Davide e Alessia raccontano i loro abbinamenti sartoriali, tra territorio e sperimentazione: “Il nuovo codice della strada? Il cliente per paura si butta sul calice, per questo deve essere scelto con ancora più attenzione”
di Alessandra Meldolesi
Il vino è presente fin dall’insegna al ristorante di Davide Palluda: all’Enoteca di Canale nasce infatti nel 1995 come parte di un progetto delle enoteche regionali piemontesi, volto a valorizzare oltre i blasoni, le produzioni di nicchia in luoghi devoti al vino, ma non ancora del tutto sviluppati. Erano anni in cui stavano prendendo forma nuove entità enologiche, che ancora non avevano un’identità propria. E accanto alla mescita e agli eventi, a forgiarle dovevano contribuire anche punti di ristoro dedicati. Di quel progetto trent’anni dopo resta solo All’Enoteca, grazie al talento di Davide Palluda, cuoco nato proprio a Canale, che esprime una squisita cucina neoclassica, consapevole di luoghi dove Bacco la fa da padrone. “Personalmente ho un ottimo rapporto col vino, che influenza la mia cucina. So che se molti avventori vengono in zona, è perché li spinge l’idea di trovare fermento e qualità elevata. Poi da appassionato mi piace bere, in particolare rossi fruttati non troppo corposi, il Nebbiolo e il Pelaverga, che trovo dinamico e curioso. Apprezzo in generale i vitigni autoctoni, che rappresentano bene l’identità del territorio. Ho anche qualche vigna di Barbaresco e Roero, che però ho ceduto in affitto”. Con lui dal 2013 c’è la giovane sommelier Alessia Bosco, originaria di Chieri, che dopo l’alberghiero Norberto Bobbio di Carignano in cucina, è stata catapultata un po’ per caso in sala e ha cambiato sponda, cosicché dopo il diploma AIS ha iniziato a mescere in un locale di Torino. “All’Enoteca sono partita in sala, poi sono passata in cantina quando il precedente sommelier è partito. Ho trovato una carta ben fatta, con una bella esposizione di Champagne, Borgogna e Mosella e una buona profondità sul Barolo. Con gli anni poi l’ho ampliata lungo due direttrici: le regioni francesi come Rodano e Alsazia, che stanno prendendo piede, più qualche Bordeaux, che resta difficile da vendere, da una parte; la profondità sul Roero dall’altra. Abbiamo intrapreso un percorso con i produttori della zona sia sull’Arneis che sui rossi, che oggi contano 300 etichette, oltre le 1500 generali”.
Palluda: La nostra collaborazione è modulata in due step. Ogni anno andiamo ad assaggiare in anteprima i vini che sappiamo abbinarsi meglio alla nostra cucina; poi nel pairing cerchiamo di incuriosire il cliente, scegliendo produttori meno noti o noti per altre bottiglie. Per esempio ci piace molto il Verduno Pelaverga, piccolissima DOC nata lo stesso anno del ristorante, che per le sue caratteristiche aromatiche si colloca perfettamente dopo il bianco. In un momento come questo in cui vige un clima di paura, il servizio al bicchiere deve essere ancora più attento e cucito sul piatto. Il cliente è curioso, vuole assaggiare più vini e per paura si butta sul calice, che non può essere scelto a caso. Mi sembra l’unico modo per continuare a far bere la gente.
Bosco: La norma è entrata in vigore dieci giorni prima di Natale e ci ha un po’ scosso. Nella vendita sono entrati in crisi soprattutto gli aperitivi, da tempo avevamo iniziato un percorso di cocktail che si è inchiodato anche sull’analcolico. A distanza di quasi due mesi, tuttavia, non si sente più di tanto. I più timidi prendono qualche calice, ma probabilmente c’è qualcuno al tavolo che si sacrifica. Vedremo cosa succederà in futuro, se ci sarà una pioggia di ritiri della patente, ma negli ultimi 20 giorni abbiamo registrato una piccola ripresa.
Sul nostro menu da 8 portate proponiamo un percorso di 6 calici: un metodo classico per cominciare, tendenzialmente due vini bianchi e due rossi, per finire con un vino da dessert, con l’alternativa del vermouth Cocchi sul soufflé di agrumi e vaniglia. Ma mi rapporto sempre con chi ho davanti: se sono della zona, mi sposto fuori regione; se invece vogliono assaggiare il territorio, non esco da Langhe e Roero. Davide mi lascia carta bianca; sono io che a volte, sapendo che alcune sfumature possono sfuggirmi, gli chiedo consiglio per trovare la quadra. Quando poi stanno per uscire i menu, assaggiamo insieme e magari lui mi chiede qualcosa di più fresco o più fruttato.
Alessandra Meldolesi
Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.