L’enologo racconta il progetto Cà Da Roman: “Abbiamo sviluppato protocolli che riducono l’impatto ambientale senza compromettere la qualità. Il segreto? Non avere paura di cambiare”
di Nello Gatti
La parola sostenibilità è sempre più presente nelle nostre produzioni e scelte quotidiane, ma occorre separare gli studi dalle notizie e gli slogan dalla realtà. Riavvolgiamo il nastro e ci descriva il concetto di sostenibilità, dalle sue prime definizioni allo stato attuale.
È vero che oggi la parola sostenibilità è più che abusata in tutti i settori, non da meno nel mondo del vino. Nel nostro campo come in tutti gli altri, la sostenibilità ambientale è però facilmente quantificabile tramite parametri quali la riduzione di emissione di C02 e la diminuzione del consumo idrico. Due anni fa con la rete “d’imprese resistenti Nicola Biasi” abbiamo calcolato questi due parametri grazie ad un ente terzo che ha certificato la significativa differenza rilevata tra la viticoltura tradizionale e la viticoltura resistente applicata in una delle nostre aziende. Abbiamo riscontrato una riduzione di quasi il 40% in termini di Co2 e di quasi il 70% per ciò che concerne il consumo idrico.
In tal senso, quali sono le principali sfide per i produttori nell’adottare pratiche più green in cantina? Ci racconti cosa ha comportato, a livello pratico, la sperimentazione di fermentazione senza controllo della temperatura.
È risaputo – anche se in pochi ne parlano – che la fermentazione a basse temperature è uno dei parametri più impattanti in termini di Co2 emessa nei processi di vinificazione. In Cà Da Roman, in collaborazione con Ever e Italiana Biotecnologie, abbiamo sviluppato nuovi protocolli di fermentazione per i vini bianchi che ci hanno permesso di mantenere inalterata la qualità dei prodotti finali. Il profilo sensoriale dei vini così ottenuti naturalmente non è identico, ma a mio avviso ha caratteristiche che possono esaltare ancora di più il vitigno ed essere in linea con i nuovi gusti dei consumatori.

Nel progetto che ha portato avanti, l’utilizzo di un ceppo di lievito resistente ha portato a un risparmio notevole in termini di energia e riduzione delle emissioni di CO2. Come vedi l’evoluzione di questa tecnica nel futuro della vinificazione, e quali sono gli altri aspetti del processo che potrebbero essere ottimizzati?
Protocolli e studi di questo genere sono l’unica strada per riuscire veramente, non solo a parole, a ottimizzare l’impatto che la produzione del vino ha sull’ambiente. Attraverso la scienza e la tecnologia possiamo davvero migliorare, mantenendo alta la qualità dei nostri vini. È fondamentale non avere paura di cambiare le nostre tecniche di vinificazione, perché oggi vinifichiamo uve con caratteristiche completamente diverse da quelle di vent’anni fa. È impossibile dunque pretendere di lavorare nello stesso modo.
Il vino prodotto con fermentazione a temperature più alte ha mostrato un profilo sensoriale differente rispetto alla fermentazione tradizionale. Quanto pensa che la scelta delle tecniche enologiche sostenibili possa influire sulla tipologia di vino prodotto e come riuscite a mantenere sempre alta la qualità pur implementando processi più ecologici?
Mantenere alta la qualità dei vini prodotti è fondamentale. Il consumatore prima di tutto cerca la qualità, poi ben venga la sostenibilità. Non possiamo pensare di mascherare eventuali difetti del vino con la scusa “di salvare il mondo”: occorre lavorare in modo pulito e preciso, in funzione delle uve di partenza al fine di ottenere vini che diano piacevolezza al consumatore. Per riuscire a ottenere un’alta qualità legata a una concreta sostenibilità, servono studio e sperimentazioni. Proprio per questo il nostro protocollo è nato dalla collaborazione con dei partner di livello nel panorama enologico internazionale. Il lavoro di squadra dà sempre i migliori frutti.


Nello Gatti
Vendemmia tardiva 1989, poliglotta, una laurea in Economia e Management tra Salerno e Vienna, una penna sempre pronta a scrivere ed un calice mezzo tra mille viaggi, soggiorni ed esperienze all'estero. Insolito blend di Lacryma Christi nato in DOCG irpina e cresciuto nella Lambrusco Valley, tutto il resto è una WINE FICTION.