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Brasile: la nuova frontiera del mondo del vino

Tempo di lettura: 5 minuti

Il Brasile si affaccia sul mercato internazionale come un paese dalle grandi opportunità. Lo raccontiamo con Sebastiano Bazzano, fondatore del progetto B.Connected, società di consulenza partner in export management, per conoscerne limiti e vantaggi tra import, dazi doganali e settore legislativo.

di Giovanna Romeo

Con una superficie di 8.516.000 km² e una popolazione di 213,7 milioni di abitanti, il Brasile è il 14° mercato del vino più attraente a livello globale, +12 posizioni rispetto al 2020. Secondo l’ICE, Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, dopo la stagnazione degli anni ’90, il Brasile lo scorso decennio è tornato a crescere grazie all’espansione della forza lavoro e della domanda estera. La ritrovata crescita e le politiche sociali attuate dai governi hanno favorito l’impressionante risultato di dimezzare il tasso di povertà e ridurre notevolmente le disparità sociali attraverso il sostegno ai redditi più bassi e l’accesso all’istruzione. Tuttavia nell’ultimo quinquennio, diminuite le favorevoli condizioni che ne avevano promosso il progresso, sono riemersi i nodi strutturali dell’economia brasiliana: la produttività stagnante e il modesto grado di connessione con il resto del mondo hanno frenato in parte lo sviluppo. Sebbene in una condizione economica e geo-demografica difficile, il Brasile offre comunque diverse e interessanti opportunità.

Consumi e sviluppo

Il Brasile ha un consumo totale di vino al dettaglio, quello venduto nel corso di un anno (in questo caso il 2022), di circa 4 miliardi di dollari americani; + 6,5% annuo dal 2016 a oggi. Un trend positivo che potrebbe raggiungere i 5,2 miliardi di dollari entro il 2026. A guidare lo sviluppo il significativo ampliamento della base dei consumatori regolari di vino, quasi raddoppiati nell’ultimo decennio; si tratta di circa 36 milioni di fruitori a cui si aggiungono ulteriori 30 milioni di consumatori occasionali. Si amplia dunque la platea ma allo stesso tempo crescono i consumi, elemento in controtendenza durante il periodo pandemia e rispetto al resto del mondo. 

Se a livello mondiale i consumi sono scesi del 6,5%, il Brasile ha visto invece un’inversione di tendenza che conta un +28% circa. Si è consumato di più tra le mura domestiche ma anche l’e-commerce ha fatto da traino, esplodendo letteralmente. Il consumo medio pro capite è passato da circa 2 litri a 2,78 litri nel 2022. La crescita è stata guidata dai vini fermi – la particolarità del mercato brasiliano è che resta un mercato “senza spumanti”. Il 99% del vino è fermo, solo l’1% è vino spumante, il che si spiega col fatto che il Brasile è culturalmente legato a vini sudamericani e portoghesi caratterizzati da una produzione poco spumantistica. Il vino preferito dai brasiliani è il rosso che copre l’80% del mercato, in aumento anche l’impiego di vino bianco. Cresce in maniera tumultuosa anche il rosé, anche se il futuro è degli spumanti. 

Una particolarità piuttosto unica in Brasile è che il vino chiamato vino da tavola, che rappresenta oltre il 90% della produzione, è il vino prodotto da uve non vitis vinifera. I regolamenti non richiedono infatti che il “vinho de mesa” (vino da tavola) indichi varietà o annata, rendendo questa tipologia poco costosa e di bassa qualità. Solo il 10% della produzione vinicola brasiliana (una netta minoranza rispetto alla cifra sopra menzionata dei 4 miliardi di dollari di fatturato annuo) è prodotta da vitis vinifera ed etichettata come “vinho fino”, che significa vino premium. Analogamente ad altri paesi dell’America Latina, le uve vinifera più diffuse sono varietà francesi tra cui Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot Noir, Chardonnay e Sauvignon Blanc.

Importare in Brasile 

Il Brasile è un mercato importante ma soprattutto un mercato in crescita, un fatto rilevante sia per i brasiliani che vantano una forte produzione locale ma soprattutto per l’import che ha registrato un +10%. Si prevede che raggiunga i 550 milioni di euro nel 2026, seguendo lo sviluppo del mercato. Punto dolente di cui tenere conto è sicuramente l’alta tassazione e il basso potere d’acquisto.

“L’ultimo dato di incremento registrato è riferito al 2022 ed è pari a 478 milioni di euro – racconta Sebastiano Bazzano -. Il Brasile supera dunque la soglia dei 400 milioni di euro con una crescita del 28%, riferita all’ultimo triennio”. I principali player, ovvero i principali esportatori verso il Brasile, sono il Cile e l’Argentina che cresce del 17%, a 72 milioni. Non a caso il Brasile viene studiato come caso di export di prossimità, dove Cile e Argentina la fanno da padroni. Segue il Portogallo con 67 milioni di euro (+12%). Francia e Italia sono in posizioni di rincalzo, entrambe più o meno all’8% di quota di mercato. Infine Spagna e Stati Uniti. 

Come è strutturato il mercato

In Brasile il canale Ho.Re.Ca., se confrontato con il resto del mondo, ha una bassa penetrazione valendo solo il 16% sul totale delle vendite; gli altri mercati si avvicinano o addirittura superano il 40%. Un elemento ritenuto di criticità per il vino italiano che si sa, è venduto molto bene all’estero soprattutto in ristorazione, in particolar modo se italiana. 

Dove si vende il vino in Brasile?
“Principalmente nei supermercati, nei wine-shops e tramite e-commerce, – argomenta Sebastiano Bazzano – elementi da tenere ben presenti se si decide di volere esportare in questo paese. È importante ricordare che il Brasile è un mercato con una fortissima polarizzazione dei prezzi e di conseguenza delle vendite. In generale la fanno da padrone i vini entry level, quelli che arrivano a 3 euro franco cantina in partenza dall’Europa. Su questi infatti si fanno i volumi, quelli che ben si collegano al mercato distributivo dei supermercati e della distribuzione organizzata. Viaggiano molto bene, anche se con numeri più contenuti (sono considerati una vera e propria nicchia) i vini premium, quelli che superano i 10, 12 euro a bottiglia generalmente distribuiti con il canale Ho.Re.Ca.”.

Limiti e i vantaggi del settore legislativo 

Un aspetto burocratico legislativo doganale da tenere ben presente è che la legislazione brasiliana è estremamente rigida e restrittiva, un fatto che incide soprattutto e direttamente sui prezzi. La crescita del costo del vino, dal prezzo franco cantina a quello al dettaglio venduto sul mercato locale, in Brasile è il più alto del mercato mondiale. In alcuni casi si arriva a pagare 11 volte il prezzo di partenza; negli altri paesi è di solito la metà. Un’opportunità offerta dal settore legislativo per calmierare dazi e tassi è stato l’accordo commerciale UE-Mercosur [Mercado Común del Sur (Mercosur) – Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay –] raggiunto tra Brasile e Unione Europea per creare nuove opportunità per gli agricoltori e i produttori alimentari europei, attenuando allo stesso tempo le possibili pressioni di mercato. Un accordo ostracizzato dal governo Bolsonaro, e che oggi si spera possa essere ripreso in considerazione con la nuova presidenza Lula.

Quali le opportunità per l’Italia?

“Il Brasile è senza dubbio un mercato in crescita – chiosa Bazzano – dove l’Italia figura come paese comprimario. Deteniamo quote di mercato piuttosto basse ma con ampi margini di crescita. La partita la si gioca soprattutto sui vini spumante e i rosati. L’import totale degli spumanti è di 22 milioni di euro, 11 milioni di euro per lo Champagne; segue il Cava spagnolo. L’Italia contrariamente a quanto si può immaginare rimane a distanza sia che si parli di Prosecco che in generale di metodo classico”.

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