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Marsala vigne

Da Trapani a Marsala nel sole, nel sale e… in tavola

Tempo di lettura: 4 minuti

Si atterra a Florio per viaggiare sulla costa occidentale della Sicilia, alla scoperta di stazioni senza treni, buona cucina, pesce, vino, piccoli e grandi produttori

di Nello Gatti

Un evento estivo annuncia un grande flusso verso le coste occidentali siciliane. Non c’è persona che non mi abbia risposto “mì, Tsc’rapani” quando comunicavo la destinazione. A mia sorpresa, noto che anche qui c’è un aeroporto, seppur piccolino, che risponde al nome di Birgi o meglio Vincenzo Florio, tutt’altro che una coincidenza. L’aeroporto è pressoché deserto e anche le navette che raggiungono le principali destinazioni turistiche sono a malapena scovate da qualche turista in panama e borsello. Marsala, San Vito lo Capo, Trapani… basterebbe scandirle meglio per comprendere il paradosso: qui la stazione c’è ma i treni no, se le si vuole raggiungere, spera in un bus o noleggia una macchina. La mia porta a Trapani città, dove il mare sembra entrare nelle mura color sabbia di questo documentario dell’Italia nostalgica del secondo dopoguerra. Negozi di souvenir a dar gran sfoggio di coppole, icone e maglie del Padrino, gelaterie ogni 50 metri e quell’immancabile sfilza di ristorantini che, un po’ per malizia e un po’ per pigrizia, sorridono all’occhio ingenuo del turista.

Nello Gatti in sicilia vigneto

Contrariamente da Marsala, dove alcune sedi storiche risiedono proprio nel centro della città, a Trapani non ci sono cantine all’interno del perimetro urbano e malgrado l’importanza commerciale, scarseggiano anche le enoteche e i rivenditori specializzati. Ma da questo porto ci aspettiamo grandi abbuffate di pesce, quelle da pubblicare nelle storie Instagram e che ci facciano sentire lontano dai grigi caos delle nostre routine in Penisola. Mi fermo così al ristorante Poseidone a due passi dal molo per due motivi: uno per mangiare da Dio, due per chiedere informazioni circa le prossime destinazioni.

L’accoglienza è come la cadenza: autentica, piacevole, sorridente… e il circondario che non è riuscito a svilupparsi come potrebbe non ha scalfito minimamente l’animo buono e generoso di queste persone. I crudi di mare e le proposte di sushi sono elaborati da cena di gala, ma piacevoli come il pranzo della domenica. Si assaggiano vini locali e da qui nasce il confronto affinché io possa ottimizzare la mia permanenza con qualche visita.

“Dove mi consigli di andare Umbè?”

“Vai da Firriato, sono grandi amici miei, anzi adesso li chiamo e gli dico che ti mando io”. Dopo questa frase ero già su di giri, ma rientrato da una sigaretta e col telefono in mano risponde: “mi dispiace, ma oggi e domani hanno un matrimonio e non accettano nessuno”.

“Ma per caso conosci anche Florio o Donnafugata?”

“Sì, sì, ma quelli se la tirano, vai piuttosto da uno più piccolo”.

Fu così che scattò un toto-cantine in cui a spuntarla sono stati due nomi a me non troppo distanti, ma ancora tutti da scoprire: Al Feu e Barraco.

Il primo avevo avuto modo di conoscerlo tramite social, poi ci eravamo incontrati all’evento Slow Wine di Bologna fino a vederci e rivederci in giro tra manifestazioni e fiere, portandoci finalmente dai banchi d’assaggio all’assaggio in vasca. Mentre il secondo l’avevo notato su qualche listino e il suo nome veniva spesso fuori quando si parlava di Sicilia autoctona e libera, di quelle che si sono scrollate di dosso l’onnipotenza del voler rappresentare l’intera Trinacria e sono piuttosto concentrare nel fornire la loro piccola porzione di vigneto. Così mi sono ritrovato a parlare con i piccoli, ruggenti e audaci siciliani che un nome c’è l’hanno già nel DNA ma è ancora da consolidare quando si squadrano le vetrine delle enoteche. Da loro ho capito i piccoli dettagli che implicano grandi sforzi, in vigna come in cantina, incatenando le loro conversazioni di benessere o malessere locale a quei temi globali quali il cambiamento climatico, l’aumento dei costi e la percezione media dei vini al ribasso. Un primo approccio alla Sicilia occidentale più che soddisfacente devo dire.

Cantine Florio

 

Adesso però, dobbiamo capire dove nasce questa storia, o meglio, dove parte, dirigendoci quindi via mare a Marsala, il “porto di Dio” che ha permesso il primo approdo all’Italia unitaria. Qui c’è l’imbarazzo della scelta, tra cantine e granite, richiami storici e vetrine, lasciandoci subito intendere che un pilastro di storia è ancora qui tra noi, quasi intatto. Si parte dunque da Florio, meglio se denominati “i Florio” viste le generazioni che hanno creato, implementato, consolidato e poi distrutto un’egemonia sull’isola tale da dedicargli una recente un romanzo di grande successo e una serie tv ma ancor prima di questo, di vantare nella sua schiera amicizie e parentele del calibro dei Rotschild. Nata nel 1833, le vecchie botti incastonate nelle spesse mura di questa cantina fanno da scenario ad una puntata di Quark che vede in questo rettangolo rotte di mercanti inglesi, un fiorente commercio e quell’ascesa al potere di una delle famiglie più importanti dell’Isola.

Il Marsala è un vino non sempre apprezzato eppure tra i più rinomati della sua categoria, quella che la identifica spesso in carta sotto la voce “dessert wine”. Ma una volta qui si capisce subito che l’errore parte da noi, in quanto lo si vuole relegare a un momento preciso e uno stereotipo piuttosto che andare in profondità sulla materia, un luogo comune che lo accomuna in un certo senso all’aceto balsamico di Modena, cui erroneamente pensiamo sia un semplice condimento a base di mosto cotto ignorando la magnificenza che si cella alla magica dicitura “tradizionale”. Marsala è un po’ un mix di famiglie riunite sotto la stessa categoria, come gli approdi arabi e quel consenso britannico che hanno giovato su questo territorio, dove le sigle “vergine” o “secco” ci aprono la mente a più scenari e una gamma più vasta di abbinamenti, senza escludere il fatto che un buon calice sta bene anche da solo quando accompagna i nostri pensieri. All’uscita della Cantina, un cielo rosso solleva il mare e le saline che ci accompagnano sulla strada del ritorno, ritrovandoci come in una Via Condotti siciliana dove al posto delle vetrine dei brand di moda scorciamo Donnafugata, Cantine Fina, Pellegrino, Martinez, Caruso & Minini. Sicuramente non basterà questo viaggio per delineare lo scenario attuale di questo angolo salino di costa siciliana, ma è riuscita a farci respirare l’aria non sempre dolce, come il suo Marsala, della sua cultura vitivinicola.

Nello Gatti cantine Fina
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Nello Gatti

Vendemmia tardiva 1989, poliglotta, una laurea in Economia e Management tra Salerno e Vienna, una penna sempre pronta a scrivere ed un calice mezzo tra mille viaggi, soggiorni ed esperienze all'estero. Insolito blend di Lacryma Christi nato in DOCG irpina e cresciuto nella Lambrusco Valley, tutto il resto è una WINE FICTION.

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