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Marco Spini

Marco Spini e l’equilibrio perfetto tra il vino e la tipica cucina cantonese

Tempo di lettura: 6 minuti

Al Ba Restaurant la cucina cinese incontra il vino, con una carta vini profonda e strutturata, custodita con estrema attenzione e ricercatezza dall’Head Sommelier Marco Spini

di Irene Forni

Un professionista attento, preciso, creativo, tecnico quando serve. La sua passione Marco Spini l’ha conosciuta da bambino, giocando nella cucina di famiglia e improvvisando le ricette de “la Cucina Italiana”. Poi, con gli anni, questa passione ha aperto per lui un’altra porta, facendolo sbirciare nella stanza del mondo del vino, dando inizio ad una carriera ricca e appassionata, fatta di esperienze e amore quotidiano.

Tutto ha inizio nel 1994, quando Marco inizia a frequentare il corso di primo livello per diventare Sommelier, dove conosce Giuseppe Vaccarini che sarà un importante punto di riferimento nella sua carriera, figura che Marco affiancherà per diverse collaborazioni come quella attuale in Aspi (Associazione Sommellerie Professionale Italiana), di cui è formatore.

La sua formazione lascia poi spazio al lavoro e le esperienze nel mondo della ristorazione sono sempre di più. Marco inizia a lavorare come commis – sommelier a “L’Osteria” di Milano, sul Naviglio Grande, al fianco di Franco Bisignani, del quale diventa in poco tempo, il braccio destro. Gli anni successivi saranno l’esplosione dei Navigli, con la nascita di molti locali, anni ricchi, formidabili ed irripetibili dove i legami di Marco con i protagonisti della ristorazione milanese crescono e si consolidano creando un vero e proprio gruppo di degustazione e condivisione del vino.

È nel 2016 che Marco approda al Ba Restaurant dove oggi ricopre il ruolo di Head Sommelier e dove il proprietario Marco Liu, gli affida la responsabilità di tutto il comparto beverage, lasciandoli massima libertà di creazione della carta vini e instaurando con lui un importante rapporto di fiducia e complicità.

Oggi, a distanza di sei anni, Marco Spini ha sestuplicato la carta vini del Ba, una carta in continuo divenire, che oggi conta più di 650 referenze con una selezione al calice con quaranta etichette, che accoglie anche un importante selezione di birre artigianali e distillati.

Abbiamo chiesto a questo profondo conoscitore del vino e dell’arte del servizio di raccontarci il suo mondo del vino, la sua carta vini e il mondo di Ba Restaurant.

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Photo Courtesy by Ba Restaurant.

Marco, in che modo il vino abbraccia la tipica cucina cantonese?

Alla base del progetto e del nostro lavoro al Ba Restaurant c’è da sempre una grande ricerca e sperimentazione, sia in cucina che in cantina, con l’intento di proporre al nostro ospite un’esperienza sempre nuova ed appagante. Trovandoci in Italia, in cucina, utilizziamo diversi ingredienti provenienti dalle migliori produzioni nazionali, che vengono trasformati e rielaborati attraverso l’arte culinaria cinese, e quindi, mi è sempre sembrato naturale creare l’incontro tra cucina e vino attraverso la selezione presente in carta, creando un  gioco di abbinamenti che prevedono la fusione di questi due elementi: la cucina poliedrica cinese e la grande eccellenza del vino italiano.

La mia Carta Vini propone oltre 650 etichette tra Italia, Francia e Germania, con i loro principali territori vinicoli, ai quali affianco anche delle birre artigianali, distillati e liquori, qualche cocktail e ovviamente, una attenta e accurata selezione di tè, il tradizionale abbinamento alla cucina cinese.

Il mio modo di abbinare cibo e vino va in base alla dominanza delle sensazioni gustative dei vari piatti. Cerco di abbinare i vini più adatti, per contrasto e per concordanza in maniera tecnica ma che assicura una buona corrispondenza fra i sapori. Ovviamente però, il gioco della sala e i diversi clienti che si presentano, non permettono di seguire sempre queste linee guida. Al tavolo capita molto più spesso la richiesta di abbinare una o più bottiglie di vino a tutto il menù e qui si cerca una strada che possa essere percorribile, leggendo le dominanze del menù e proponendo un vino adeguato,  tenendo conto delle aspettative e alle preferenze del cliente. Per questo preferisco uscire dal cliché del “vino adatto a” e cerco di leggere prima l’ospite, ossia di capire insieme a lui cosa vorrebbe bere, cosa beve abitualmente, quanto è disposto al dialogo – farsi consigliare e voglia di sperimentare- e non ultimo, anche la capacità di spesa.

Quali sono le tendenze di beva della clientela in un ristorante etnico nella città di Milano?

Nello scenario milanese di ospiti in media hanno un’idea ben precisa del loro gusto; quindi, sono molto più decisi e anche quando c’è sicurezza sono più propensi al farsi guidare nella scelta, specie se si parla di clienti abituali, con i quali si possono ripercorrere le precedenti esperienze di beva e sperimentarne di nuove. Se parliamo poi di tendenze, sicuramente il cliente milanese cerca e richiede la bollicinaFranciacorta e Champagne vanno per la maggiore, con le varie e richieste declinazioni rosé– dominano poi la scena i bianchi come Chardonnay, Borgogna e Chablis, seguiti da Sauvignon, Riesling e Gewürztraminer. Sui rossi invece, le zone ad essere più richieste sono Borgogna, Barolo, Barbaresco e tipologie come Supertuscan e sempre più prendono campo zone del sud Italia come Sicilia, Campania e Puglia.

Nel caso di clientela cinese, invece, molti scelgono fra vino, tè o Mountai, noto distillato di cereali cinese di fascia molto alta e il cui consumo è spesso legato  a occasioni ufficiali o festeggiamenti. Se si tratta di vino sono propensi a rossi morbidi e corposi, molti tagli bordolesi e sicuramente, tra i favoriti, ci sono i Supertuscan e l’Amarone della Valpolicella. 

Poi ovviamente, trattandosi di ristorante fine dining, penso che la mia figura sia determinante, non solo come rappresentante ed interprete della carta vini ma anche come guida ovviamente, per aprire il cliente a nuovi gusti e diversi scenari di abbinamento.

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Photo Courtesy by Ba Restaurant.

Una carta vini in continua evoluzione. Quanto di ciò che in carta risponde al tuo gusto personale?

Direi quasi nel totale. La mia carta è un po’ un diario di viaggio della mia ricerca iniziata nel 1994, quando ho iniziato ad esercitare questa professione. Al netto di alcune etichette mainstream che non possono mancare, in carta trovano posto grandi produttori e artigiani, vitigni rinomati e meno conosciuti, aziende dall’approccio convenzionale, biologico o biodinamico, tutti i vini sono accomunati da finezza ed eleganza, qualità e pulizia delle sensazioni e dalla personalità.

Quella della personalità, in particolare, è la caratteristica che mi interessa maggiormente. Nel vino, si deve sentire la mano dell’uomo che lo ha fatto, la storia da raccontare, che trovo sia la vera essenza dell’essere sommelier.

Per questo, quando mi è possibile, metto in pratica uno dei tanti insegnamenti dell’inarrivabile Luigi Veronelli, quello cioè di “camminare le vigne”, perché solo visitare i territori del vino e le aziende che ti permette di andare oltre all’etichetta, e conoscere, anche solo per un momento, l’uomo che ha fatto quel vino e la filosofia produttiva che sta dietro al produttore, aspetto che poi, in sala è bellissimo poi raccontare. È così che diamo un valore aggiunto alla bottiglia che proponiamo, facendo la differenza e lasciando un ricordo indelebile al nostro ospite.

Da esperto del settore, quali aspetti i sommelier del domani dovrebbero curare quando si approcciano alla costruzione della carta?

Il sommelier contemporaneo deve conoscere, saper servire e consigliare tutte le bevande che si possono abbinare al cibo. La sua conoscenza deve essere quindi non solo su vino, birra, cocktails, distillati, amari e liquori, ma anche su acque, tè, caffè, ad altre bevande come il Sakè. Così facendo avrà una profonda cultura del prodotto e delle relative tecniche di servizio.

È molto importante quindi, formarsi ed aggiornarsi in continuazione. La formazione poi, oltre che propria deve essere rivolta anche ai collaboratori, aspetto importante oggi come nel prossimo futuro, così da assicurare un servizio di qualità. Questo, aiuterà a comporre una carta vini chiara, leggibile, completa ed organizzata, che rappresenti bene i territori del vino, composta anche da una proposta “personale” – cioè che parli di chi la compone – senza non essere impositiva ma mirata al locale, capace di affiancare la tipologia alla proposta gastronomica. Inoltre, altro aspetto importante, è certamente la corretta gestione della cantina, della quale la carta vini è lo specchio. Quindi, oltre alla selezione dei prodotti, serve una capacità gestionale dello stock, del riordino, della marginalità e dei ricarichi. Per questo, oltre alla competenza, con il tempo anche l’esperienza giocherà il suo importante ruolo. Insomma, la formazione e la competenze è la vera innovazione in questo settore, basta solo provare a esserne i protagonisti.

Foto copertina: Marco Spini, Photo Courtesy by Ba Restaurant

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