Musei, cucina e vini: uno straordinario percorso culturale enogastronomico tra storia, diari privati e un pizzico di gossip

Tempo di lettura: 4 minuti

Potremo ammirare il vaso più bello del mondo, leggere le memorie di una vedova scritte su un lenzuolo, curiosare negli oggetti di un fidanzamento interrotto tra un bicchiere di Aglianico, un mercatino e un piatto di pasta e patate

di Alberto Vito

Molto spesso includiamo la visita ad un museo in un viaggio e la formula che unisce piaceri enogastronomici con interessi culturali è sempre più apprezzata. Tutti sappiamo che in Italia vi sono alcuni dei musei e siti archeologici più belli al mondo. Pompei, il Mann, Gli Uffizi, il Colosseo e i Fori Imperiali, i Musei Vaticani, la Pinacoteca di Brera, Palazzo Ducale a Venezia, Paestum sono luoghi di una bellezza ineguagliabile che a giusta ragione contano milioni di visitatori all’anno, sia italiani che stranieri.

Tuttavia, nel nostro paese esiste una rete di piccoli musei scarsamente frequentati e poco noti, meritevoli invece di una grande attenzione in quanto depositari di opere d’arte inestimabili, che si possono trovare solo da noi in virtù del passato delle nostre terre. Ad esempio, per restare nella mia regione, la Campania, consiglio una visita a Montesarchio (BN) al Museo Archeologico del Sannio Caudino, tra l’altro molto ben tenuto, dove è possibile vedere quello che è stato definito il vaso più bello del mondo, ovvero un cratere a calice decorato con figure rosse realizzato dall’artista Assteas nel IV sec. a.C.  E per restare in tema, giusto ricordare quanto gli antichi romani già prediligevano questa zona per commercializzare il vino. In particolare, lo straordinario vitigno di cui iniziarono la coltivazione nel I secolo d.C.: l’Aglianico del Taburno, il monte dove i romani subirono l’onta delle forche caudine.

Il cratere, realizzato a Paestum dal ceramografo Assteas nel IV a.C., raffigura il mito greco del ratto di Europa.

Spostandoci in Toscana, invito a visitare una piccola meraviglia del nostro bel Paese, uno spazio commovente e speciale costituito dalle testimonianze autobiografiche di tantissimi sconosciuti. Si tratta del “Piccolo Museo del Diario” che si trova a Pieve Santo Stefano (Arezzo) contenente ben diecimila diari privati. E’ stato inaugurato nel 2013 per esporre al pubblico le migliaia di testi autobiografici, diari, epistolari e scritture private prima conservate nell’Archivio Diaristico Nazionale nato negli anni Ottanta da un’idea del giornalista e scrittore Saverio Tutino al quale si deve il merito di aver iniziato la raccolta degli scritti di persone comuni. Attualmente il museo si visita con un percorso sensoriale interattivo, con cui si possono conoscere in modo coinvolgente le scritture di tante persone che, messe insieme, forniscono uno spaccato unico della storia italiana. 

Infatti, il genere letterario del diario quasi mai è formato solo da una mera elencazione di avvenimenti o attività. Nel diario sono riportate le emozioni, le riflessioni, il vissuto che accompagna ciò che è narrato. Colpisce come l’insieme di tanti racconti privati, oltre al valore emozionale, diventi uno strumento raro a disposizione degli storici per comprendere l’evoluzione del nostro Paese. Si tratta di un vasto numero di documenti, scritti “dal basso” magari per pochi lettori immaginari e privi di retorica, preziosi per comprendere le mutazioni sociali avvenute in Italia. L’opera che incuriosisce di più è certamente il Diario di Clelia Marchi, una contadina di modesta estrazione culturale: circa 50 anni fa, in seguito alla morte del suo amato marito, scrisse la loro storia nell’unico spazio a sua disposizione, ovvero il lenzuolo matrimoniale del corredo, volutamente inutilizzato dopo il decesso del coniuge. Anche la provincia di Arezzo è terra di vini e qui, ovviamente, la fa da padrona il DOCG Chianti DOCG, ma anche il DOC Valdichiana e il Vin Santo meritano di diritto una menzione.

Il Lenzuolo matrimoniale che la contadina Clelia Marchi ha riempito della storia della sua vita, conservato presso l'Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano

Per chi volesse viaggiare all’estero, la tappa più particolare di tutte si trova probabilmente a Zagabria in Croazia, dove nel 2010 è stato inaugurato il Museo Sociologico delle Relazioni Interrotte. Contiene la raccolta di una serie di oggetti che testimoniano una relazione finita tra amici, parenti o sentimentale. Ogni oggetto esposto è accompagnato da un titolo e dalla sua storia, da leggere in varie lingue grazie a un opuscolo fornito prima di iniziare la visita. L’idea venne ai due artisti croati Olinka Vištica e Dražen Grubišić, i quali al termine della loro storia d’amore durata 4 anni decisero di raccogliere gli oggetti personali riguardanti la loro relazione, affinché il loro legame non finisse del tutto e men che mai con rabbia o aggressività. Successivamente iniziarono a chiedere ai loro conoscenti di donare oggetti che rappresentassero le loro storie finite. L’idea piacque e affittarono uno spazio di 300 metri quadrati che divenne il primo museo privato di Zagabria. Nel 2011 l’iniziativa fu premiata con il premio Kenneth Hudson per il museo più innovativo d’Europa, mentre nel 2016 è stata aperta una filiale a Los Angeles. La collezione è stata esposta in tutto il mondo e si arricchisce di ulteriori donazioni dei visitatori. Il museo ha un valore antropologico, in quanto le relazioni, incluse quelle terminate, sono essenziali per comprendere la cultura e i valori di ogni gruppo umano. Ma vi è anche un valore artistico, in quanto oggetti di uso comune diventano ricordi capaci di offrire emozioni, squarciando un velo sul mistero delle nostre emozioni.

A drawing of us made by a stranger in the train - Donato da una coppia Finlandese

Nata nel medioevo, la storia di Zagabria è stata assai travagliata subendo nei secoli invasioni da diversi popoli. Questo ha prodotto in ambito gastronomico una cucina ricca di influenze, tra cui sono dominanti quelle austro-ungariche e quelle derivanti dalla presenza italiana nelle vicine Istria e Dalmazia. Meritano una visita i caratteristici mercatini, il più suggestivo si trova in pieno centro nei pressi della Cattedrale mentre il mio piatto preferito è il Grenadir marš, una pasta e patate condita con pancetta affumicata e cipolle soffritte nel burro, in cui le mescolanze culinarie si esaltano.           

Picture of Alberto Vito

Alberto Vito

Psicologo, Psicoterapeuta familiare, Sociologo. Dirige l’UOSD di Psicologia Clinica degli Ospedali dei Colli di Napoli. Didatta della Scuola Romana di Psicoterapia Familiare. E’ stato Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli. Autore di diversi volumi, di cui l’ultimo è 88 Divagazioni. Psicologia, ricordi e altri pensieri, edito da La Valle del Tempo (2023).

Facebook
Twitter
LinkedIn
TS Poll - Loading poll ...