Parla Paolo Brogioni: “Tutti i vini possono essere dealcolati, ma tecniche e normative sono complesse. Il problema è la qualità”

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Il direttore nazionale di Assoenologi: “È una risposta parziale alle esigenze del mercato, stiamo lavorando al tavolo tecnico confidando in soluzioni che tutelino il patrimonio vitivinicolo”

di Raffaello De Crescenzo

Il settore vitivinicolo sta affrontando oggi una nuova sfida: la dealcolazione. Al di là dei numeri, interessanti su scala globale, ma meno per quanto riguarda il nostro Paese, abbiamo voluto confrontarci con l’enologo Paolo Brogioni, direttore nazionale di Assoenologi, per vedere da vicino la normativa europea, con un focus sull’Italia, per quanto riguarda la dealcolazione.

“I vini dealcolati sono prodotti vinicoli, siano essi vini fermi, vini frizzanti o spumanti, che hanno subìto un processo di riduzione del contenuto alcolico, portandolo a livelli inferiori rispetto alla normativa di riferimento” afferma il direttore Brogioni. Si cerca di mantenere, per quanto possibile, il gusto e l’aroma del vino originale, ma con prodotto finale che avrà un contenuto alcolico ridotto.

Se tale contenuto è inferiore 0,5% su volume, si parla di vino dealcolato, se, invece, il contenuto alcolico è compreso tra 0,5 e 9%, allora siamo al cospetto di un vino parzialmente dealcolato.

È con il Reg. UE 2117 del 2021 che si introduce la categoria dei prodotti vitivinicoli dealcolizzati e parzialmente dealcolizzati, ma è il DM 672816 del 20 dicembre 2024, che pone le norme nazionali di riferimento per la produzione ed etichettatura dei vini dealcolati.

“Ad oggi, dunque, è possibile ridurre parzialmente o totalmente il tenore alcolico dei vini, dei vini spumanti, dei vini spumanti di qualità, dei vini spumanti di qualità di tipo aromatico, dei vini spumanti gassificati, dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati” ci spiega ancora Brogioni.

In Italia, sono esclusi da questa possibilità i vini Igt, Doc e Docg, con un approccio certamente più restrittivo della norma comunitaria: quest’ultima, infatti, consente la dealcolazione parziale dei vini con la rivendicazione di una Dop o di una Igp, a patto che il relativo disciplinare di produzione venga opportunamente modificato con la puntuale previsione di questi nuovi prodotti e la descrizione delle caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche.

Inoltre, il vino parzialmente dealcolato, non può provenire dal taglio tra una partita di vino ed una di vino dealcolato, in quanto la riduzione del tenore alcolico deve provenire dall’applicazione di uno o più processi di dealcolazione e non dalla miscelazione di partite di vino con differenti requisiti.

“Sia i vini bianchi che i vini rossi possono essere dealcolati, ma il processo influisce diversamente su ogni tipologia – chiarisce Paolo Brogioni – La scelta del tipo di vino dipende dalle preferenze di mercato e dalle caratteristiche che si vogliono mantenere nel prodotto finale, tuttavia, il processo influisce diversamente su ogni tipologia, sia in riferimento al vitigno che al processo di trasformazione e maturazione”

In particolare, si è osservato che i vini bianchi conservano meglio il profilo sensoriale dopo la dealcolazione, soprattutto quelli con aromi freschi e fruttati. Cosa diversa, invece, per i vini bianchi strutturati e con aromi terziari, dove si riscontano limiti similari a quelli dei vini rossi che subiscono variazioni più significative nel corpo e nella struttura a causa della rimozione dell’alcol Questa, infatti, contribuisce alla percezione della pienezza e alla stabilità degli aromi e richiedono tecniche più avanzate per preservare tannini, colore e corpo.

A livello tecnologico, i processi di dealcolazione si basano su due principi fisici: uso della temperatura (evaporazione e distillazione sottovuoto) e filtrazione con tecniche a membrana (osmosi, nanofiltrazione e sistemi multistadio).

Con l’evaporazione sottovuoto, l’alcol evapora a basse temperature, preservando gli aromi. Così l’alcol viene separato dal vino, che viene ricondizionato con acqua e altri componenti.

Nelle tecniche a membrana, invece, si utilizzano membrane selettive che separano l’alcol dagli altri componenti del vino, senza alterarne troppo le caratteristiche.

Con la distillazione e la distillazione sottovuoto, si separano i composti volatili del vino, eliminando l’alcol e reintegra il vino con gli aromi essenziali, minimizzando l’impatto sulle caratteristiche sensoriali.

La dealcolazione dei vini è soggetta a regolamentazioni specifiche che variano a seconda del Paese.

In Unione Europea La regolamentazione UE consente la dealcolazione parziale anche sui vini con indicazione geografica, mentre Italia, come visto, si cerca, invece una soluzione normativa a tutela delle indicazioni di origine e del rispetto delle caratteristiche territoriali.

In USA, Canada, Australia, Sudafrica i regolamenti sono simili e consentono l’utilizzo di diverse tecniche. Il massimo valore alcolico raggiungibile è di 7% Vol.

In tutti gli altri Paesi, la regolamentazione varia più o meno diversamente, ma la tendenza comune è quella di definire chiaramente i limiti alcolici e approvare tecniche specifiche.

Per quanto riguarda l’etichettatura di questa categoria di prodotti, è necessario riportare la dicitura “dealcolato” o “parzialmente dealcolato” di seguito alla relativa categoria del vino di partenza, oltre alle altre indicazioni di legge. Va inoltre indicato il termine minimo di conservazione (TMC) sull’etichetta dei vini sottoposti a un trattamento di dealcolazione che possiedono un titolo alcolometrico volumico effettivo inferiore al 10% vol. Per i vini biologici è stata prevista un’apposita modifica del Reg.(UE) 2018/848, il quale non prevedeva la possibilità di dealcolare i prodotti “Bio”: il Reg.(UE) 2025/405 rende possibile l’indicazione in etichetta di “Vino biologico dealcolato”.

Al momento Assoenologi, partecipa al tavolo tecnico della filiera, che ha proposto in sede ministeriale delle modifiche normative per facilitare le fasi operative. “In particolare – ci spiega il direttore – i nostri obiettivi principali sono quelli di consentire le operazioni di dealcolazione anche all’interno degli stabilimenti enologici e di semplificare la gestione dei sottoprodotti ottenuti dalla dealcolazione in riferimento alla destinazione del prodotto e all’applicazione dell’accisa”.

In conclusione, i vini dealcolati rappresentano una risposta innovativa alle esigenze del mercato moderno, offrendo un’opportunità di diversificazione dell’offerta enologica per soddisfare un pubblico sempre più variegato. Il futuro di questa categoria dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio tra tradizione e innovazione. Le aziende dovranno investire in ricerca e sviluppo per garantire elevati standard qualitativi e adottare strategie efficaci per posizionare correttamente questi prodotti sul mercato.

La sfida sarà quella di affrontare le criticità legate alla qualità, alla percezione del prodotto, ai costi di produzione e, non ultimo, al rispetto della tradizione e del legame con il territorio. Il vino italiano, da sempre ambasciatore del nostro Paese per territorialità e biodiversità, porta con sé valori ai quali non è possibile rinunciare. Ad oggi, non risulta ancora possibile conciliare appieno la tradizione del vino territoriale italiano con la produzione di vini dealcolati. Tuttavia, il sistema vinicolo italiano ha dimostrato più volte di saper affrontare con successo nuove sfide: “Confidiamo che anche in questo caso si sapranno trovare soluzioni a tutela del patrimonio culturale e vitivinicolo del Paese”.

 

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