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Vestire il potere: Bellavista, Il Foglio e Teatro alla Scala aspettando “Boris Godunov”

Tempo di lettura: 3 minuti

Leggere il potere in una doppia veste. Lo zar Boris Godunov, l’uomo spietato che lentamente scivola nella sua follia. Una dicotomia di cui si trova traccia nei costumi.

di Giovanna Romeo

Un appuntamento immancabile quello di ieri sera, 6 dicembre, al Teatro alla Scala di Milano, dove Il Foglio e Bellavista hanno dato vita a una conversazione tra Ida Marie Ellekilde – il costumista del nuovo allestimento di “Boris Godunov” di Modest Petrovič Mussorgskij- Mattia Palma, critico teatrale, e Fabiana Giacomotti, storica del costume e curatrice del “Foglio della Moda”.

Vestire il potere, un tema che resta vicino ai contenuti dell’opera che questa sera animerà il palco dello storico teatro. Per il “Boris Godunov” la prima ispirazione, racconta Ida Marie Ellekilde, è stata un libro di fiabe russe con le illustrazioni di Ivan Bilibin, il grande pittore e scenografo dei primi del Novecento.

Un approccio piuttosto romantico quello della costumista, genere vecchia Russia, che è penetrata nello spirito dell’opera provando a evidenziare dettagli che permettono di entrare a fondo nella mentalità e nei modi di essere di un popolo. Sebbene il coro della prima scena sia vestito di rosso, chiaro riferimento alla Rivoluzione Russa del 1917, con i nastri neri che attraversano il petto ha voluto richiamare il folklore, la tradizione russa. 

Lo zar invece non è un personaggio monocromatico. È l’uomo spietato che lentamente scivola nella sua follia. Una dicotomia di cui si trova traccia nei costumi. Negli abiti si vuole evidenziare la sua follia.

Un'illustrazione di Ivan Bilibin

Del vino, del potere, di noi, ne ha scritto invece su Il Foglio del primo dicembre Paola Maffina, Head of PR&Communications Terra Moretti Vino. Noi, fra vino e potere, quello di chi vorrebbe limitarne l’uso nell’onda di una recrudescenza del proibizionismo scellerato, che paragona il vino (sbagliando, evidentemente) alle sigarette. In tempi di restaurazione si teme il proibizionismo, torna a sottolineare Paola Maffina.

Noi sottolineiamo invece come la storia, come l’organizzazione degli imprenditori del vino ci ha insegnato che il proibizionismo non sia la soluzione per sconfiggere la piaga dell’alcolismo, ma soprattutto come il vino sia un simbolo del bere responsabile, della dieta mediterranea, d’italianità. È necessario che la politica, fino ad oggi piuttosto distratta rispetto al tema, tuteli uno dei capisaldi del made in Italy, ma anche di un tessuto sociale di migliaia di viticoltori, custodi dei territori e di una cultura millenaria parte integrante del nostro Paese.

A risaldare il legame del vino con le nostre identità di storia e cultura, Bellavista, che anche quest’anno omaggia il Teatro alla Scala con il suo vino simbolo: il Franciacorta Brut Millesimato Teatro alla Scala diventato dal 2004 (data in cui il Teatro meneghino torna a risplendere dopo due anni di restauri) protagonista della serata. Per ogni vendemmia una stagione teatrale, per ogni Prima del 7 dicembre, un nuovo vintage. Quest’anno sarà protagonista il Franciacorta Brut 2017, una bottiglia dedicata alla forza e alla bellezza dell’Italia, alle sue tradizioni e peculiarità. Ogni elemento che riveste il Vintage Brut è pensato per rappresentarne l’essenza. Così i colori e i decori dell’etichetta sono una trasposizione fedele dei fregi e dei decori della Scala, mentre il cofanetto riproduce l’incisione autografa della facciata realizzata del suo architetto, Giuseppe Piermarini.

Questo momento diventa ogni anno sempre più bello – afferma Francesca Moretti, Presidente del gruppo Terra Moretti Vino –  Ci sentiamo realmente partner del Teatro alla Scala, oltre ad esserlo. È vero facciamo un lavoro che può sembrare molto distante da quello sin qui raccontato, ma in verità non siamo così lontani. C’è come un filo rosso che cuce tutte queste forme d’arte, e fare vino è una forma d’arte. È l’attenzione per tutti i singoli elementi che ogni anno la natura ci dona per potere riuscire a fare una grande cuvée, la stessa attenzione che il mondo del teatro ha per gli elementi, i colori, i tessuti. Per produrre un vino così, ci vogliono anni di lavoro, ci vuole l’amore per la propria terra e per la bellezza della natura. Ci vuole un senso di responsabilità verso la tradizione e nei confronti della propria storia, sentimenti che ci uniscono indissolubilmente al Teatro alla Scala”.

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