Alla scoperta di luoghi e indirizzi meno battuti
di Marco Colognese
Il nostro itinerario per un fine settimana in provincia di Udine inizia in una zona non così nota ma che vale assolutamente la pena conoscere, partendo dal piccolo centro di Ragogna, si sale in auto (se siete pronti e atletici anche a piedi) fino al Cret dal Louf, in friulano roccia del lupo, complesso roccioso a poca distanza dalla Batteria permanente “Ragogna Alta” dove nel corso della Grande Guerra l’esercito italiano realizzò una trincea con diversi camminamenti e una postazione per mitragliatrice. Da quassù si può godere di un’impareggiabile vista a perdita d’occhio sul fiume Tagliamento. Nella stessa Ragogna si trova il Prosciuttificio Fratelli Molinaro, azienda che nasce una quarantina d’anni fa quasi soltanto per soddisfare il fabbisogno del ristorante di famiglia. La produzione è cresciuta ma le ricette sono rimaste quelle di allora, senza né conservanti né additivi: la lavorazione è inoltre totalmente manuale e basata su ingredienti naturali. Oltre al notevole prosciutto, dolce e profumato, abbiamo assaggiato un eccellente speck impreziosito da una leggera affumicatura; ma è la Mindricule che ci ha colpito particolarmente per la sua morbida bontà: si tratta di un lombo di carne di suino con lardo e cotenna, il tutto salato con una miscela di sale, aromi e spezie e stagionato naturalmente tra i cinque e i sei mei per 5/6 mesi.
A una ventina di chilometri di Ragogna c’è Colloredo di Monte Albano, dove si trova l’omonimo, bellissimo castello di origini trecentesche, danneggiato pesantemente dal tragico sisma del 1976 e in avanzata fase di restauro, definito “il castello degli scrittori e dei cantastorie”. Qui Ippolito Nievo scrisse gran parte delle Confessioni di un Italiano. A cinque minuti d’auto dal castello si trova un molino fondato nel 1928: i Persello, alla quarta generazione di mugnai, sono attenti alle nuove tecnologie ma non hanno dimenticato l’amore per questo mestiere antico: qui si trovano farine di prim’ordine da agricoltura sostenibile e a basso impatto ambientale, ottimi prodotti da forno, una vasta selezione di pasta bio e tanti altri selezionati tra le migliori proposte del territorio: da provare assolutamente c’è la loro buonissima polenta già pronta prodotta con mais ogm free.
Quel che si definisce tiro di schioppo, perché sono davvero pochi minuti d’auto, separa Colloredo da Fagagna, dove ci si può fermare a pranzo in un bel posto tipico e accogliente come il Ristorante Casale Cjanor. Nel grande casale di campagna che risale al XVIII secolo le sorelle Missana, Luigina, Margherita, Emanuela e Carolina accolgono i loro ospiti con una cucina che si basa sulla tradizione locale divagando piacevolmente intorno a interpretazioni più creative come la pasta fresca ripiena di patate, ricotta ed erbe, condita con pesto alle dodici erbe aromatiche dell’orto di casa. Non manca una bella selezione di vini del territorio. Da assaggiare (magari anche portandosene a casa un vasetto) il pestàt di Fagagna: si tratta di un trito di lardo di maiale fresco, verdure, erbe e spezie, insaccato in budello naturale e stagionato in cantina che si utilizza non come salume ma come base per molte preparazioni golose, ad esempio rosolato con salsa al pomodoro e servito caldo da spalmare sui crostini.
Una bellissima realtà da scoprire è la cantina Stroppolatini a Gagliano di Cividale del Friuli, che oltre a produrre ottimi vini prevede la possibilità di pernottare e mangiare nella tipica frasca dell’agriturismo di proprietà, che si chiama Casali del Picchio, con otto tra stanze e appartamenti indipendenti. Il primo nucleo dell’azienda, su un colle di avvistamento a ridosso del confine nord-orientale del Friuli, viene acquistato nel 1868 da Luigi Spezzotti, il quale amplia la casa padronale l’adiacente rustico. È Giulio Stroppolatini a restaurare il complesso negli ultimi decenni e facendo crescere la produzione vinicola con le vigne sui terrazzamenti collinari, dove nella parte storica vengono mantenuti impianti che risalgono alla nascita dell’azienda a inizio ‘800: sono stupendi, a questo proposito, i diversi filari di Friulano e Merlot che superano i centosessant’anni. Tra i vitigni coltivati ci sono anche Refosco e Cabernet Franc. Sulla collina “dei castagni” ci sono viti più recenti di Schioppettino e Pignolo, oltre che di Sauvignon. Da provare il Friulano Colle di Giano, monovarietale che prevede solo seicento bottiglie. Il vino fermenta e subisce la prima decantazione naturale in acciaio per poi invecchiare sulle fecce fini in tonneau di rovere francese. Potente e cremoso e allo stesso tempo ben bilanciato, con le sue note di mandorla amara e miele di acacia al naso è un autoctono di grande eleganza.
Vicinissima a Stroppolatini, merita una visita Le Due Terre a Prepotto, cantina storica dei Colli Orientali del Friuli. Silvana Forte e Flavio Basilicata, supportati da qualche anno anche dalla giovane figlia Cora, fin dall’inizio nel 1984 sono stati grandi precursori di uno stile enologico peculiare. Non c’è bisogno infatti di ingabbiare i loro vini in una definizione chiamandoli ‘naturali’. Come dice Silvana: “non c’è bisogno di proclamarlo, perché lo può raccontare chi viene a trovarci e osserva quello che qui accade.” Sono cinque i vitigni coltivati: Ribolla, Friulano, Schioppettino, Refosco, Pinot Nero e Merlot; Due Terre, perché da una parte si trovano le marne e dall’altra le terre rosse. E a proposito di nomi, Sacrisassi, che identifica le due etichette più celebri, deriva con tutta probabilità dalla presenza di una piccola chiesa nel XVII secolo e allo stesso modo dal problema dei grossi sassi che emergevano nel corso degli scavi per la piantumazione dei vigneti. L’utilizzo di rame e zolfo in vigna è ridotto al minimo, le operazioni vengono effettuate per la maggior parte a mano, a partire dalla vendemmia. Una volta diraspati, i grappoli vengono immessi in vasche di acciaio o cemento, le fermentazioni sono spontanee, i rimontaggi quotidiani. Nessun lievito viene aggiunto, né si fanno chiarifiche; i tempi di macerazione per i bianchi vanno dai dieci ai quindici giorni in base alle caratteristiche dell’annata. Gli affinamenti avvengono in barriques usate per i rossi e in tonneaux per i bianchi; non ci sono travasi. Dei loro vini ci si innamora, ancora di più se con qualche anno sulle spalle. Il Sacrisassi Bianco (70% Friulano 30% Ribolla gialla) nella vendemmia più recente è un vino di grande finezza che già al naso rivela una complessità seducente, tra sentori di buccia d’agrume candito e note di frutta esotica. In bocca è sapido, pieno, intenso e dall’acidità vibrante.
Sara & Sara, gestita da Alessandro e Manuele Sara a Savorgnano del Torre è un’altra cantina da scoprire. Fondata ormai quasi settant’anni fa da Dante, cresciuta con Giuliano, basa la sua produzione su circa sette ettari di vigneti tra i Colli Orientali. Le marne arenarie che qui sono note come ponka, insieme a un ambiente ricco di biodiversità, corsi d’acqua ed escursioni termiche importanti, creano un microclima ideale per uve dalle quali si ottengono vini che mettono insieme freschezza, mineralità e longevità molto interessanti. Il regime è biologico: in vigneto vengono evitati i diserbanti ed è praticato soltanto lo sfalcio dell’erba e la raccolta è manuale. In cantina si utilizzano solo lieviti naturali e non si eseguono chiarifiche o stabilizzazioni. Notevole il Picolit, vino dolce prodotto in milleduecento bottiglie da 0,375 l. Parte delle uve viene raccolta prima della maturazione e messa in fruttaio per l’appassimento che dura da uno a due mesi. Le uve restanti rimangono sulla pianta in surmaturazione e nelle annate che lo consentono vengono raccolti solo gli acini botritizzati a inizio novembre. Le uve intere subiscono una pressatura soffice e una successiva separazione dal deposito; la fermentazione avviene a temperatura controllata. L’affinamento prevede diciotto mesi in barriques di rovere. Il vino, dopo frequenti travasi, viene imbottigliato con una leggera filtrazione. Rimane in affinamento per altri sei mesi. Dal profumo elegantissimo di frutta appassita, canditi e miele che si ritrovano in bocca, la sua dolcezza è mitigata da un’acidità viva: è eccellente da bere anche dopo un decennio e oltre. Vale la pena approfittare delle tre stanze immerse nella tranquillità dei vigneti a disposizione degli ospiti e dell’ottima colazione a base di prodotti biologici selezionati con cura.
A una ventina di minuti da Savorgnano del Torre merita una sosta il ristorante Al Tiglio con la sua bellissima terrazza panoramica. Qui Sabrina e Max Noacco hanno creato una tappa indispensabile per gli amanti della cucina totalmente vegetale, rendendo questo luogo un punto di riferimento ideale per capire cosa significhi mangiar (molto) bene anche senza alcuna proteina animale. Il menu è vario, con ingredienti il più possibile locali e di stagione ma non senza qualche spunto asiatico. Davvero molto buono, ad esempio, il tempeh di legumi di loro produzione con crema di latte di cocco al curry e ortaggi di stagione. Non vasta ma interessante anche la carta dei vini.
Per chi volesse infine imparare qualcosa di più sul mondo delle uova, vale la pena fare un salto, sempre a Moruzzo, da Le Uova di Cocò, frutto dell’idea di un manager assicurativo pentito che ha deciso di dedicarsi all’allevamento all’aperto di galline ovaiole livornesi. Le stesse sono libere di razzolare all’aperto in due ettari a loro disposizione tra bosco, prati ricchi di insetti e diverse varietà di erbe mediche. Perché la bontà di un uovo dipende dall’alimentazione della gallina che qui viene nutrita con un mangime speciale a base di lino, girasole, soia, grano, mais, orzo e grana verde. Le uova di Livornese sono bianche e si identificano per il tuorlo dal colore giallo particolarmente intenso e per la struttura proteica dell’albume che dà modo di incamerare aria fino a tre volte in più rispetto alle altre: non a caso sono quelle preferite dai pasticcieri.