateau. Si arriva al cancello di Chateau de Charodon, edificio del XVIII secolo che è stato smantellato dalla Rivoluzione Francese e ripristinato da pochi anni a cantina vinicola dalla famiglia Vallet.
Louis Vallet è un negociant “haute couture” con appellazioni sparse in tutta la Cote. Il papà Bernard è un uomo dalla schiena dritta e che infonde un profondo rispetto, è ancora lui a volte ad occuparsi delle trattative e contratti con altri produttori. Tutta la filiera deve essere “organic” e non si scende mai a compromessi. Louis non rispecchia i canoni “borgognoni” a volte diffidenti e si lascia sempre andare a sorrisi e battute, mettendosi sempre in gioco. I suoi 7 anni in Cile come esperienza enoica di vita gli hanno aperto la mente prima di rientrare in Francia, e lo hanno reso più consapevole del suo obiettivo.
I suoi vini riflettono la sua grande sicurezza e solarità: uso di legni grandi, ricerca del frutto e di stratificazioni identitarie di ogni singola vigna.
Per Louis l’annata 2023 è stata una annata di grande profondità, molto diversa dai suoi 2022 più facili da bere. L’esordio in rosso con un “semplice” Bourgogne da vigne a Pommard denuncia tutta l’esuberanza e profondità stratificata che varrebbe tranquillamente un Village. La 2023 secondo Louis ha bisogno di più tempo per trovare un equilibrio. La carrellata avanza fino ad arrivare al Vougeot Les Petits Vougeots. Un’appellazione non comune ma che ha dei “vicini” come Musigny e Les Amoreuses. Vino totalizzante con una densità da Grand Cru. Alla cieca, dopo un Clos Vougeot Grand Cru, arriva uno Gevrey Chambertin Lavaux Saint Jacques di una profondità infinita che tiene testa all’assaggio del Grand Cru.
Passando ai bianchi si parte con un Aligotè di una vigna tra Bligny e Puligny per passare ad un Meursault ricco e aderente allo stile del villaggio. Il “turbo” viene messo quando arriva nel bicchiere il suo Puligny da due appezzamenti iconici come Les Enseignéres (confinante a sud con il Batard Montrachet) e Le Trézin, una vigna a nord del villaggio. Un gioco tra struttura e freschezza, profondità ed energia. Si finisce con il Corton Charlemagne Grand Cru di una vigna nel comune di Aloxe Corton esposta ad est nella parte alta della collina. Un turbine di menta, agrume e grande struttura.
Lo stile di Louis sicuramente si farà sempre di più spazio in una Borgogna ormai satura dalla “firme” importanti con uno stile che solo Pablo Neruda può definire: