Siamo primi in Europa per sicurezza alimentare e qualità, con effetti importanti anche sul commerciale, ma restano criticità che mettono in pericolo molte aziende
di Paolo Caruso
Due statistiche diffuse recentemente, ovvero l’analisi di Coldiretti resa pubblica in occasione della prima Giornata nazionale dell’agricoltura, e l’ultimo report dell’Osservatorio Agrofarma-Federchimica, confermano una buona notizia: l’agricoltura italiana è la più green d’Europa.
L’Italia conferma il suo primato in termini di sicurezza alimentare e di sostenibilità grazie al minore utilizzo di input energetici, alla riduzione di emissioni gassose, dovute in parte all’ottimizzazione dell’utilizzo di agrofarmaci che hanno visto diminuire il loro volume di vendite del 10% negli ultimi 10 anni.
A questi elementi positivi va aggiunta anche una significativa riduzione dell’emissione di ammoniaca, principalmente derivante dai reflui zootecnici e dal minore utilizzo di concimi chimici: fattori che hanno consentito al nostro Paese di raggiungere – con largo anticipo – gli obiettivi concordati con l’Unione europea che prevedevano il 2030 come deadline.
Questi dati confermano come l’agricoltura italiana sta finalmente imboccando la strada più razionale e condivisibile per la valorizzazione dello straordinario patrimonio enogastronomico del nostro Paese, che fa perno su una agrobiodiversità che non ha eguali nel resto d’Europa. Ricordiamo che il nostro Paese può contare su 328 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute, 529 vini Dop/Igp e 5547 prodotti alimentari tradizionali, realizzati da 730mila aziende che offrono lavoro a 1,1 milioni di occupati.
Le esportazioni agroalimentari Made in Italy hanno superato il valore record di 45 miliardi nei primi 8 mesi del 2024, con un aumento dell’8% rispetto allo stesso periodo del 2023 e se il trend dovesse essere mantenuto potrebbero arrivare a sfiorare a fine anno i 70 miliardi di euro, il massimo storico.
Le statistiche sugli aspetti ambientali e quelle squisitamente commerciali potrebbero sembrare apparentemente slegate, in realtà sono più correlate di quanto si possa pensare. Le nostre eccellenze agroalimentari, molto spesso uniche nel loro genere, si giovano di certificazioni (come ad esempio quella legata all’agricoltura biologica) che ne esaltano il valore, permettendone l’introduzione in mercati altospendenti sempre più attenti agli aspetti salutistici ed ambientali.
La nostra agricoltura si è indirizzata con abnegazione alla produzione di prodotti di qualità, alle caratteristiche orografiche e pedoclimatiche dello Stivale, piuttosto che alle nostre prerogative culturali che ci impediscono di realizzare produzioni significativamente elevate in termini di volumi e competitive in quanto a prezzi di vendita.
Ovviamente questo quadro non può essere generalizzato a tutti comparti e territori del nostro Paese: ci sono molti settori che – a causa dei cambiamenti climatici, dei costi di produzione cresciuti in modo incontrollabile e di una burocrazia cervellotica – sono in bilico tra una stentata sopravvivenza e una cessazione dell’attività, ma queste criticità rendono ancor più necessario focalizzarsi sulla qualità, un fattore che diventa vitale per il futuro della nostra attività agricola, sempre che Bruxelles non ci metta lo zampino.
Paolo Caruso
Creatore del progetto di comunicazione "Foodiverso" (Instagram, LinkedIn, Facebook), Paolo Caruso è agronomo, consulente per il "Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente" dell'Università di Catania e consulente di numerose aziende agroalimentari. È considerato uno dei maggiori esperti di agrobiodiversità