Dalla terra alla cucina, fino al digitale: il triangolo tecnologia-alimentazione-mente umana sta cambiando il rapporto con noi stessi e con il cibo, migliorarlo dipende dalle scelte che facciamo. È nato persino il “Personal Gpt Sommelier”…
In questo articolo si esplora l’interessante connubio tra intelligenza artificiale e alimentazione, mettendo in luce come strumenti come ChatGPT, o altre AI, possano influenzare il nostro rapporto con il cibo. Tuttavia è importante sottolineare come il conteggio delle calorie tramite AI potrebbe comportare rischi per la salute mentale e fisica, specialmente per coloro che sono vulnerabili ai disturbi alimentari. Il nostro intento è quello di fornire informazioni approfondite su questo argomento, senza promuovere o incentivare comportamenti potenzialmente dannosi. Ognuno dovrebbe riflettere in modo critico sul proprio rapporto con il cibo adottando approcci equilibrati, consapevoli verso l’alimentazione e il benessere, ma soprattutto non cercare online consigli sulla gestione del cibo o dell’alimentazione, affidandosi sempre e solo a professionisti qualificati per ottenere indicazioni personalizzate su dieta e benessere generale. Questo articolo mira a sensibilizzare il lettore circa le sfide legate ai disturbi alimentari, dissociandosi da qualsiasi interpretazione che possa incoraggiare comportamenti alimentari disordinati, ribadendo piuttosto il nostro impegno a promuovere la salute e il benessere.
R.V
di Emanuela Caramia
“Ehi Siri, imposta sveglia alle ore 8”. “Alexa, riproduci playlist personale”. Ci rivolgiamo in tanti, almeno una volta nelle nostre giornate, ai nostri comandi vocali dei dispositivi sparsi per casa. Ma immaginate che non vi lascino scampo neppure durante un pranzo in famiglia o una cena con amici e che il pensiero che vi tormenta sia sempre lo stesso: cercare di non distogliere lo sguardo da tua nonna che ti dice che sei diventata troppo magra, o quell’amica che ti parla dei chili presi in vacanza a Sharm, mentre tu vuoi solo chiedere a ChatGPT quante calorie ha il piatto davanti a te.
Ora starete pensando che siamo fortunati ad avere la tecnologia a portata di mano, perché – durante le nostre corse contro il tempo – resta immobile in attesa di un nostro comando. Questo accesso costante però, se applicato ai dati sull’apporto calorico di una qualunque persona che pensa alla sua immagine sopra una bilancia o di fronte allo specchio, può diventare un catalizzatore per disturbi alimentari e insicurezze corporee. È un’abitudine di molti che, oltre a rovinare il rapporto con sé stessi, impatta su un momento così naturale di convivialità in cui si intraprendono viaggi tra sapori e combinazioni.
Mia madre aveva già intuito alcune di queste insidie, quando da piccola mi vietava di non usare il telefono a tavola. Forse avrei dovuto ascoltare di più sia lei sia mio padre, che approfittava di un piatto di orecchiette al sugo davanti per raccontare i segreti di un piatto ben riuscito e come l’accostamento con altri sapori potesse regalare emozioni uniche. Di fatto, è questo il quadro ideale di un pasto con le persone che ami. Il cibo fa solo da sfondo, è un protagonista della nostra vita e dovremmo farla diventare unicamente una passione, un piacere, non un’ossessione.
Ma per 55 milioni di persone della popolazione mondiale, di cui oltre 3 milioni risultano colpite in Italia, è difficile associare un buon piatto all’aspetto culinario: di anoressia, bulimia e binge eating si ammalano soprattutto ragazze tra i 12 anni e i 15 anni. La variabilità di tali dati è particolarmente alta nelle regioni dove le strutture di cura sono scarse o addirittura assenti. Il maggior numero dei centri (63) si trova nelle regioni del Nord (20 in Emilia Romagna e 15 in Lombardia), al centro ve ne sono 23 (di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria), mentre 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole (12 in Campania e 7 in Sicilia). Ad essere presi in carico presso questi centri, sono però gli adolescenti dai 14 anni facendo ombra di fatto sulla restante parte che è combattuta tra il restare in silenzio o chiedere aiuto.
Chi ha visto “Luca”, il film Disney, saprà di quella vocina in testa che nella pellicola ha il nome di Bruno. Come si mette a tacere quel “Bruno” in testa? Non importa quale sia il suo nome: quella vocina che cerca di scoraggiarci è onnipresente ed è la causa di quel conflitto con noi stessi. Il problema diventa ancora più pressante quando – a rispondere a quella conversazione sul cibo silenziosa, ma assordante per noi – si aggiunge un altro elemento inafferrabile che, come Bruno, sembra influenzare enormemente le nostre scelte.
La lezioncina che segue è solo un riassunto delle immense proprietà di ChatGPT che immagino siano in pochi a conoscere. Basta elencare quello che hai mangiato e bevuto durante un aperitivo a suon di spritz e conflitti interiori, per conoscere il numero di calorie che tanto spaventano. L’intimità con la tecnologia a tavola si sviluppa ancora di più in seguito alla sua introduzione nella ristorazione. Dalla cucina alla sala, la lingua artificiale è in grado di replicare la magia del gusto. I due viticoltori francesi della Languedoc Roussillon, Anthony Aubert e Jean-Charles Mathieu hanno di fatto prodotto il primo vino al mondo frutto di una collaborazione con ChatGPT, fidandosi dei suggerimenti del bot per un “eccezionale vino biologico”. “The End” direttamente sulle nostre tavole e gentilmente offerto dal Personal Gpt Sommelier realizzato dall’Italian Wine Crypto Bank (Iwcb) che aiuterà i wine lovers nell’arte dell’abbinamento tra cibo e vino.
C’è sempre spazio per il dolce e del tuo amato tortino al cuore caldo di cioccolato, ma Mr. Intelligenza Artificiale ti ha suggerito che la cheesecake ai frutti di bosco ti farà vivere più serenamente il resto della giornata, perché contiene meno calorie. Tu cosa scegli? Sono entrambi appetibili, ma non dovrebbe neppure porsi il problema perché l’ingranaggio della mente, almeno seduti a tavola mentre approfittiamo di buon cibo e chiacchiere, dovrebbe smettere di funzionare. Forse ci dà l’impressione di avere tutto sotto controllo, ma il controllo lo abbiamo già perso quando l’abbiamo data vinta al volto invisibile della tecnologia.
Emanuela Caramia
Laureanda in Scienze della Mediazione Linguistica e Culturale presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici P.M. Loria.