“Il vino è allegria, ho iniziato ad amarlo a 22 anni. Devo la passione per i sapori alla curiosità, agli amici e al mio manager Giovanni Branchini. Mia moglie Uriana? Assaggia… Ma tra casa e cantina abbiamo più di 500 bottiglie”
di Luca Serafini
Strano che non siano quelli di origine vulcanica, i vini preferiti di Demetrio Albertini. Da quando ha smesso di essere un eccelso metronomo in mezzo al campo (Padova, Milan, Atletico Madrid, Lazio, Atalanta, Barcellona) la sua vita è diventata infatti un’eruzione senza soste: in Federcalcio (vicepresidente, vicecommissario, capo delegazione, presidente del settore tecnico), all’Uefa, all’Associazione Italiana Calciatori (consigliere), all’Expo di Milano 2015 (ambassador e coordinatore sport), alla Commissione Stati Generali delle Carceri e della Commissione Sport e Mafia presso il Ministero della Giustizia. Non si è nemmeno fatto mancare un’esperienza a Milano Wine Week dove tenne uno speach destinato ai giovani imprenditori, in collaborazione con Confcommercio.
Invece no: in cima alle sue preferenze ci sono i rossi, ma anche qui senza isole riparate dove approdare e fermarsi. Dice infatti Deme, come lo chiamano tutti: “I miei gusti dipendono dal momento. Ho amato per molto tempo i toscani, ho riscoperto i piemontesi, ora incontro i vini pugliesi. L’ultima cantina che ho visitato è la San Marzano, la più importante della regione: magari un po’ commerciale, ma i suoi prodotti li apprezzo molto”.
La passione nacque più di 30 anni fa, quando Albertini ne aveva 22.
“Un mio amico di Udine mi acompagnò a visitare Villa Russiz, un palcoscenico più che una tenuta. Mi entusiasmai, cominciai a credere che il vino sia incontro, convivialità. Il vino è allegria. Poi il mio manager, Giovanni Branchini, iniziò a farmi assaggiare qualcosa di speciale, mi presentò Luca dell’enoteca di Ponte San Pietro, nella bergamasca: la mia cultura, la mia curiosità, la mia conoscenza da allora sono cresciute costantemente”.
L’esplorazione non si è più fermata…
“Non sono un intenditore, ma un appassionato. Ho iniziato a circondarmi di persone che hanno i miei stessi interessi, condividendo esperienza e voglia di sapere. Non ho mai voluto fare corsi di specializzazione, mi limito all’ascolto: ho imparato moltissimo dai più grandi sommelier, nei ristoranti. Sono convinto che la cultura derivi dalla curiostà e di quest’ultima fa parte – appunto – il saper ascoltare”.
Quindi hai continuato ad alzare il livello?
È stato fondamentale la frequentazione di alcuni ristoranti per arrivare agli abbinamenti. In questo il mio caposcuola è stato Giancarlo Morelli del ‘Pomiroeu’, un locale storico di Seregno che deve il suo nome alla raccolta delle mele. I sapori, le degustazioni, le percezioni elevano la qualità del mangiare e bere. Pensa che mi trattano come fossi un professionista: di recente mi hanno invitato persino a Madrid per una degustazione. La cosa mi fa piacere, ma anche sorridere”.
Perché sorridere?
“L’importanza del vino la determina il marketing, ora io so distinguere senza volermi elevare a conoscitore. Ho catalogato due tipi di vino: quello da effetto e quello da soddisfazione. Il primo è conosciuto e apprezzato da tutti per il nome, il secondo è nuovo, buono, importante”.
La tua splendida moglie Uriana è pugliese, per questo hai dimestichezza con quella terra.
“Andiamo spesso a trovare la sua famiglia e quindi sì, da questo punto di vista è un vantaggio. Lei però è più un’assaggiatrice, potrebbe rinunciare al vino. Io no…”.
A casa come al ristorante?
“Assolutamente! Ho comprato un frigo per i vini che contiene 120 bottiglie e in cantina ne ho circa 400. Sono arrivato ad averne anche 600… Sai una cosa? Posso dirti esattamente dove, quando e da chi le ho comprate, una per una”.
Il ricordo più bello di un evento festeggiato a tavola?
“Quando firmai per il Barcellona nel 2005 andai con Giovanni Branchini al ‘Rias de Galicia’. Eravamo euforici, non ti dico cosa abbiamo mangiato e bevuto… Il vino, te l’ho detto, è allegria”.
Fughe verso i superalcolici?
“Di norma preferisco il vino, ma adoro la tequila e grazie a 3 ragazzi di Desenzano, i titolari del ‘The gin way’, sto esplorando un mondo nuovo. Mi hanno persino insegnato a sciabolare l’acqua tonica! (Ride). Sai, quando eravamo giovani in discoteca bevevamo solo Cuba Libre, gin tonic o gin lemon. Oggi è diventato anche quello un cerimoniale. Mi hanno insegnato a bere un dito di champagne con un dito di gin portoghese, senza ghiaccio: una goduria. Poi tutte le tecniche di preparazione, dove ho scoperto che proprio il ruolo del ghiaccio è molto importante: non cubetti, ma un blocco più grosso e allungato. E sai qual è la mia cannuccia preferita? La pasta zita al peperoncino! Non puoi capire che mix di sapori…”.
Torna alla sua attività Demetrio Albertini, divisa tra padel e l’agenzia “D.A.” di Milano che organizza eventi. Appuntamento a Milano Wine Week, e una sera a cena. Con vino e allegria.
Luca Serafini
Dal 1° febbraio 2024 direttore responsabile di Vendemmie, giornalista e scrittore, ha una lunga carriera televisiva alle spalle ed è tuttora opinionista sportivo tra i più apprezzati. Ha pubblicato saggi e romanzi, con “Il cuore di un uomo” (Rizzoli, 2022) ha vinto il premio letterario “Zanibelli Sanofi, la parola che cura”.