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Mazzaroni e Coccia, rinascita del Tiglio tra spiritualità, stupore e un pizzico di audacia

Tempo di lettura: 3 minuti

Enrico e Nicola raccontano la loro alta cucina in trattoria, fatta di ingredienti della tradizione, abbinamenti del territorio e una proposta mai scontata

di Alessandra Meldolesi

Fra le fini più liete della cucina italiana, c’è la resilienza del Tiglio di Enrico Mazzaroni, cuoco fuori da ogni possibile schema, che nei piatti di Montemonaco, in mezzo al nulla fra i Monti Sibillini, racconta la natura con la spiritualità di un eremita e l’ingenuità di un bambino. Cuoco lo è diventato a trent’anni, “quindi tardissimo”, compiendo qualche sparuta esperienza in Francia e in Giappone, che non ha scalfito la sua spontaneità di autodidatta e la sua capacità di stupirsi, trasmettendo agli altri meraviglia. Rientrato nella trattoria di famiglia nel 2004, vi si è fatto notare dalla critica più attenta per l’audacia e l’originalità di una proposta, abbarbicata in un territorio fuori dal tempo. Poi nel 2016, conclusa da poco la ristrutturazione, il terremoto si è portato via anche la cantina, proprio mentre le prime mete iniziavamo a profilarsi all’orizzonte. Sono seguiti due anni al Tiglio in Vita di Porto Recanati, dove ha familiarizzato con la materia di mare. Nel 2019 il rientro a Montemonaco e nel 2022 la stella.

Con lui dal 2010 c’è Gianluigi Silvestri, che si è occupato a lungo della cantina, ottimamente impostata sulla nouvelle vague marchigiana, per poi passare in sala e attualmente all’amministrazione. Ha ceduto il tastevin a Nicola Coccia, trentaduenne marchigiano che dopo l’alberghiero a Loreto ha girato diversi locali, fra cui l’Arcade di Nikita Sergeev, nel 2018 è entrato al Tiglio in Vita e nel 2019 è subito passato a Montemonaco. “E per un periodo ha mandato avanti il ristorante di Porto Recanati da solo. Di lui mi hanno subito conquistato la classe impeccabile e la capacità di insegnare ai ragazzi la pulizia dei gesti. Un taglio francese del servizio, che ho sempre amato e desiderato fare mio, sin dai tempi del passaggio a Les Ambassadeurs con Jean-François Piège. Va a bilanciare l’esuberanza di Gianluigi, che con la sua diversa colloquialità ha la capacità di coinvolgere”, descrive Mazzaroni.

Coccia: Io dal canto mio sono rimasto colpito dalla capacità dello chef di esaltare i prodotti locali come le frattaglie, dalla simbiosi con il territorio e anche dagli accostamenti particolari. Della vecchia carta dei vini restava qualcosa, che abbiamo tenuto: soprattutto le cantine storiche marchigiane, scelte da Gianluigi. Abbiamo cercato di accostare loro piccoli produttori della zona, in modo da tenere la cantina sempre in movimento. Trovandoci praticamente sul confine con l’Umbria e l’Abruzzo, il nostro raggio può spaziare, ma su circa 300 referenze, oltre la metà arriva dalla regione. Poi negli ultimi anni sono nate tante nuove realtà interessanti, che teniamo d’occhio. Soprattutto nel periodo invernale dedichiamo una giornata a settimana alle visite, con Gianluigi e gli altri ragazzi della sala.

Mazzaroni: A me piace bere, ma quasi esclusivamente a tavola. Prediligo i rossi e le bollicine, che mi aiutano durante il pasto. Ma ho sempre delegato la gestione della cantina, anche perché non sarei in grado. Nicola è plenipotenziario, al massimo mettiamo insieme qualche cocktail per variare. Io non partecipo mai alle sue scelte.

Coccia: Collaboriamo soprattutto ai cambi di menu. Allora mi metto seduto, Enrico mi fa provare il percorso e pensiamo ai vini da abbinare. Ma non si tratta di un pairing fisso, abbiamo una batteria composta da una dozzina di etichette, che facciamo girare. Tante volte dipende da chi ho di fronte, a uno straniero faccio assaggiare più facilmente il territorio, agli habitué qualcosa di meno conosciuto. In genere un calice copre due portate, per non sovraccaricare l’ospite e confonderne il palato. Comunque ogni pairing viene sottoposto a Gianluigi, che mi comunica le sue impressioni.

Mazzaroni: Assaggiamo tutti, ma l’ultima parola spetta solo a Nicola.

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Alessandra Meldolesi

Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.

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