Giacomo Malfer

Il futuro giovane e radioso del Trento Doc

Tempo di lettura: 4 minuti

Il ruolo della Next Generation nel mondo del vino attraverso gli occhi di Giacomo Malfer alla guida dell’azienda vinicola Revì. La sua formula: sostenibilità, buoni rapporti e soprattutto un nuovo modo di comunicare

di Camilla Rocca

Ad Aldeno, nel cuore del Trento Doc, nasce l’azienda vinicola Revì esattamente il giorno di Natale del 1963, quando a casa Malfer viene stappata la prima bottiglia di metodo classico della famiglia. Da lì nasce anche il nome della cantina, “Re vin”, Revì.

Ne abbiamo parlato con Giacomo Malfer, 34 anni, laurea specialistica in marketing d’impresa all’università di Trento, tanti stage, come quello in Valpolicella presso l’azienda Allegrini, e la grinta giusta, oltre alla preparazione, per portare avanti una cantina che scalpita nel mondo del Trento Doc.

Cos’è per te la Next Generation nel mondo del vino? E perché pensi sia un tema così forte in questo momento storico

Stiamo assistendo a molti cambiamenti della società nelle relazioni, nelle priorità e nei consumi. Credo che le nuove generazioni possano meglio interpretare i nuovi desideri, valori ed esigenze che il nuovo pubblico dei propri coetanei rappresenta. Con questo non intendo solo le nuove generazioni così come sintetizzate dalla sociologia. Ma penso in maniera più ampia tanto ai nuovi consumatori quanto a quelli già fidelizzati che hanno fortemente variato le proprie abitudini.

Ecco il giovane, meno fossilizzato dalle esperienze passate, può essere duttile interprete di questo cambiamento. Infine credo che la freschezza intesa come giovinezza e novità, scarna dal passato e da vecchi retaggi o strascichi, possa interpretare al meglio il valore della pluralità.

Una comunicazione fresca, giovane… Chi è il cliente del futuro? 

La comunicazione rappresenta proprio il ponte di collegamento fra la tradizione, anche in temini di prodotto, e le nuove esigenze. Certamente non è solo vestendo una ADV con abiti moderni e attuali che si arriverà al cliente del futuro. Il prodotto rappresenta sempre il valore principale, capace di soddisfare il cliente. È vero però che aumentare la brand heritage caricherà di significato il consumo e godimento di quello stesso prodotto e per poter far breccia nella moltitudine – eccessiva – di stimoli quotidiani a cui siamo esposti ogni giorno si deve attivare una comunicazione fresca e dirompente. Logicamente giovane.

Sostenibilità nel vino: un modo per riempirsi la bocca o importa davvero alla Next Generation?

La sostenibilità non è un valore che si può confinare solo in uno o in un altro settore, è ormai noto e consolidato come la Next Generation la richieda e la ricerchi. Nonostante la frenetica velocità delle nostre vite e dei cambiamenti a cui siamo esposti si cerca di informarsi, è vero con una comunicazione flash e per elenchi puntati, ma nel profondo, guardando dietro ad un’etichetta e questo non solo nel mondo del vino ma anche del cibo, del fashion e così via…

 

Quanto è importante, oggi, avere un volto in azienda che racconti il brand?

I volti sono la sincerità, sono il contatto reale che si contrappone al virtuale, sono quello che nell’intimo ci accomuna. Ciò che con pregi e difetti ci avvicina, ciò che rende autentica una comunicazione aziendale e di brand. Ci piacciono gli influencer perché possiamo cercare di emularli, ma credo ci piaccia chi ci racconta un’esperienza, un prodotto, un vino o un Trento doc perché siamo sintonizzati meglio nell’ascoltarlo e nel seguirlo.

C’è stato qualche “scontro generazionale” da quando sei entrato in azienda

Sono stato molto fortunato in questo perché ho sempre trovato grande libertà di espressione e operatività. Più volte, per assurdo, ho sentito un peso di responsabilità, e credo questo mi abbia aiutato a crescere cercando di eccellere e non tradire la fiducia affidatami. E temo di essere stato molte volte più severo con me stesso rispetto a quanto lo sarebbe stata una figura esterna.

Credo che gli scontri generazionali siano comunque positivi se costruiti nel rispetto e nella volontà di ascoltare le diverse visioni. La rottura comunque ci deve essere perché se è vero che dalla storia si può imparare è altrettanto vero che solo guardando al futuro e alle nuove esigenze possiamo cogliere nuove opportunità. 

Importatori, commerciali, ti hanno mai “considerato meno” in quanto giovane? E all’estero?

All’inizio sono stato preso spesso sotto gamba. Non l’ho mai preso però come un affronto personale, ma come uno stimolo per fare ancora meglio rispetto a quanto mi fossi prefissato. In un mondo dove niente è regalato penso sia naturale poter avere un’avversione per chi ti sprona ad ulteriori sforzi senza una garanzia di raggiungimento e, lo è ancora di più, se a spingerti è un giovane con poca esperienza. Tutto naturale e normale insomma. Tuttavia, penso che la differenza la faccia sempre il tempo e la capacità di costruire relazioni vere, a volte non solo professionali, e durature con commerciali e importatori che credano nei valori della cantina e si sentano parte di un progetto.

Cosa vorresti dire agli altri vignaioli? un consiglio su come migliorare che noti spesso nei colleghi?

Non mi sento di dare consigli in quanto ognuno ha la sua visione, identità e stile. Credo fermamente nel valore e nella forza di fare squadra. Da Nord a Sud, fra grande e piccolo e fra storia e novità. Perché il mondo del vino, tanto meraviglioso quanto frammentato, ha bisogno di essere riconosciuto come un valore unico in tutto il mondo e così le varie zone di produzione e denominazioni. Facciamo gruppo che saremo più forti.

In Trentino Alto Adige la Next Generation del mondo del vino è unita? 

Direi proprio di sì, forse sarebbe da riprendere quello che avevamo iniziato con grandissimo entusiasmo qualche anno fa quando entrai nel mondo del vino.  Fin dagli inizi infatti con giovani colleghi, poi diventati amici, abbiamo condiviso molto: dai piccoli obiettivi ai pensieri più grandi, fino agli eventi e manifestazioni dentro e fuori dal Trentino e persino all’estero. Abbiamo organizzato diversi eventi e qualche giro di piacere e istruzione. 

Ecco, forse proprio queste ultime occasioni sarebbero da promuovere e mantenere come appuntamento fisso perché la condivisione di momenti piacevoli e diversi dalla routine lavorativa ci accresce e fortifica i rapporti.

Perché hai deciso di continuare la tradizione di famiglia?

Inizialmente non ero propenso a continuare, o meglio non scelsi agraria alle superiori perché pensavo di fare altro. In realtà poi con il passare degli anni e maturando mi avvicinavo sempre più a questo meraviglioso mondo e nonostante abbia fatto studi economici, anche all’Università, già iniziavo a collaborare in cantina, il passaggio è stato naturale. Sicuramente non aver avuto nessuna forzatura mi ha fatto scegliere con consapevolezza e oggi sono felice e orgoglioso della mia decisione.

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Camilla Rocca

Una passione per il mondo del vino che parte dalle origini, si è allargata all’enoturismo e ai racconti delle persone, di quei volti, quelle mani, delle storie che sono dietro alla vigna

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