Adriano Moretti, artigiano e agricoltore, è tra i pionieri di un collettivo mosso da un sentimento di rivalsa che vuole spingere il territorio del Roero da meta di passaggio a destinazione completa. Sulla base dell’esperienza personale, le evoluzioni di domanda e offerta ed altri trend, gli abbiamo chiesto cosa si nasconde oltre le nobili colline.
Langhe-Roero e Monferrato sono patrimonio UNESCO dell’umanità. Uno slogan utile da raccontare ma ancora poco tangibile o un vero e proprio motore economico che riesce a generare un soddisfacente indotto?
Sono convinto, vedendo i dati, che essere nominati tra i patrimoni UNESCO abbia sicuramente dato un’accelerazione importante al turismo di questa zona. Turismo che, probabilmente, sarebbe cresciuto comunque ed in maniera meno veemente nel corso degli anni a venire. Per quanto molti si lamentino, non bisogna essere ipocriti: il turismo, anche se poco settorializzata e molto “di massa”, fa comodo un po’ a tutti.
L’enoturismo sembra essere il grande comparto da sviluppare sia in termini di servizi sia per un ritorno economico delle Aziende. Come leghi l’esperienza vino a quella territoriale, e quali collaborazioni hai attivato per non limitare l’esperienza al “solo” vino?
Io personalmente, come molti altri colleghi, abbiamo appreso negli anni come valorizzare il nostro territorio a 360 gradi, anche se si può e si deve fare di più. Sono nate così collaborazioni con altri professionisti ed artigiani del territorio, capaci di dare un valore aggiunto all’esperienza di coloro che vengono a visitare questa terra. Spazio allora ai produttori di miele, pastori e casari, corilicoltori, coltivatori di zafferano, agricoltori e trasformatori di frutta e verdura e chi più ne ha più ne metta. Inoltre, alcune associazioni si battono per raccontare la storia di questo territorio che ha tanto da dire e che racchiude nei suoi paesaggi dominati da dolci e verdi colline, mille racconti. Il vino diventa l’accompagnamento di concerti musicali con panorami mozzafiato, mostre di artisti locali o presentazioni di libri.
Poi, specialmente in Roero, rimane viva la fiammella di quella cultura contadina, mista ad usanze religiose e folkloristiche, che sa di un passato che non esiste più. Vedi eventi come il “Canté j’euv” (La questua delle uova) o il “Pianté Magg” (Rito arboreo ancestrale). In questi eventi, il vino è parte integrante della tradizione. Infine, una posizione di rilievo ha il turismo naturalistico: trekking, cycling ed esperienze all’aria aperta di ogni tipo. D’altronde, in luoghi dove si mangia e si beve così bene, bisogna anche poter smaltire, no?
L’accoglienza in cantina è un investimento che ripaga o è da considerare come uno strumento promozionale, utile alla visibilità ma non ancora a regime sotto il profilo economico?
L’accoglienza in cantina deve essere un investimento che ripaga, altrimenti meglio non farla. Mi spiego meglio: bisogna far pagare i servizi che si offrono. Il tempo, la competenza, le bottiglie aperte ecc… hanno un costo che, come tale, deve essere coperto. Poi chiaro, sta al produttore o chi per lui decidere di offrire un determinato servizio o meno. Ma teniamo sempre a mente che, ciò che viene dato gratuitamente, inconsciamente viene percepito come qualcosa che non ha valore. Il comparto vino, con la scusa della promozione, ha fatto beneficenza per tanti anni. Ora è tempo che si dia il giusto valore.

Tra le ultime novità e notizie, sembrerebbe che l’introduzione del nuovo codice della strada abbia gettato nel panico i consumatori. Hai riscontrato un cambio di tendenze o un calo di presenze dovuto a questa nuova manovra?
Se devo essere sincero: no. Io ho riaperto il 1° Febbraio e, anche nel nostro ristorante interno, i clienti bevono come prima. Sicuramente se la prendono un po’ più comoda, stando seduti per più tempo al tavolo, aspettando che il livello alcolemico si abbassi. Molti si sono anche attrezzati con alcool-test portatili. Invece sabato scorso, un gruppo di ragazzi ha scelto di farsi portare da un pulmino visto che erano in 15. Direi un bell’esempio di civiltà ed adattamento alle nuove regole. Ultimamente sono stato a cena in qualche ristorante locale e non mi è parso di vedere meno bottiglie sui tavoli, anche confrontandomi con i proprietari. Credo però questa sia una bolla felice. D’altronde, molti colleghi mi parlano di un -50%/60% dall’uscita del nuovo decreto ad oggi. Mica poco.
Alcune città italiane sono vittime dell’overtourism, mentre diversi borghi italiani in declino soffrono di spopolamento. Vista la vostra posizione strategica, siete in grado di “smistare” il flusso in arrivo nelle località più battute, come Torino e Langhe, per dare continuità alla vita dei vostri piccoli paesi o la carenza di strutture e infrastrutture impediscono lo sviluppo di questa opportunità?
Da anni anche i tour operator e le associazioni turistiche locali stanno cercando di “spalmare” il turismo dalle Langhe sui vicini Roero e Monferrato, con una crescita esponenziale dell’Alta Langa. Non è un processo veloce, ma vediamo incrementare negli anni le presenze di turisti che arrivano appositamente per la Langa, ma si trovano poi a scoprire anche gli altri territori sopracitati. Oppure abbiamo chi per anni è andato in Langa ed ora, stanco dell’overtourism si sposta in zone meno battute e da scoprire. Per il futuro sono ottimista. Vedo molte amministrazioni locali al lavoro per aumentare i servizi e favorire la creazione di strutture ed infrastrutture. E se non lo faranno le amministrazioni, potrebbero essere proprio gli attori che hanno interessi sul territorio a crearle….chissà.
In altre regioni vitivinicole mondiali, come Australia e USA, hanno implementato l’offerta enoturistica con merchandising, wine club e sottoscrizioni che fidelizzano maggiormente il cliente e generano un filo diretto e continuativo tra Azienda e Community. Siamo ancora distanti in Italia per adottare su larga scala questo modello, essendo principalmente di matrice tradizionalista o potrebbe essere un’opzione aggiuntiva da valutare?
Questo futuro innovativo, potrebbe essere più vicino di quello che crediamo. Vedo di anno in anno sempre più colleghi che creano i propri wine club destinati ai loro clienti più fedeli. Dal canto mio, ho raccolto negli anni una newsletter con quasi 1000 clienti fidelizzati che vengono contattati quando ci sono novità o eventi particolari. Interessante anche la parte del merchandising. Per gioco, ogni tanto creo delle T-Shirt originali con claim simpatici, che poi metto alle fiere o in azienda. Più di una volta, mi è stato chiesto se ne avevo da vendere. Un nuovo business da esplorare che abbraccia una promozione pagata dai clienti. Geniale!
Sei grande sostenitore del territorio e sono note le tue partecipazioni alle fiere con mappe concettuali e materiale sul Roero andando al di là della promozione della tua Azienda. Questo spirito di squadra e volontà di unire i produttori sotto un messaggio comune ha trovato spazio in altre realtà del tuo territorio o siamo ancora destinati a premiare l’iniziativa individuale a scapito della promozione collettiva?
Questa è una domanda che mi fa particolarmente piacere. Stiamo lavorando per costruire collaborazioni spontanee tra colleghi con la stessa visione. Un movimento inclusivo dove ci si trova, si mangia, si beve qualcosa insieme e ci si scambiano idee. Sottolineo inclusivo, perché non importa essere giovane o anziano, una grande azienda oppure una piccola, essere uguale o diverso da qualcun altro. Cosa conta è la visione comune per il futuro e per la crescita del territorio. Ci scambiamo contatti commerciali, aiuti ed attrezzatura. E anche se non è tutto oro quel che luccica, qualcosa sta cambiando. Un enorme passo in avanti passando da “contadini” ad “imprenditori agricoli”. Molti di noi, ad esempio, hanno in azienda bottiglie di colleghi da far assaggiare nell’eventualità che qualche cliente importante si innamori del Roero e magari voglia importare 2/3 aziende invece di una. Io ho dedicato ai miei colleghi roerini un’intera scaffalatura in bella vista. Perché il territorio è più importante del singolo. E anche se non tutti ci credono allo stesso modo, l’importante è portarli a collaborare.
Essere giovani vignaioli significa anche aver coraggio nella rottura di alcuni schemi o pratiche adottate in precedenza che oggi potrebbero non funzionare più. Quali modelli o quali azioni hai introdotto nella tua azienda per scrollarti di dosso quell’ombra del passato che, banalizzando sul territorio, identificava la sua principale produzione del tuo territorio con un poco gratificante “Nebbiolino”?
Innanzitutto, ho cominciato a non fare più paragoni con i vicini cugini di Langa. Il Barolo si può paragonare al Brunello mentre il Roero rosso si può paragonare in certe sue espressioni, ai Pinot Nero più blasonati di Francia. Anche se, in realtà, anche ciò che sto affermando è un errore concettuale. Il Barolo è Barolo, Il Brunello è Brunello, il Roero rosso è Roero rosso. Ognuno ha una sua identità precisa dettata da tanti fattori non replicabili altrove. Dobbiamo imparare a vendere il “territorio” e non il “vino”. Francia docet.
Pensi che le grandi compagnie di trasporti e gli organi competenti della politica debbano seriamente introdurre agevolazioni, servizi e prestazioni al fine di facilitare lo spostamento, la promozione e l’investimento per rendere il comparto enoturistico non solo un volano per la promozione del vino, ma del complesso territoriale italiano?
Le compagnie di trasporti devono adattarsi a quello che è il mercato ed offrire servizi efficaci sul territorio. Nel paese dove vivo, purtroppo, passano due pullman al giorno. Per luoghi che mirano ad essere mete turistiche, almeno in alcuni periodi dell’anno, bisognerebbe aumentare le corse. Parliamo anche dei Taxi o NCC locali che, per andare da Alba a Barolo (15 Km), possono arrivare a chiedere anche 50 euro a corsa. Con alcuni colleghi, parlavamo addirittura di progettare una Startup volta a creare una rete di conducenti per chi si reca in questi luoghi nei periodi di maggior afflusso turistico. Nel periodo della Fiera Internazionale del Tartufo d’Alba, ad esempio, è un’impresa trovare un taxi. Possibile che nessuno abbia intravisto un’opportunità in questo problema?

Oltre la promozione, il monito d’allarme. Come aprire gli occhi al pubblico verso la comprensione e il rispetto di un lavoro che osserva, rispetta e altre volte subisce la forza devastante della natura? Quali elementi sono difficili da digerire da chi, recandosi in cantina, vuole bere/mangiare bene, spendendo poco e aspettandosi tutti i comfort/servizi?
Anche qui, io ti posso dare uno spaccato su quella che è la mia realtà. Negli anni, siamo cresciuti molto come azienda. Crescendo abbiamo maturato maggiore competenza, professionalità ed efficienza. Con la nostra crescita, chiaramente, sono aumentati i prezzi. E qui, c’è la chiave di tutto. Aumentando i prezzi, abbiamo scremato molto la clientela tant’è che chi viene, spesso afferma che pensava di spendere di più o avrebbe volentieri speso qualcosa in più. Questo accade sia per la parte di ristorazione, sia per la parte di vino. Ma come si arriva a questo? Il nocciolo è che bisogna creare valore. Il vino, di per sé, non è che una bevanda alcolica in bottiglia. Ma se di quella bottiglia racconto dettagli che ne giustifichino il valore, faccio breccia nel cuore del cliente. E se il cliente, anche dopo tutto questo, afferma che “è caro”, allora non è un mio cliente. Che poi, “caro” rispetto a cosa? Questa è la domanda che dovremmo sempre porre. E dobbiamo scindere il “caro” dal “costoso”. Perché nessuno dice che una Lamborghini è cara? Eppure costa 20 volte una FIAT Panda. Entrambe fanno lo stesso lavoro, ma alla Lamborghini riconosciamo un valore che ne giustifica il prezzo. Sul vino questo è più difficile…ma non impossibile!
Infine, visto lo spirito d’iniziativa e questa voglia che vi accomuna nel valorizzare il territorio, quale evento vorresti ospitare nel Roero?
Non posso ancora anticiparti troppo, proprio perchè ci stiamo lavorando! Ci sono in ballo diverse idee che devono essere concretizzate. Probabilmente, il fatto di vivere in un territorio sottovalutato, ha fatto maturare in noi un desiderio di rivalsa. Rivalsa vissuta non come competizione con gli altri, ma come volontà di mostrare a tutti che per bellezza, storia, natura, cucina, vini e cultura, il Roero merita di stare nel Gotha mondiale dei territori enoici. Vi invito dunque a seguirci!

Nello Gatti
Vendemmia tardiva 1989, poliglotta, una laurea in Economia e Management tra Salerno e Vienna, una penna sempre pronta a scrivere ed un calice mezzo tra mille viaggi, soggiorni ed esperienze all'estero. Insolito blend di Lacryma Christi nato in DOCG irpina e cresciuto nella Lambrusco Valley, tutto il resto è una WINE FICTION.