mww awards

Tutti i retroscena di ciò che rende grandi e importanti i premi dedicati alle carte vini della Milano Wine Week

Tempo di lettura: 6 minuti

Come nasce un premio? E come prende forma una giuria? Cosa fa decidere chi viene incoronato? Quanta fatica si cela dietro una selezione che sia giusta e imparziale? Cosa rende certe storie più speciali di altre, tanto da meritare riconoscimenti che travalichino le categorie? Cercherò di raccontarvelo.

di Irene Forni

Ho sempre pensato che il vino racchiuda in sé tutti i poli delle tensioni culturali della società moderna: natura, storia, biologia, cultura, tradizione, innovazione, tecnica e perché no, anche un po’ di mito. L’ho sempre visto come l’arbitro perfetto, al centro di quella grande arena di confronto che è la tavola, intorno alla quale, spesso si è discusso la storia, le sorti di paesi, l’inizio e la fine di amori, soddisfacendo il bisogno più profondo e naturale che abbiamo, quello per il cibo.

Inutile dire e raccontare che soddisfare il bisogno di avvicinarsi al vino sia stato automatico e necessario per me, e ancora più necessario è stato avvicinarsi a quelle tavole, facendone una professione che poi è mutata nel tempo, e che senza la quale, oggi, in tutta onestà non saprei cos’altro fare.

L’insieme di questo amore e di questa passione ha permesso che nella primavera del 2021, il Presidente della Milano Wine Week,Federico Gordini, mi contattasse per gettare le basi di un premio che voleva riassumere tutto ciò che ho sempre amato di più, e che nella sua visione, tutelasse il lavoro che per prima svolgo, andando a valorizzare l’impegno di colleghi, amici e professionisti. Ecco perché trovo necessario e importante regalare un dietro le quinte di questi Mww Awards, scrivendone in prima persona.

Quando ci si approccia alla creazione di un evento come i MWW Awards, la prima domanda a cui si deve rispondere è anche la definizione dell’obiettivo: come si crea un riconoscimento che diventi sempre più ambito e autorevole? Ecco, rispondere a questo quesito è stata certamente la prima difficoltà.

Il mondo delle carte vini e dei sommelier è un mondo ampio ed estremamente variegato, capace di abbracciare tante tipologie di locali e di offerte, che fortunatamente, nel nostro paese raggiunge davvero un numero importante di selezioni e coinvolge tanti gusti e stili, grazie proprio alla ricchezza enologica e livello di preparazione medio/alta dei professionisti. Creare dunque una linea di valutazione capace di coinvolgere tutti questi fattori ha rappresentato senza dubbio la principale necessità.

Serviva inoltre creare un criterio che aiutasse a bilanciare un’oggettiva valutazione analitica delle carte riunendo tutti quei fattori di cui sono composte: presenza vini territoriali, nazionali e internazionali, presenza di trend, capacità comunicativa, facilità di consultazione. Era poi necessario smovere la parte empatica, di sentimento e coinvolgimento che soltanto l’uomo può dare, una valutazione che, in poche parole, potesse risultare come quella che chiunque può fare seduto al tavolo di un ristorante, ma svolta da esperti e professionisti del settore. Qui la risposta è stata trovata nel coinvolgimento di quelle figure che in Italia, muovono e comunicano il mondo dell’enogastronomia: la giuria.

Questo è stato il lavoro svolto: creare equilibrio, cercando di rendere la valutazione delle carte, sicura e in parte matematicamente oggettiva.

Da qui il raggiungimento dei risultati, la scoperta dei vincitori ha portato a una serie di dinamiche che io per prima non ero preparata a percepire. Dinamiche fatte di reazioni, valore e gioia oltre a una fotografia di come ad oggi il mondo carte vini si muove.

Vince la regionalità, la riscoperta dell’autoctono e l’Alto Adige esplode in qualità

Quando parlo di fotografia del mondo carta vini parlo di questo, di andare a disegnare i contorni di come nell’ultimo anno queste selezioni si sono mosse in termini di prodotti. In questa seconda edizione, dove le partecipazioni sono raddoppiate, nella maggior parte delle carte ha vinto la regionalità, cioè la presenza di quelle denominazioni e zone vitivinicole rappresentative di dove il locale si trova, e conseguentemente, la riscoperta di vini prodotti da uve autoctone, sinonimo di tradizione, in parte anche di sostenibilità.

In questa seconda edizione le regioni partecipanti sono state molte, ricoprendo quasi tutta la nazione. In termini di presenza e rispetto allo scorso anno, dove la regione Toscana vinceva su quasi tutte le categorie di ristoranti, stavolta ad aggiudicarsi il maggior numero di vittorie è stato senza dubbio l’Alto Adige. Dalla categoria wine bar, allo stellato fino al ristorante d’hotel, questa regione italiana di confine ha saputo affermarsi, proponendo carte vini ricche, pensate e identitarie, dove anche qui la regionalità l’ha fatta da padrone, presentando una crescita qualitativa territoriale che già da tempo l’Alto Adige si sta sempre più conquistando, in Italia e non solo.

Vecchi e nuovi, grandi e piccoli locali: un premio che abbraccia tutti e che esalta il gusto personale

La qualità è un aspetto composito. Se definirla è difficile, ed affermarla è troppo semplice, riconoscerla e individuarla è certamente necessario. Questo è stato un aspetto principe di questo premio. La ricerca di quella qualità è stata attenta, pensata e guidata soltanto dall’oggettiva analisi delle offerte proposte e la sorpresa è stata trovare quel valore aggiunto, non solo nei locali blasonati, storici e pluripremiati ma anche nelle piccole e nuove realtà, figlie spesso di territori non conosciuti o fuori dai radar anche dei più attenti gourmet o appassionati amanti del vino.

Wine bar, bistrot, ma anche locali etnici e pizzerie, piccole e grandi enoteche e distribuzioni con selezioni che si distaccano totalmente dalle classiche selezioni e che spaziano da territori vicini a luoghi lontani. Carte vini ricche di identità, non guidate dai mercati ma dal gusto, perché sì, se pensiamo che il gusto dei singoli professionisti non possa cambiare le dinamiche economiche di questo settore, beh signori miei, non abbiamo capito niente, e questo premio in fondo serve anche a questo a riconoscere il gusto di ognuno ed esaltarlo, proprio perché quel gusto e quello stile di beva, rende ricco il ventaglio di proposta delle carte vini del nostro paese.

È stato fatto qualcosa di grande e tanto c’è ancora da fare

Due anni di premio carta vini Italia, due anni di attenzione e mano tesa ad un settore che abbiamo la responsabilità di far crescere.

Nella seconda sento che il premio ha avuto un valore maggiore. Il nostro Paese e l’Europa intera hanno attraversato, e tuttora attraversano, un periodo di forte crisi di settore, dove la ricerca di personale qualificato è assai difficile e altamente compromessa e questo non ha aiutato certamente al consolidamento e affermazione del lavoro di questi professionisti.

Ecco, il premio non cambierà questa cosa, non ha le capacità di migliorare questa situazione, ma può cambiarne la percezione. Può amplificare la comunicazione di questo problema, la può evidenziare e far capire che, nonostante tutto, questi professionisti sono figure insostituibili, sono l’elemento umano che compone la qualità di questo settore che in questo paese rappresenta un terzo del PIL nazionale e che il loro lavoro è necessario e importantissimo e che merita di essere tutelato. Può far capire ai nuovi professionisti del futuro l’importanza di quello che stanno andando a fare, di quanto valore abbia la loro formazione e la loro preparazione, può fargli capire che quel lavoro verrà visto e omaggiato.

Ovviamente non sono mancate le criticità, le difficoltà e il bisogno di far capire a tutti l’importanza di quello che stavamo facendo, ma questa seconda edizione ci ha sicuramente insegnato una cosa: i passi piccoli o grandi che siano, vanno sempre fatti andando avanti.

Il senso di tutto racchiuso in un grazie

Chiamare e annunciare una vittoria non credevo che fosse così difficile. Insomma, se ci pensiamo dopo tutto, dare una buona notizia dovrebbe essere stimolante ed emozionante. Ecco, sappiate che per me non è stato così o almeno non sempre, non subito. Quando si attribuisce un premio ci si carica di un po’ di responsabilità, una responsabilità che esalta qualcuno ed esclude un altro e su questa cosa ho avuto modo di pensare molto, specie quando davanti alle risposte incredule di qualcuno che cercava di capire perché.

Abbiamo assistito alle reazioni più diverse. Da coloro che davano per scontata la propria vittoria a chi invece ha domandato più volte: ma siete sicuri? Da chi ha gridato di gioia a chi ha sottolineato il fatto che no, non ci credeva e non poteva essere fra i migliori.

Sono stati protagonisti e vincitori, tanti giovani professionisti, ma anche grandi esperti di questo settore che per una volta hanno visto centrare e riconoscere quell’impegno quotidiano che manifestano ogni giorno.

Tutto poi si è concluso in un grazie, quel grazie che arriva sempre dopo la premiazione, quando non c’è più un telefono ma uno sguardo, una stretta di mano, un abbraccio. Ecco, di quel momento e dei vostri sguardi ho preso tutto quello che potevo e in quei momenti ho trovato e dato un senso a tutto questo.

Un grazie che è stato fatto a me ma che io rimbalzo e riporto a quello che è stato il motore di questo progetto, lo staff della Milano Wine Week, che ha messo a mia disposizione gli strumenti per creare questo premio, ognuno di loro ha preso parte a questo percorso e sarà il motore trainante di tutto ciò che verrà.

Certa, dunque, di aver fatto qualcosa di bello e importante non posso far altro che dare appuntamento al prossimo anno, siete tutti ben accolti e come un giudice della prima edizione ha avuto modo di dire durante la premiazione: vorrei bervi tutti! 

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