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Roberto Girelli

Lugana, salta un terzo dell’annata 2023. “È l’occasione per alzare il posizionamento”

Tempo di lettura: 4 minuti

Parla il vicepresidente del consorzio di tutela, Roberto Girelli. “I nostri vini sfidano il tempo, investiamo e attrezziamoci per tenerli in cantina”

di Andrea Guolo

Due giorni neri, il 25 aprile e il 24 luglio, hanno segnato l’annata 2023 per il Turbiana, vitigno di riferimento nel territorio compreso tra le province di Brescia e Verona nel versante sud del lago di Garda: in una sola parola, Lugana. Due mega grandinate, la prima in fase di post germogliamento e la seconda con l’uva già in piena maturazione, si sono scatenate in quei giorni e hanno fatto saltare una parte importante del raccolto. In particolare, l’evento di luglio ha devastato le campagne attorno al simbolo storico del territorio, la torre monumentale di San Martino della Battaglia. “A conti fatti, abbiamo perso un terzo delle uve, con zone più o meno colpite”, racconta Roberto Girelli, imprenditore a capo con i fratelli Claudio e Valentino dell’azienda Montonale e vice presidente del Consorzio di tutela Lugana Doc. 

Una bella botta… con quali conseguenze? 

Certamente il percorso di crescita degli ultimi dieci anni, nel corso dei quali la denominazione è salita da 18 a 28 milioni di bottiglie, subirà uno stop. I danni non hanno riguardato soltanto il raccolto. Nel caso di Montonale, va messo in conto anche il danneggiamento all’impianto fotovoltaico da cui ricaviamo tutta l’energia elettrica necessaria per le nostre attività. La grandine lo ha devastato.

Aumenterete i prezzi delle bottiglie?

Il consorzio non può imporre una linea, le politiche commerciali spettano alle singole aziende. Certamente può spingere sui produttori affinché da questa situazione critica si crei l’opportunità di un salto di qualità del Lugana. Del resto, in prospettiva, non potremo crescere molto a livello quantitativo perché il territorio è limitato e nessuno intende allargare la denominazione. Poiché i terreni scarseggiano, occorre crescere a livello di posizionamento e di valore percepito, visto che la qualità non manca. C’è spazio per farlo, nonostante il Lugana sia già uno dei vini bianchi italiani dal prezzo più elevato a scaffale.

Con quali azioni pratiche si può aumentare il posizionamento?

Il Lugana regge la sfida del tempo, è un vino che può ritardare l’uscita nel mercato e oggi siamo qui, a Milano, per dimostrarlo con il nostro Orestilla (degustato in una verticale di cinque annate, salendo fino al 2016, ndr). Noi, come altre aziende della denominazione, cerchiamo di tenere i vini in cantina perché la longevità aumenta il valore percepito. È chiaro che questa strategia comporta investimenti importanti, perché non è pensabile che i ristoratori possano sostituire le cantine alle quali spetta l’azione di ritardare l’uscita nel mercato, tenendo i vini nelle migliori condizioni possibili per la corretta maturazione in bottiglia. E spetta sempre a noi uscire al momento giusto con listini che vanno in profondità. Pertanto, in prospettiva, dovremo attrezzarci in maniera adeguata.

Com’è finita la questione Tav, con il passaggio dell’alta velocità ferroviaria che minacciava i vigneti esistenti in Lugana?

Siamo riusciti, dialogando con i comuni e con la società del gruppo Ferrovie dello Stato, a intervenire nella progettazione modificando il percorso e limitando i danni. Inizialmente l’impatto era previsto su duecento ettari vitati, alla fine ne perderemo una sessantina. Un mezzo successo, in definitiva. E a volte bisogna accontentarsi delle soluzioni di mediazione.

Vista aerea Montonale e vigneti

Numeri alla mano, quanto potrà crescere la denominazione come superficie?

A oggi gli ettari vitati sono circa 2700. Al massimo potremmo arrivare attorno ai quattromila ettari, ma per farlo dovremmo sacrificare tutte le altre attività agricole, e non è questa la via che bisogna seguire. Sarebbe un po’ come fare “tavola rasa” per massimizzare la produzione vitivinicola. Invece il futuro del Lugana, secondo me, passa attraverso l’integrazione tra viticoltura e ambiente, il rispetto delle altre colture, il mantenimento delle siepi, degli alberi, della biodiversità.

Il disciplinare resterà invariato?

Lo stiamo ritoccando, andando a correggere certi anacronismi legati al passato, come per esempio l’utilizzo del tappo a vite anche sulle riserve. Siamo solo all’inizio di un percorso che non è affatto semplice, come ogni modifica di disciplinare.

La Germania è notoriamente la destinazione più importante per i vini della denominazione. Si tratta di un limite o di un punto di forza?

Dipende dal momento storico. Ora, per esempio, la Germania sta soffrendo e per tutti noi questo può rappresentare un problema: non solo in chiave export, ma anche per il consumo locale, perché il bacino del Garda è rilevante per il Lugana e una buona parte delle bottiglie viene ordinata nei ristoranti dai turisti di lingua tedesca. Come Consorzio, ci rendiamo conto della necessità di differenziare i mercati esteri e stiamo lavorando in questa direzione. Le aziende leader, del resto, sono già presenti in buona parte del mondo e vediamo che il Lugana, se proposto nella maniera giusta, è apprezzato un po’ ovunque.

Quanto pesa oggi la Germania? 

All’incirca il 75% dell’export è destinato al mercato tedesco. E l’export, a sua volta, rappresenta il 70% delle vendite totali. Va poi considerato il peso del consumo locale da parte dei turisti tedeschi. Stiamo parlando di stime, perché al momento nessuno conosce con esattezza i dati. Per questo uno degli obiettivi del consorzio è la realizzazione di un Osservatorio che ci permetterà di sapere dove va esattamente il nostro vino.

Chiudiamo con la ristorazione. Quali sono le azioni promozionali previste da parte del Consorzio?

La strategia è orientata più sul consumer che sull’horeca. Tutti gli eventi del 2023, a partire dalla Milano Wine Week con l’iniziativa “Armonie senza tempo” per arrivare alle masterclass organizzate a Roma, Venezia e Firenze, erano focalizzati sul cliente finale e sarà così anche il prossimo anno. Siamo convinti che agire sul consumer sia utile anche per il ristoratore, il quale non dovrà prendersi in carico la promozione della denominazione. I clienti che arrivano al ristorante conoscono già il prodotto e le sue caratteristiche, a partire dalla duttilità che lo rende abbinabile a tanti tipi di cucina, compresa quella fusion. Per esempio, la mineralità e la sapidità del Lugana ne determinano l’apprezzamento da parte dei clienti asiatici. Si apre quindi un fronte molto interessante in chiave prospettica.

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