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Matteo Bressan - Sommelier

“Il vino ti deve far innamorare, ti deve far godere”. La nostra chiacchierata con Matteo Bressan del Ristorante La Peca di Lonigo

Tempo di lettura: 5 minuti

La Peca apre i battenti nel 1987 a Lonigo, in provincia di Vicenza, quando Nicola e Pierluigi Portinari decidono di dare forma al loro sogno. Dal 2008 il ristorante vanta due stelle Michelin, oltre a una ricercata cantina con più di duemila etichette. 

di Maddalena Peruzzi

La cucina è un talento di famiglia e nel loro ristorante i fratelli Portinari si dividono i compiti: Nicola è lo chef, Pierluigi invece è il pasticciere, ma fin dall’inizio si occupa anche della selezione dei vini. Quando Matteo Bressan arriva a La Peca, quattordici anni fa, il ristorante ha da poco ricevuto la seconda stella e la cantina, già piuttosto estesa, è appena stata nominata “Cantina dell’anno” dalla Guida de L’Espresso. Una bella responsabilità, ma Pierluigi è sempre al suo fianco. Parlando con Matteo, quello che ci colpisce è il suo approccio al vino: romantico, personale e per molti versi anticonvenzionale. 

Come descriveresti la carta vini de La Peca?

Abbiamo circa 2100 etichette, in Italia ce ne sono di più ampie, ma sicuramente la nostra carta ha una profondità che la rende tra le più interessanti. La contraddistingue una grande ricerca. Assaggiamo tanto e non seguiamo schemi predefiniti: questo secondo me è l’aspetto più divertente della nostra selezione. Possiamo permetterci di farlo perché la carta ormai è completa, le etichette che devono esserci ci sono, per cui possiamo spaziare liberamente.

Quanto liberamente? 

Per dire, abbiamo circa sessanta etichette di vini ossidati: quasi nessuno ne ha così tanti. Inseriamo quello che ci colpisce, quello che ci piace, dal produttore vicentino, al neozelandese, al macedone, allo slovacco. Oggi c’è un mondo che sta emergendo per via del cambiamento climatico: zone prima poco note o sconosciute che hanno iniziato a produrre vini incredibili, ma ci vuole coraggio per inserirli in carta. 

Pierluigi Portinari e Matteo Bressan
Pierluigi Portinari e Matteo Bressan, La Peca

Perché?

Perché non si vendono da soli. Nessuno ti ordinerà mai una bollicina della Repubblica Slovacca. Devi essere tu a proporla, a convincere i clienti che ne vale la pena. Ma il bello è proprio questo, è inutile che io faccia tremila assaggi all’anno e passi la vita a fare ricerca se poi non posso metterla in campo. Però la tendenza generale è quella di concentrarsi solo sulle cose che vanno per la maggiore: Borgogna, Champagne, Bordeaux. Per carità, non è sbagliato, ma esistono anche altre zone che sono praticamente tutte da scoprire!  

Due elementi molto importanti per la tua carta vini?

Il nostro territorio e i vini naturali. Il naturale ci affascina da sempre, da prima che diventasse una moda. In ogni caso, noi ci fidiamo solo del nostro palato, assaggiamo il vino e se ci piace lo acquistiamo, a prescindere dal fatto che sia naturale, convenzionale o altro.

Quanti vini naturali avete in carta, in percentuale? Avete una sezione dedicata?

Ne abbiamo tanti, ma la percentuale non è importante. Non ci interessa che la nostra carta vini sia famosa per questo, preferiamo che lo sia per la grande ricerca che la contraddistingue, in generale. Quando sono arrivato a La Peca c’era una sezione per i vini naturali che si chiamava “fuori dal coro”. Per l’epoca era una cosa molto avanti. Poi, quando è esplosa la moda, abbiamo deciso di inserire i vini naturali insieme agli altri vini, di trattarli normalmente, insomma, perché per noi sono la normalità.

La Peca interno
La Peca interno

Una cosa che nella tua carta non troveremo mai?

L’abbinamento cibo-vino. Nella cucina di oggi, soprattutto nell’alta ristorazione, ci sono piatti con quattro, cinque, a volte sei ingredienti, spesso contrastanti tra loro. È praticamente impossibile trovare l’abbinamento perfetto per piatti del genere. Una volta era diverso, ma negli anni la cucina è cambiata. A me non piacciono le forzature, per cui all’abbinamento cibo-vino preferisco l’abbinamento vino-cliente.

Puoi spiegarci meglio questa tua filosofia?

L’abbinamento cibo-vino perfetto non esiste oppure è rarissimo. Ma mettiamo anche il caso in cui un certo vino sia perfetto per un certo piatto…non è detto, però, che quel vino sia perfetto per te. Vedi che i conti non tornano comunque? Ecco perché io preferisco trovare il vino giusto per te piuttosto che il vino giusto per il tuo piatto. Il vino ti deve far innamorare, ti deve far godere. A quel punto non ne sarai mai deluso.

Però molti ristoranti propongono l’abbinamento cibo-vino già nel menù…

Perché è più facile, sia come gestione della cantina che come gestione della serata. Viviamo in un mondo in cui si cerca sempre la via più semplice e le carte dei vini sono sempre più statiche. Noi abbiamo scelto di fare diversamente.

In una carta vini come la vostra ci sono bottiglie da 20, 200, 2000 euro…è solo una questione di zeri. Capita mai che qualcuno sbagli riga o non si accorga del prezzo?

Mi è successo solo una volta in 14 anni. Per fortuna non cambiava così tanto, a livello economico. È una cosa che può creare grande imbarazzo, per cui al momento dell’ordinazione chiedo sempre conferma, mostrando la carta e indicando con il dito l’annata che è proprio accanto al prezzo. Così, con eleganza e discrezione, mi assicuro che chi ordina veda quanto costa il vino. 

Pierluigi Portinari, Cinzia Boggian, Nicola Portinari
Pierluigi Portinari, Cinzia Boggian, Nicola Portinari

E quando il cliente ti dice: “Fai tu”?

Se mi dà carta bianca totale scelgo bottiglie che non costino troppo. Abbiamo preso tutti almeno una fregatura al ristorante: ti capita una volta e non torni mai più. Se invece mi chiede un consiglio, di solito do tre opzioni con fasce di prezzo differenti e lascio scegliere a lui. Il cliente che vuole spendere tanto, invece, quasi sempre ordina direttamente, oppure mi chiede consiglio tra due bottiglie specifiche. Insomma, me lo fa capire. 

La situazione che preferisci?

Quando mi danno un budget, ma non lo fa quasi nessuno, purtroppo. Una volta mi è capitato un tavolo da quattro: avevano deciso che una coppia avrebbe pagato il cibo e l’altra l’equivalente in vino. Con quel budget mi hanno chiesto di portare delle bottiglie alla cieca. Mi sono divertito tantissimo e anche loro!

Che tipo di clientela avete?

Gli stranieri sono pochi, direi un 10%. Abbiamo una percentuale veramente alta di clienti fissi e di solito si affidano a noi per la scelta dei vini. C’è fiducia e questo è molto bello. 

Qual è il tuo stile di servizio? Ti dilunghi tanto nella spiegazione dei vini?

No, ho una visione molto romantica del vino. Che senso ha che io ti spieghi per filo e per segno come è fatto, scendendo nei dettagli tecnici? Ai fini della tua bevuta, a te dopo cos’è cambiato? Secondo me se ti fai meno domande e se io evito di ricoprirti di informazioni, ti concentri di più su quello che stai bevendo e te lo godi di più. È il mio punto di vista, ovviamente. Se invece una persona è interessata e mi chiede informazioni le fornisco molto volentieri.

Se più formale o informale nel servizio? 

Il cliente va messo a proprio agio. Mi è capitato di andare in un ristorante stellato e di sentirmi in imbarazzo. La formalità a tutti i costi è anacronistica. 

Finisci questa frase: il bravo sommelier… 

…non è mai scontato.

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