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Etna e Campi Flegrei: ecco perché i vulcani danno vita a vini leggendari

Tempo di lettura: 4 minuti

Vi raccontiamo due meravigliosi territori, dove la forza del fuoco ha preservato viti (oggi ultracentenarie) con tratti aromatici e gustativi unici e identitari

di Maria Vittoria Sparano

L’Italia è uno dei paesi con la maggiore attività vulcanica in Europa e nel mondo e questo dipende dalla sua peculiare posizione geologica sulla crosta terrestre: il nostro Paese si trova, infatti, lungo il confine tra la placca africana e quella eurasiatica. L’Italia è disseminata di vulcani lungo quasi tutto lo stivale con una particolare concentrazione nella zona centro-meridionale della penisola: alcuni di questi sono costantemente attivi, per esempio l’Etna e Stromboli, altri spenti o estinti, cioè non più in attività in modo definitivo, come il Monte Vulture e il Monte Amiata, e altri ancora dormienti o quiescenti, cioè in grado di poter riprendere la loro attività non ancora del tutto conclusa, ne sono un esempio Pantelleria e i Campi Flegrei.

È evidente che tutte le zone sopraelencate sono anche chiaramente e notoriamente aree di produzione vitivinicola e uno degli aspetti più straordinari di questi territori è dato dal fatto che proprio in queste zone, nelle zone dei vulcani, la viticoltura storica, nella maggior parte dei casi, è stata preservata dal flagello della fillossera, che tra fine ‘800 e inizio ‘900 ha devastato il vigneto europeo: le viti che crescevano sui suoli vulcanici non sono state attaccate dal parassita e per questo non sono state innestate sul piede americano, ma si trovano tutt’ora nella loro forma originaria a piede franco.

Ciascun territorio ha le sue peculiarità e le sue bellezze, oggi ho scelto di raccontarvi due zone nello specifico, da cui provengono vini ricchi di fascino e accessibili a tutti: l’Etna e i Campi Flegrei.

Etna

L’Etna è il più grande e attivo vulcano d’Europa (circa 3400 m.) e si trova sulla costa orientale della Sicilia, in provincia di Catania. La denominazione che porta il suo nome, Etna DOC, è stata la prima ad essere istituita in Sicilia nel 1968 e si estende su un territorio che da Randazzo, nord del vulcano, percorre tutta la fascia orientale dell’Etna fino ad arrivare a sud nel comune di Santa Maria di Licodia.

Il terroir etneo è molto variegato, con altitudini che variano dai 400 ai 1.200 metri sul livello del mare. Le vigne sono così esposte a escursioni termiche molto intense tra il giorno e la notte, cosa che arricchisce il corredo aromatico delle varietà ampelografiche tipiche del territorio e consente una maturazione equilibrata anche durante le annate caratterizzate da temperature più elevate.

I vini dell’Etna sono caratterizzati da una notevole mineralità, freschezza e una buona acidità. I vitigni autoctoni sono il Nerello Mascalese e il Nerello Cappuccio, a bacca nera, con cui si produce l’Etna Rosso, e il Carricante e il Catarratto, a bacca bianca, che concorrono alla produzione dell’Etna Bianco. Spesso Nerello Mascalese e Carricante sono usati in purezza. I rossi tendono ad essere eleganti, con una struttura moderata e un bouquet aromatico che spazia dalle note di frutta rossa alle spezie, con un finale a volte affumicato o terroso. I bianchi sono freschi, di spiccata sapidità, con sentori di agrumi, fiori bianchi e un accenno di pietra focaia.

Campi Flegrei

Situati nella zona occidentale di Napoli, i Campi Flegrei sono una vasta area vulcanica, nota per la sua attività geotermica e per la fertilità dei suoli. La viticoltura in questa zona è antichissima al punto che si trova menzione del vino prodotto in questo areale nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Siamo poco più a nord di Napoli, dove la DOC Campi Flegrei dal 1994 interessa sette comuni: “l’intero territorio dei comuni di Procida, Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto e parte di quelli di Marano di Napoli”, da disciplinare.

I suoli sono ricchi di ceneri vulcaniche, che conferiscono ai vini un carattere unico. Le vigne sono impiantate su terrazze, a ridosso dei crateri e delle colline, e l’esposizione al mare contribuisce a creare un microclima ideale per la viticoltura.

Il vitigno principe è senza dubbio la Falanghina, che è ammessa alla produzione nella sua veste secca, passita e spumante: fresca, sapida e di inebriante mineralità. Le fa da contraltare a bacca nera il Piedirosso, localmente chiamato “Pér e palummo”, cioè “piede di piccione” per la particolare colorazione rossiccia che assume il tralcio nel periodo della vendemmia. Spesso lo si trova vinificato assieme all’Aglianico, ma è possibile berlo anche in purezza. Il disciplinare prevede, oltre la versione secca base, anche la produzione della versione riserva, rosato e passito.

I territori vulcanici italiani offrono una straordinaria varietà di vini, ciascuno con le proprie caratteristiche legate alla composizione del suolo, al clima e alle tradizioni locali. I suoli vulcanici sono la chiave per ottenere vini freschi, minerali, complessi e capaci di esprimere una grande tipicità territoriale. In queste zone, i viticoltori riescono a combinare la tradizione con l’innovazione, creando vini che sono autentici e rappresentativi del territorio, declinati in tutte le variabili che ben si adattano ad accompagnare, giocando con gli abbinamenti, un intero pasto, dall’aperitivo al dolce.

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Maria Vittoria Sparano

Laureata in Lettere Classiche, sommelier professionista con esperienza in importanti sale stellate e docente per corsi di avvicinamento al mondo enoico. Ha collaborato con i più importanti e-commerce italiani di vino ed è sempre alla ricerca di piccoli produttori di grandi bottiglie.

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