Laura racconta l’azienda di famiglia: “Ognuno di noi ha un ruolo, ma condividiamo lo stesso obiettivo. Costruiamo il futuro, un vino alla volta”
di Nello Gatti
La Cantina Pasetti è una delle realtà più interessanti del panorama vitivinicolo abruzzese. Con una gestione familiare che abbraccia ormai cinque generazioni, l’azienda ha saputo adattarsi ai cambiamenti senza perdere di vista gli orizzonti, percorrendo diverse strade che portano in giro un messaggio d’Abruzzo gentile, rurale e sincero, sotto il proprio brand e la sua fiammante “Testarossa”. Laura Pasetti, che insieme al marito Mimmo e ai figli Francesca, Massimo e Davide, sono alla guida l’azienda, ci aiuta a tracciare il filo tra ricordi, prospettive e futuro.

Laura, come si è evoluta l’azienda nel tempo, viste le sue origini in epoca borbonica, arrivando a essere una delle realtà più conosciute della viticoltura abruzzese?
La nostra storia inizia molto prima che il mondo del vino diventasse una realtà commerciale come la conosciamo oggi. Mio marito Mimmo ha preso in mano l’azienda negli anni ’60, quando si è iniziato a vinificare su scala più ampia. La vera svolta arriva però negli anni ’80 con il nostro vino simbolo: Testarossa. Volevamo un vino che rappresentasse qualcosa di speciale per la nostra famiglia e così abbiamo deciso di imbottigliare separatamente il miglior Montepulciano d’Abruzzo per celebrare la nascita di Francesca, che aveva i capelli rossi come la trisavola Donna Rachele.
Da quel momento, l’azienda ha continuato a crescere e negli anni 2000 iniziamo ad acquistare terreni più lontani dalla costa, in zone montane, come Pescosansonesco, situato nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Questo cambiamento ci ha permesso di produrre vini di altissima qualità, sfruttando un terroir che ha davvero un grande potenziale.

Il vostro territorio è noto per la sua bellezza naturale, in particolare nel Parco Nazionale del Gran Sasso. In che modo questa disposizione influisce sulla qualità e sul profilo sensoriale dei vostri vini?
Il nostro territorio è veramente speciale e fondamentale per la qualità dei nostri vini. La zona di Pescosansonesco, ad esempio, è caratterizzata da un terreno argilloso-calcareo, con una forte escursione termica tra giorno e notte. Questo aiuta a conservare l’acidità nelle uve e garantisce una freschezza che si riflette poi nel vino. La posizione alta, a circa 550 metri sul livello del mare, permette di ottenere un profilo sensoriale unico, con una finezza che non troviamo in altre zone. Il Montepulciano d’Abruzzo, in particolare, si esprime magnificamente in queste condizioni, producendo vini robusti ma eleganti. Anche il Trebbiano e il Pecorino, che sono le nostre varietà autoctone, traggono beneficio da questo terroir unico. L’aria pulita, l’assenza di inquinamento e la costante vigilanza dell’autorità del Parco Nazionale ci permettono di lavorare in un contesto lontano dalle contaminazioni.

Rispetto al passato, come gestite oggi l’impresa familiare e quali sono i progetti futuri per l’azienda, soprattutto in relazione alla sostenibilità e all’innovazione?
La gestione familiare è uno degli aspetti che ci rende unici. Mimmo, mio marito, è il cuore visionario di tutto, ma oggi l’azienda è guidata da tutta la famiglia. Io mi occupo dell’amministrazione, Francesca Rachele gestisce la parte amministrativa e logistica, Massimo si occupa dell’export e Davide, nostro figlio enologo, segue la produzione del vino. Ogni membro della famiglia ha un ruolo ben definito, e questo ci permette di lavorare in armonia con un obiettivo comune. Guardando al futuro, stiamo investendo molto nella sostenibilità. Recentemente, abbiamo acquisito terreni a Forca di Penne, una località che si trova a 1050 metri sul livello del mare, circondata da boschi e attraversata dal Tratturo Magno, un antico cammino di transumanza. In queste terre stiamo impiantando nuove varietà, come lo Chardonnay e il Pinot Nero, con l’intenzione di produrre uno spumante metodo classico. Abbiamo anche installato stazioni meteo nei nostri vigneti, per monitorare le condizioni climatiche e adattare le tecniche di coltivazione alle necessità del momento. Un altro aspetto su cui puntiamo molto è la ricerca. Stiamo studiando il nostro territorio con un approccio agro-climatologico che ci permette di intervenire in modo preventivo contro i funghi patogeni, riducendo così l’uso di trattamenti chimici. Le temperature più basse e la regolarità delle piogge nelle zone montane ci aiutano a ottenere vini salubri e di alta qualità, anche in un contesto di cambiamento climatico.

Nello Gatti
Vendemmia tardiva 1989, poliglotta, una laurea in Economia e Management tra Salerno e Vienna, una penna sempre pronta a scrivere ed un calice mezzo tra mille viaggi, soggiorni ed esperienze all'estero. Insolito blend di Lacryma Christi nato in DOCG irpina e cresciuto nella Lambrusco Valley, tutto il resto è una WINE FICTION.