Napoli oltre pizza: guida ai ristoranti che propongono un’offerta di alta qualità e grande attenzione alla carta vini.
di Marco Colognese
Napoli è una di quelle città che ti entra dentro fin dalla prima volta che ci arrivi. Un luogo relativamente al quale gli stereotipi si sprecano, una bellezza assoluta vittima di mille pregiudizi. Perché non ci si può fare un’idea di Napoli senza averci camminato, non avendola vissuta almeno un po’. Da lì in poi non si può restare indifferenti, ma di solito ci si innamora. Dei colori, dei suoni e dei rumori, di un traffico che ha regole tutte sue e che basta apprendere per far sì che diventi un flusso comprensibile. Napoli è tante cose che qui sarebbe difficile raccontare. Di sicuro, soprattutto negli ultimi anni, la città si è affrancata da una tradizione che la vorrebbe tutta pizza, pur sublime, dato che l’arte del pizzaiolo partenopeo è stata riconosciuta niente meno che come patrimonio culturale immateriale dall’Unesco. La Napoli dei sapori avrebbe bisogno di un corposo volume per essere descritta, così qui ci limiteremo a darvi una nostra idea di quelli che sono i ristoranti che meritano di essere conosciuti oltre che per un’alta qualità dell’offerta, anche per la loro attenzione al mondo del vino.

Iniziamo con la lettera a di Aria, l’elegante locale il cui progetto porta la firma del gruppo J.Co in quello che è considerato il cuore della ‘city’ napoletana. Re della cucina è il bravissimo Paolo Barrale, natali siciliani, campano adottivo e ligure dalla parte della mamma: inevitabile una conoscenza profonda del mare e una forte propensione a proposte di pesce che però non sono le sole nei menu degustazione (Aria di Casa e Boccata d’Aria). Si pesca infatti a mani basse dalla tradizione campana ma c’è anche una propensione verso tecniche e ingredienti non autoctoni. Tra i piatti, tutti originali, “Miseria e Nobiltà”, ispirato al celebre film con Totò e ormai classico dello chef in cui alla ‘povera’ mollica di pane e alla cipolla si mescola la ricchezza di ostrica e caviale o un polpo ‘alla luciana’ con spuma di patate, paprika affumicata, polvere di lattuga di mare e limone. Ad accompagnare le pietanze una carta dei vini, curata da Serena de Vita, che comprende trecento etichette selezionate con attenzione tra Italia ed estero con un occhio di riguardo alla ricchezza regionale, non scontate e mirate a valorizzare piccoli vignaioli e produzioni più artigianali.

È senza ombra di dubbio uno spettacolo unico, perché si va da Posillipo al Vesuvio, con il Golfo in tutta la sua bellezza, quello che si gode dalla terrazza panoramica del George. Il ristorante, di notevole eleganza, è all’ultimo piano del Grand Hotel Parker’s nel quartiere di Chiaia e prende il nome dal celebre biologo marino inglese George Parker Bidder il quale rilevò la proprietà dell’albergo a fine ottocento. Qui lo chef Domenico Candela, in un ambiente raffinato, caldo e ovattato, propone una cucina di grande finezza e gustativamente seducente, con piatti come ‘Fragranza d’infanzia’, gnocchi di patate con ceci in tre colori e consistenze, pil pil di trippa di baccalà, limone nero fermentato e olio all’aneto. Si può attingere a una cantina notevole, forte di circa ottocento etichette tra Italia e Francia, di piccoli e grandi produttori. A quest’ultimo proposito, accanto al George si trova la Krug Lounge dove godere di un aperitivo o di una sosta rilassante per il dopo cena.

Palazzo Petrucci è il simbolo del sodalizio tra un imprenditore appassionato come Edoardo Trotta e lo chef Lino Scarallo. Nel 2016 da piazza San Domenico Maggiore il ristorante si trasferisce sulla spiaggia di Villa Donn’Anna a Posillipo, luogo anch’esso incantevole che consente una magnifica visione panoramica sul golfo, spaziando da Capri, a Castel dell’Ovo, al Vesuvio dietro la rocca con il Castello. Dalla cucina a vista arrivano piatti gustosi e realizzati con grande cura, come le candele con vitello, lime, pepe e maionese alle ostriche. La carta dei vini, corposa e interessante, guarda al panorama enologico di ogni parte del mondo, con una notevole, immancabile selezione di vini campani e conta un migliaio di referenze.

Anche Veritas, come Palazzo Petrucci, è un ristorante membro de Les Collectioneurs, associazione fondata da Alain Ducasse. Ci si trova ancora nel centro cittadino, ma distanti dai luoghi più trafficati, nei pressi del celebre castello Aselmeyer di Lamont Young. Veritas nasce nel 2007, quando Stefano Giancotti, medico odontoiatra con la passione per l’alta cucina, prende la decisione di trasformare quello che era stato un pub in wine bar, idea all’avanguardia per quei tempi in una Napoli ancora poco reattiva nei confronti delle novità. La cucina è in mano a Carlo Spina, chef esperto con una formazione legata alla grande tradizione alberghiera partenopea e al lavoro con maestri di fama come Igles Corelli e Gennaro Esposito. L’ambiente è raccolto ed elegante: qui si propone una cucina in cui tutto parte da Napoli per allargarsi ovunque, concentrando al massimo sapori e sfumature, come nel caso della spigola al vapore di acqua di mare, ‘furikake’ mediterraneo, cozze e fagioli di Controne ed erbe aromatiche. La carta dei vini, interessante e ben fornita, si concentra su piccoli produttori e vignaioli che praticano principi etici e sostenibili.

Milleseicento sono le etichette della ricca cantina di CrudoRe’ in via Poerio, a pochi passi da Piazza dei Martiri e appena dietro al lungomare. Metà di esse sono francesi, dall’Italia e da altri paesi del mondo le restanti. Questo è un bel locale in cui regna una sorridente gestione familiare di cui Gianni, la moglie Lina e la sorella Antonella sono i punti di riferimento e la cui ispirazione in cucina arriva dal mare. Non a caso quindi il nome che lo caratterizza e ne identifica il debutto nel 2009 nella vecchia sede con l’idea di abbinare crudi di grande qualità e Champagne. Ora si possono gustare anche piatti più elaborati, come l’ottimo pesce (a seconda del mercato) alla plancia con pancetta di pata negra e peperoncini verdi.

Tra le aperture più recenti due sono certamente da raccontare, a partire dal progetto Luminist, portato avanti da quell’eclettico personaggio che è Giuseppe Iannotti, due stelle Michelin al Krèsios di Telese Terme nel beneventano. Il suo è un polo della ristorazione che si snoda su spazi e livelli differenti con quattro aree dedicate ad altrettante, interessanti e divertenti proposte gastronomiche alle Gallerie d’Italia, museo di Intesa Sanpaolo: caffetteria e bistrot, cocktail bar e fine dining all’ultimo piano, il 177Toledo. Qui, con una magnifica terrazza da cui si ammira la Certosa di San Martino e si gode di una vista stupenda sul centro storico, la proposta di Iannotti con l’executive Antonio Grazioli è quella di una personalissima visione della cucina napoletana con due menu che richiamano altrettanti numeri della smorfia, il 71 ‘l’uomo senza valore’ e il 22, ‘il folle’ e rivedono in chiave istrionica piatti della grande tradizione come “pizza”, “mozzarella in carrozza” e “capitone” “o’ raù” e la “parmigiana di melanzane”. Va da sé che la carta dei vini non potesse che essere di quelle interessanti, già molto ben fornita di etichette che seguono l’attuale tendenza del ‘naturale’ come si deve.

Altra novità di rilievo è ScottoJonno del procidano Marco Ambrosino, cuoco dall’anima multidisciplinare (si veda il Collettivo Mediterraneo) che da Milano è tornato in Campania con un’idea abbinata a un sapiente recupero da parte dell’imprenditore Luca Iannuzzi. Parte dalla colazione e mette insieme caffè, bistrot, salumeria, cocktail bar e ristorante di alta cucina, ma soprattutto una grande biblioteca a cui si può accedere dalla mattina alle due di notte, partita con milleottocento volumi ma destinata a moltiplicarsi. Ci si trova tra il Museo Archeologico, il Teatro Bellini e l’Accademia di Belle Arti su quasi seicento metri quadrati con due cucine e tre livelli, dedicati allo spirito di Vincenzo Scotto Jonno, della Belle Epoque e del suo cafè chantant di fine ottocento. Sustanza, al primo piano, è il locale più esclusivo. Nella carta dei vini si contano già trecento referenze di piccoli produttori e vignaioli artigianali, da abbinare a piatti di notevole impatto gustativo che connotano lo stile originale di Ambrosino, come la ‘chiajozza’ con crudo di cannocchie cavolo cappuccio, olio di pino marittimo e gelato di riccio di mare.

In via Foria, sull’asse che da Capodichino conduce verso il centro di Napoli, ecco un locale ‘da numeri’, sempre affollatissimo (una ragione c’è), con una cantina inaspettatamente ricca e interessante e una bella profondità di etichette e annate. Si tratta di quel grande intramontabile classico che è la Figlia d’’o Marenaro, il locale di Assunta Pacifico che da oltre sessant’anni celebra il patrimonio gastronomico della città e del suo mare. Qui si viene per piatti dalla lunga tradizione, dal polpo alla luciana, alla frittura di alici, agli spaghetti con le vongole. Non manca la pizza preparata secondo i dettami della STG, ma non si può perdere la leggendaria zuppa di cozze, un piatto che in questo locale è stato destagionalizzato a furor di popolo. Al piano superiore il ristorante più raccolto e moderno del giovane figlio della titolare.

Vinarium è nel quartiere di Chiaia, proprio a ridosso di piazza dei Martiri e da più di trent’anni rappresenta un luogo di incontro per gli appassionati del buon bere. Accogliente e confortevole con il suo stile rustico, mattoni a vista e mensole cariche di bottiglie di ogni genere, ha un’ampia scelta al calice e una carta che comprende oltre seicento referenze. Si può bere molto bene, quindi, sia gustando taglieri di ottimi salumi e formaggi, sia dedicandosi a un menu che prevede piatti come il buon baccalà alla brace con salsa al pomodoro datterino e terra di olive nere.

Centralissimo e con una storia ultraventennale, nella quiete di un vicolo a due passi da via dei Mille, è L’Ebbrezza di Noè, locale di Luca Di Leva, sommelier appassionato. Il nome è quello un famoso affresco di Michelangelo conservato nella volta della Cappella Sistina. Luca ha studiato all’Accademia di Belle Arti, ma a Napoli questo nome è rilevante soprattutto per gli amanti del vino, perché qui si può mangiare circondati più di duemila etichette di ogni genere, a partire dalle più blasonate, selezionate con cura e attenzione estreme. ‘Tavola calma’ è il claim di questo posto che vale la pena scoprire anche per la cucina affidata a cuochi con esperienze importanti all’estero e in Italia che preparano piatti gustosi, di terra e di mare, rispettando stagioni e materie prime.
Foto copertina Grand Hotel Parker’s, Ristorante George