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Pascucci e Pozzoli, a Fiumicino la cucina nel cuore della storia

Tempo di lettura: 4 minuti

Il mare oltre il pesce: Gianfranco e Luca raccontano la magia della cucina del Porticciolo tra orto e reperti archeologici

di Alessandra Meldolesi

Gianfranco Pascucci è il cuoco di pesce più creativo e performante d’Italia. Completamente autodidatta, ha fondato il suo Porticciolo a Fiumicino da ragazzo insieme alla moglie Vanessa Melis ed è montato pian piano sulla cucina italiana con l’onda felice delle sue intuizioni, forte di una sensibilità tutta sua e di tecniche altrettanto originali, per quanto settate sugli standard internazionali. Ma attenzione: il suo è un mare oltre il pesce, che si insinua nel verde dell’orto dove fa coltivare i suoi ortaggi, in un terreno zeppo di reperti archeologici, fin dentro l’oasi naturalistica di Maccarese, che batte in cerca di aromatiche per chiudere il cerchio di piatti dalla localizzazione implacabile. Concetti che il vino è andato a rafforzare con la complicità di sommelier bravissimi, buon ultimo Luca Pozzoli, passato per Villa Maiella e per l’universo Beck, dal Café Les Paillotes ad Attimi, al Castello di Fighine.

Pascucci: Io e Vanessa abbiamo aperto nel 2000 ed è stato un inizio traumatico. Cercavamo un locale raccolto, invece si è liberato quello di famiglia e ci siamo buttati. A quei tempi i grossi ristoranti di Fiumicino lavoravano ancora tanto. All’inizio passavano solo gli amici, ma siccome eravamo giovani, abbiamo attirato altri giovani. E ci siamo posti le prime domande. Qui facevano tutti il rombo al forno con le patate, ma i rombi all’asta non c’erano. Ci siamo spostati sul pescato locale e abbiamo iniziato a prendere piede, perché spingevamo molto. Nel giro di qualche anno è diventato un locale molto frequentato, con una cucina semplice ma diversa, di cui si è accorto per primo Gino Veronelli. Il suo incoraggiamento ci ha spinto a fare meno coperti e virare su una proposta più simile a quella che piaceva a noi. La stella nel 2012 ci ha fatto credere ancora di più nel progetto, ricercando produttori sul territorio, per capire chi facesse cosa, e iniziando a lavorare con Roberto per l’orto. Parallelamente anche la carta dei vini è cambiata. All’inizio puntava su bottiglie conosciute, poi siamo partiti alla ricerca di piccoli produttori e referenze di nicchia, sempre nel rispetto del nostro stile e delle nostre economie. E nel gennaio 2022 è arrivato Luca, che porta avanti anche in cantina la nostra idea di narrare il mare attraverso una carta dei vini dedicata.

Pozzoli: Lo chef mi ha subito raccontato la sua passione per il mare, che abbiamo cercato di sviluppare in cantina creando una carta di piccoli e grandi produttori, le cui vigne siano influenzate dalla vicinanza alla costa. Conta una settantina di referenze, sulle 340 totali. Uno dei pairing del menu degustazione, in particolare, comprende solo questi calici, con l’eccezione del Franciacorta iniziale. Compone un crescendo, come i piatti, che parte da bianchi freschi in acciaio, come una Biancolella di Ponza, un Cinque Terre o un Vermentino della costa toscana, la cui durezza interviene sulla dolcezza dei crudi; per poi passare a vini più complessi, provenienti dalla Calabria, dal Lazio o dai Campi Flegrei, con un’evoluzione in bottiglia sulla parte vulcanica, comunque inattesi rispetto alle zone blasonate. Ma le cantine possono ruotare, perché abbiamo molti clienti che ritornano e spesso i quantitativi non bastano. Allora bisogna trovare un sostituto.

Pascucci: Per me la bravura di Luca sta nel respirare cosa gli accade intorno: ha sempre la capacità di capire ciò che lo circonda. Il mio tipo di cucina e il mio approccio al ristorante sono sempre molto aperti. In particolare passando dalla cucina alla sala c’è sempre qualcosa da assaggiare e Vanessa è la prima cui porgo il cucchiaio. Quindi il movimento è continuo, come una forma di osmosi. Si tratta generalmente di piccoli elementi, una cottura, una salsa, un complemento, molto prima del piatto completo. Poi io sono curioso e mi piace assaggiare, allora magari chiedo a Luca da dove arriva una bottiglia. Ma raramente partecipo alle degustazioni, perché non ho tempo e perché preferisco che qualcun altro interpreti ciò che sto facendo. Così diventa tutto più dinamico. A volte è lui a chiedermi il mio punto di vista e devo dire che quasi sempre ci troviamo d’accordo su quali vini inserire o meno. Ma quando un piatto esce dalla cucina, entra in un’altra dimensione. Questa trasmissione è fondamentale e io cerco sempre di camminare sui cristalli, con l’eccezione di alcune etichette che amo incondizionatamente come il Marsala De Bartoli.

Pozzoli: Può capitare di apportare variazioni anche attraverso i clienti, che magari richiedono un abbinamento diverso, che alla prova dei fatti si rivela particolarmente riuscito. Il lato tecnico può entrarci o meno: se ci concentrassimo solo su quello, si perderebbero un po’ il senso e l’emozione, cui non vogliamo assolutamente rinunciare.

Pascucci: Lavorando sul mercato, anche cambiare tipologia di pesce può spostare gli equilibri. Allora è tutto un passaggio di cucchiaini che girano, qualcosa di molto divertente. Poi al cambio menu c’è la prova classica del pairing completo, ma il lavoro più dinamico è la continua ricerca da entrambe le parti. Allora scatta lo stupore e si costruisce una memoria che all’occorrenza riaffiora. Io stesso posso smorzare una spigolatura, provando tre o quattro bicchieri. È un allenamento fondamentale, dove ci si conosce. Basta uno sguardo per intuire il pensiero e far scaturire qualcosa di bello.

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Alessandra Meldolesi

Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.

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