Buono, pulito, “giusto”: la rivoluzione del vino che fa bene all’ambiente e al futuro

Tempo di lettura: 3 minuti

di Federico Gordini e Emma Pagano

Giancarlo Gariglio è curatore della Slow Wine Fair, punto di riferimento per il vino sostenibile che ritorna a Bologna dal 25 al 27 febbraio per la terza edizione con 1000 produttori: in 25 anni di attività ha contribuito in prima persona alla trasformazione di un settore che oggi si trova a far fronte a sfide senza precedenti, in primis quella climatica. E proprio il vino potrebbe essere una chiave per affrontarla

Quest’anno la Slow Wine Fair torna in un’edizione ancora più grande, con più espositori, iniziative e territori coinvolti. Cosa possono aspettarsi i consumatori che partecipano all’evento?

Sicuramente troveranno una maggiore varietà con un aumento del 40% degli espositori, che quest’anno sono 912 rispetto ai 647 dello scorso anno. Oltre agli italiani, noteremo un aumento significativo della presenza straniera da 27 Paesi diversi. Anche se i francesi rappresentano il 30% del totale, ci sono espositori da Austria, Spagna, Giappone, Svezia e Azerbaijan. In tre edizioni ci stiamo avvicinando al nostro obiettivo originale di coinvolgere un 30% di partecipazione straniera nella fiera.

Qual è stato il ruolo dei consumatori negli anni passati e cosa ti aspetti per quest’anno?

La Slow Wine Fair è il risultato della collaborazione tra produttori, consumatori e professionisti, e quindi i consumatori svolgono un ruolo importante. La domenica è dedicata a loro e lo scorso anno rappresentavano il 20-25% dei 10.000 visitatori totali. Sebbene numericamente non siano la maggioranza, il loro ruolo è significativo: anche i produttori sono sempre più consapevoli dell’importanza di coinvolgere i consumatori finali.

Il pubblico alla Slow Wine Fair 2023

Recenti ricerche di mercato, specialmente tra i giovani, mostrano che molti non bevono più vino. Quanta responsabilità ha il mondo del vino in questo, soprattutto per non aver coinvolto abbastanza i consumatori?

La responsabilità è condivisa. Anche noi che ci occupiamo di comunicazione dobbiamo migliorare, evitando linguaggi astrusi e approcciando il vino da punti di vista che possano interessare i consumatori. È importante rendere il vino accessibile a tutti con iniziative che li coinvolgano davvero, oltre agli aspetti commerciali.

Come vedi l’Italia del vino tra 20 anni? Sarà necessario cambiare vitigni o dedicarsi ad altri settori come quello dealcolato? Ci sarà più selettività nella domanda?

Con i cambiamenti climatici è difficile fare previsioni a lungo termine. Chi non potrà produrre vini di qualità potrebbe orientarsi su altre bevande. Tuttavia, non vedo un futuro negativo per i vini di qualità, che saranno sempre più sostenibili, anche se con produzioni più limitate e prezzi più alti.

Qual è l’area emergente italiana e internazionale che più ti ha sorpreso per la crescita qualitativa?

Credo che il Sud Italia, in particolare Campania, Sicilia e Sardegna, sarà l’area del futuro. C’è ancora una sottovalutazione del valore dei loro vigneti, nonostante la popolarità crescente dei loro vini bianchi e fenomeni come quello dei vini etnei. Anche vitigni come Cataratto, Grillo, Greco e Fiano in Campania diventeranno protagonisti.

Il mondo del vino oggi rispetto a 25 anni fa ti piace di più?

Sì, molto di più: quando mi sono avvicinato a questo mondo, c’era una bolla nel settore vinicolo con una forte influenza dell’enologia californiana o bordolese. Si enfatizzava  l’enologia e si faceva meno attenzione all’agricoltura. Oggi le cose sono diverse, si valorizzano di più le caratteristiche del territorio e delle uve. Gli agronomi hanno acquisito maggiore importanza rispetto agli enologi e la produzione segue metodi meno invasivi, che esaltano gli aromi naturali dell’uva piuttosto che mascherarli. I vini sono meno forzati, si lascia parlare la terra e l’uva. Insomma, oggi il settore rispecchia meglio i miei gusti e la mia filosofia in fatto di vino.

Uva madrasa, Azerbaijan, Presidio Slow Food

La parola “naturale” crea sempre discussioni. Fino a che punto è giusta? È diventata solo una moda?

Il termine “naturale” può trarre in inganno soprattutto se interpretato letteralmente o a fini di marketing, ma ha fatto conoscere vini che prima non si consideravano. Ha spinto a lavorare meglio la terra. Certo a volte si esagera, ma ha portato dei cambiamenti.

Il mondo del vino deve competere sempre più all’interno dell’industria del Beverage: birre, cocktail e bibite analcoliche crescono in influenza e spendono di più in marketing e comunicazione. Come può il settore vino colmare il divario?

Il vino ha un grande vantaggio: la vigna, che aiuta l’ambiente e il futuro. Attraverso una produzione virtuosa passa anche una rivoluzione agricola importante: a Bologna si ritroveranno 1000 produttori di cui più del 50% biologici, sostenibili dal punto di vista ecologico ma anche finanziario. Tra le bevande, solo il vino può fare del bene all’ambiente.

 

Per informazioni e biglietti sulla Slow Wine Fair è possibile visitare il sito

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