Dopo la recente conquista del titolo di Miglior Sommelier d’Italia, abbiamo approfondito la conoscenza di questo giovane professionista del vino, che in Francia tiene alta la bandiera italiana.
di Irene Forni
Alessandro è giovane e fortemente appassionato del suo mestiere e non solo: è il nuovo numero uno tra i sommelier italiani. È stato infatti durante l’ultima edizione del Concorso Miglior Sommelier d’Italia Premio Trento Doc 2022, ideato dall’AIS, l’Associazione Italiana Sommelier, che il già campione regionale pugliese del 2019, conquista il primo posto della nota competizione. A passargli il testimone è il campione uscente 2021 Stefano Berzi di Ais Lombardia, altro grande professionista che abbiamo avuto il piacere di presentare in questa nostra rubrica.
Come molti altri professionisti del vino italiano, spinto da curiosità e passione, Alessandro nel 2018 lascia la sua terra natia, la Puglia, per ampliare i propri orizzonti di vita e di vino, andando a lavorare in Francia dove dal 2018 ha costruito una carriera sempre più ricca di esperienze, conoscenze e viaggi.
Dopo il suo trasferimento in Francia, a Parigi, la prima tappa lavorativa è stata nel quartiere di Montmartre, allo storico Moulin de la Galette. Sempre nella capitale francese seguono le esperienze da La Dame de Pic, del pluristellato chef Anne – Sophie Pic, il ristorante Le George del Four Seasons Hotel George V – Miglior Hotel del Mondo nel 2019 – dove svolge importanti incarichi manageriali.
La Four Seasons, la multinazionale canadese attiva nel settore dell’ospitalità di lusso, visto il talento e la professionalità del giovane Alessandro, ha deciso di non farselo scappare: infatti, il giovane sommelier pugliese, attualmente lavora come Head Sommelier al Grand Hotel Saint- Jean – Cap – Ferrat, realtà di proprietà del gruppo, nell’omonima località del sud della Francia.
Quando è nata la sua passione per il vino e che cosa l’ha spinta verso il mondo dei concorsi?
Il mio percorso ha avuto inizio a 18 anni in una trattoria nella mia città di origine, Foggia. All’epoca l’intento era quello di inserirmi nel mondo del lavoro con l’intento di iniziare ad avere qualche soldo in più in tasca. Poi le cose sono cambiate. Con il passare del tempo mi sono affezionato a questo mestiere e piano piano, notando la grande quantità di etichette presenti nel locale mi sono incuriosito. È nata così anche la passione per il vino che è cresciuta grazie alle relazioni con il pubblico, con i clienti e grazie ai miei titolari. Il problema però era che vendevo bottiglie di vino ma non ne sapevo molto. Quindi ho preso la decisione di approfondire in maniera concreta iscrivendomi all’Università di Viticoltura ed Enologia a Foggia e parallelamente ai corsi di sommelier AIS Puglia. Da lì ho intrapreso la strada dei concorsi. Sono sempre stato e sono ancora un perfezionista. Mi pongo sempre nuovi obiettivi quando riesco a raggiungerli. È la mia adrenalina, la mia energia. È la voglia di confrontarmi con i colleghi, di degustare nuovi vini e nuovi terroir italiani e non, di conoscere nuovi vignerons e le loro storie. I concorsi sono uno strumento utile per crescere e mettersi in una sana e giusta competizione.
Un sommelier pugliese che lavora in Francia. Cosa l’ha portata a lasciare l’Italia?
Ho lasciato la Puglia definitivamente nel 2018, ma già prima viaggiavo tra Francia e Sud Africa. Mi ha spinto la voglia di ricercare l’eccellenza del “Art de la Table” come la chiamano qui, la precisione, il dettaglio. Tutto questo l’ho trovato a Parigi, che era ed è, una delle più grandi città in cui tutte le culture gastronomiche si incontrano, ma con un suo savoir faire. Inoltre, volevo diventare bilingue e parlare la lingua del vino. Oggi, per far carriera ed essere competitivi bisogna saper parlare una terza lingua: l’inglese è d’obbligo!
Quali differenze ha trovato fra i mondi della sommellerie italiana e quella francese.
Sostanzialmente non ho trovato grandi differenze, c’è sempre tanta professionalità. È divertente vedere che i sommeliers francesi vogliono bere vino italiano e i sommeliers italiani, quello francese. Questo mi porta ad un’unica conclusione: tutti abbiamo sete di conoscere e di crescere, tutti amiamo il nostro lavoro.
Per sua esperienza diretta e professionale, in Francia quali sono i trend di beva e quanto c’è d’Italia nella sua carta vini?
Lavoro con una clientela che è aperta alla scoperta quindi non fatico molto a dirottarli su vini italiani piuttosto che francesi. Il trend oggi richiama molto la Champagne e la Borgogna in Francia, Toscana e Piemonte in Italia. Ma quando si parla di biodiversità ed uve autoctone il nostro Paese ha tanto da far assaggiare. Ad oggi nella mia carta c’è il 30% di vini italiani, 60% francesi e la restante parte la dedico alla costa mediterranea ed al Nuovo Mondo: sono innamorato dei vini spagnoli e portoghesi, come dell’Oceania e del Sud Africa. Ho ancora tanto da conoscere, quindi certamente la carta vini cambierà insieme a me, scoperta dopo scoperta.