Sono giovani, ma la saga di famiglia è lunga almeno due secoli: originari di Sinopoli, un paesino della Calabria, erano allevatori di bestiame. Oggi hanno ‘’Ejamu”, la loro Azienda agricola dove producono oli e vini biologici
di Mattia Giangaspero
Ejamu è una parola del dialetto calabrese che significa andare, ripartire: racchiude in questo significato la storia di due fratelli, Meca e Rocco, che hanno deciso di ricominciare a vivere e sognare in Toscana dopo che gli è stato tolto il diritto a lavorare nella loro casa, la Calabria: “Per noi, Ejamu rappresenta una ripartenza dalla morte alla vita. È una voglia di riscatto, di dire al mondo che ce la possiamo fare anche se in una terra diversa”, raccontano.
E così Ejamu è diventato il nuovo centro della loro esistenza. È diventata la loro azienda agricola dove producono oli e vini biologici. La vita di Meca e Rocco ruota tutta intorno a questa parola e, per comprendere l’importanza del loro lavoro, bisogna fare un salto indietro nel tempo di circa due secoli.
La loro storia inizia a Sinopoli, un paesino in provincia di Reggio Calabria e, fino alla generazione del bisnonno, la loro era una famiglia di allevatori di bestiame.
“Con Domenico avviene un cambiamento. Lui era padre di nove figli e per mantenere una famiglia così numerosa decise, insieme a nostro nonno Rocco, il figlio maggiore, di allargare il commercio e dedicarsi anche alla produzione dell’olio”.
Domenico e suo figlio, nel Dopoguerra, riuscirono a piantare molti ulivi, tanto da abbandonare l’allevamento del bestiame e dedicarsi alla sola produzione agricola. Grande merito fu però della bisnonna… Un giorno infatti Domenico tornò a casa e raccontò a sua moglie Rosa che non era convinto, per questioni di prezzo, a concludere l’acquisto di una terra di ulivi. La moglie rispose dandogli uno schiaffo, dicendogli: ‘’Sei un vigliacco!” Il gesto era decisamente fuori dai canoni dell’epoca e proprio per questo il bisnonno si convinse a procedere con l’acquisto.
Dal Dopoguerra passiamo al 1997, un’altra data importante nella vita di Meca e Rocco: è l’anno in cui l’attività passò nelle mani di loro padre.
“Papà portò grandi cambiamenti nella produzione dell’olio. Iniziò a potare gli ulivi in modo radicale riuscendo a ottenere l’olio extra vergine d’oliva. Successivamente decise di candidarsi a sindaco del paese e venne eletto. Nel 2006 realizzò un nuovo moderno frantoio e riuscì ad avviare una cooperativa, “Giovani in Vita”, con l’obiettivo di sottrarre i ragazzi alla criminalità e di confiscare i terreni alla ndrangheta”.
Da quel momento per la famiglia di Meca e Rocco iniziò un’altra storia, una storia di minacce e di denunce.
‘’Nostro padre subì innumerevoli intimidazioni da parte della criminalità organizzata e per anni fu sotto scorta. Centinaia di alberi d’ulivo secolari vennero bruciati e venne minacciato direttamente prima lui, poi la sua famiglia, noi…”.
Il padre provò più volte a denunciare quei soprusi, ma la situazione non fece che peggiorare: “Un giorno, mentre eravamo all’Università, ci chiamò e disse di aver trovato dei terreni a Val D’Arno di Sopra e che quella era la volta buona. C’era bisogno anche di noi. In Toscana ci portò per proteggerci”, raccontano i due fratelli. “Nel 2014 prima ci trasferimmo noi, poi nel 2017 anche lui”.
Dovettero attendere ancora prima di cominciare l’attività in quelle terre che oggi prendono il nome di Ejamu.
“Per realizzare il nostro sogno riuscimmo a ottenere un finanziamento ISMEA per i giovani agricoltori. A luglio 2020 incominciammo a imbottigliare la nostra prima annata, ma purtroppo proprio in quei mesi nostro padre scoprì di avere un cancro”.
La malattia prima e la pandemia poi finirono con lo sconfiggere papà “che nel frattempo non si era mai arreso alla ‘ndrangheta. Prima di ammalarsi, nonostante le minacce continuava a tornare a Sinopoli sotto scorta, per provare ancora una volta a far confiscare quei terreni e a salvare giovani vite”.
“Con il Covid prima e la sua morte poi – parla Rocco – iniziammo a non essere più convinti di continuare il suo progetto e lanciare la nostra attività. Devo dire però, vedendo i terreni oggi e il nostro lavoro, che per fortuna ci siamo lanciati…”.
Adesso Meca e Rocco, dopo i sacrifici di un’intera famiglia, sono ripartiti ed Ejamu da semplice parola del dialetto calabrese, si è trasformata in un terreno di 60 ettari, 15 di vigna, 15 di uliveto e 30 di bosco. Rocco si occupa della parte agricola ed enologica, Meca della parte comunicativa e la loro mamma, Caterina, di quella commerciale, vendendo vino e olio in Toscana, nelle enoteche e nei ristoranti.
Ad aiutarli ci sono altri due ragazzi, uno nei campi e uno in cantina. Durante la vendemmia e nelle stagioni delle potature, quella verde e quella invernale, arriva anche una squadra attrezzata.
“Produciamo sia olio che vino: un’unica tipologia di olio, quello extravergine d’oliva biologico IGP, fatto con le classiche varietà toscane che sono frantoio, moraiolo e leccino. I nostri ulivi sono principalmente terrazzati, quindi sono più piccoli rispetto a quelli calabresi. Viene fatta una raccolta a mano e portiamo le olive il giorno stesso in frantoio. Il nostro olio si chiama Loro”.
Dalla tradizione i due fratelli sono passati all’innovazione. Dagli ulivi e dall’olio, storia della loro famiglia, si sono dedicati anche alla produzione del vino. Sono 5 i vini che producono, 3 rossi e 2 bianchi. Tutti raccontano un frammento della loro storia e sono ben descritti nel sito curato dalla stessa Meca. Tutti necessitano anche di un’attenta lavorazione sostenibile.
“Per noi il vino è la sintesi, è la rappresentazione migliore di quello che l’uomo riesce a fare, partendo da un semplice grappolo d’uva”, racconta Rocco. Io e mia sorella abbiamo 25 anni e siamo cresciuti in un’epoca in cui non si può ignorare tutto quello che accade, siamo i primi a essere colpiti dai cambiamenti climatici. Per noi essere sostenibili è un modo di vivere. Cerchiamo sempre di curare e proteggere le piante ed evitare che vengano colpite da malattie o intemperie. Abbiamo iniziato a praticare alcune tecniche sostenibili come l’inerbimento in vigna, una lavorazione del suolo moderata affinché non vada sprecata tutta quella parte organica che nel terreno è molto importante. Utilizziamo gli scarti di potatura per il compost e non li bruciamo. Non utilizziamo diserbanti chimici, ma prodotti di origine naturale, come l’olio d’arancio, utile per mantenere in salute il nostro terreno e aumentare la produttività delle nostre piante”.
Dei 5 vini prodotti, uno su tutti è quello che più è nel cuore di Meca e Rocco. Si tratta di un rosso, si chiama Vertigine e nasce nel 2021, l’anno della scomparsa del padre.
“Questo vino nasce nel momento in cui io e Rocco entriamo al 100% in azienda, quindi nel momento di rimboccarsi le maniche e, infatti, nell’etichetta ci siamo io e lui di spalle”, racconta Meca. “Questo per dire, riprendendo Jovanotti, che la vertigine non è la paura di cadere, ma la voglia di volare”.
Vertigine, 100% Canaiolo nero, dal 2024, è un vino che entra a far parte della DOC del Val D’Arno di Sopra. Una DOC nata per valorizzare il territorio toscano, poco conosciuto, anche se dà vini e oli straordinari. In un editto del ‘700, Cosimo De Medici diceva che in Toscana le zone migliori per produrre vino e olio sono oltre alla zona del Chianti Classico, quelle di Carmignano e quella di Rufina, anche quella di Val D’Arno di Sopra.
Meca e Rocco sono due giovani ragazzi under30 e, come tali, non possono aver già concluso i loro sogni. Hanno anche altre ambizioni e vogliono raggiungere nuovi obiettivi: “Vorremmo creare nell’azienda un percorso che faccia interagire direttamente le persone con ciò che è diventata la nostra quotidianità. Camminare in mezzo alle vigne e agli ulivi, una sorta di fattoria didattica. L’intenzione è anche quella di creare una cantina innovativa aumentando la gamma di vini offerta e, infine, vorremmo aprire un ristorante dove poter accogliere tutti i viaggiatori e far degustare loro i nostri vini”.
Mattia Giangaspero
Giornalista professionista che parla di ambiente calcio e sostenibilità alimentare. Ha
conseguito la laurea in Linguaggi dei Media e il Master di Giornalismo a Stampa, radiotelevisivo e multimediale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.