di Nello Gatti
Non solo spiagge dorate e vacanze low cost dall’altro lato dell’Adriatico. Il Paese delle aquile è infatti regno di antichissime tradizioni adagiate su uno stile rurale, vitigni autoctoni e piccole produzioni pronte a far breccia nel mercato globale. Siamo andati a scovarle in lungo e in largo per il Paese fino a ritrovarle, riunite sotto l’egida di una propria associazione, durante l’ultima edizione di Open Balkan, evento tenutosi a Belgrado dal 16 al 19 novembre. Quattro produttori provenienti da latitudini diverse ma con una visione simile: riprendere il volo.
Parola al loro leader, Flori, albanese dall’accento italiano e titolare di UKA, una Cantina che sogna di racchiudere la variegata traccia albanese nei propri vini.
Florian, dell’Albania conosciamo a malapena Tirana e qualche città di mare. Puoi darci qualche coordinata e indicarci dove si trova UKA?
Cantina Uka si colloca nel centro del Paese, nelle zone rurali in prossimità della capitale Tirana. È nata nel 2005 con una fortissima motivazione che mi ha spinto a lanciarmi un po’ nel vuoto, in quanto prima generazione in questa avventura nella produzione di vino, ma come vedrete nei miei vini, coraggio e forza di volontà non mancano.
Una domanda su tutte: perchè?
L’obiettivo finale parte da lontano, infatti la scelta è andata via via affinandosi e dopo aver trascorso circa 5 anni in Italia lavorando presso cantine in Friuli e Veneto, oltre ad aver studiato enologia all’Università degli studi di Udine e Conegliano, mi sono deciso, era il momento di raccoglierne i frutti e farlo dove avevo lasciato il mio cuore. Inoltre, i continui studi e la profonda conoscenza del territorio mi hanno permesso di scoprire la grande ricchezza di storia e la molteplicità di vitigni autoctoni che legano l’Albania al vino da millenni.
Eppure questa storia è sconosciuta ai più, come mai?
Questo Paese ha vissuto momenti molto bui, alcuni recenti ed altri più in là nella timeline, come il dominio ottomano che a mio avviso non ha assolutamente valorizzato o influenzato in termini positivi la nostra cultura. Oggi la nuova generazione di enologi sta scavando attraverso i vuoti di questo passato, ripristinando i tesori a noi sottratti per troppo tempo e scoprendo i veri valori di questa mappa sconosciuta al resto del mondo.
Un lavoro di identità nazionale oltre che di singola Cantina mi pare di capire. Come ti stai muovendo per raggiungere il tuo obiettivo?
Fin dall’inizio, la nostra intenzione è stata quella di andare alla ricerca di famiglie e produttori in modo da creare un sistema collettivo in cui poter esprimere il massimo potenziale di ognuno, studiando i terreni e le varietà per anni custodite dai nostri artigiani locali, seguendo un sistema simile alle vostre cooperative. Ad oggi quasi 200 famiglie collaborano in UKA e ho il piacere di rappresentare ogni angolo dell’Albania, dalle località più conosciute ai luoghi più remoti in cui le parcelle di vigneto possono anche essere inferiori a 1 ettaro.
Che idea ti sei fatto da qui a qualche anno, dove vuoi arrivare il tuo progetto?
Voglio dare un orizzonte ai nostri valori attraverso la biodiversità e il carattere del mio Paese, cogliendone ogni sfumatura e peculiarità.
Lo scopo della cantina è quello di creare una sorta di database, in cui zone e varietà autoctone siano oggetto di continua ricerca in modo da poter perseguire l’eccellenza nei nostri vini.
Per quanto riguarda poi la cantina in quanto struttura fisica, sogno di poter ospitare in futuro un museo del vino che possa accogliere i winelovers da tutto il mondo alla scoperta dell’Albania.