Un connubio di creatività culinaria e raffinatezza enologica. Luca e Michele si distinguono per la loro sinergia impeccabile nello stellato ristorante modenese. Un’esperienza gastronomica dove la passione per l’eccellenza si unisce alla volontà di mettere il cliente al centro
di Alessandra Meldolesi
Ristorante fine dining, trattoria, laboratorio per delikatessen firmate, scuola di cucina e prossimamente anche una pizzeria: non si ferma Luca Marchini, che nel 2003, quando ha aperto la sua ultraventennale Erba del Re, dopo aver affiancato da commercialista mancato Massimo Bottura e Bruno Barbieri, sembrava l’ultimo dei sognatori. Ma la fortuna aiuta i capaci, cosicché già nel 2008 è arrivata una stella, sempre confermata, mentre il locale si faceva sempre più bello ed elegante.
Un occhio di riguardo, Marchini lo ha sempre avuto per la sala, affidata alla solida professionalità di Luca Montecalvo e a una serie di sommelier di talento, fra cui Matteo Pola e Stella Bonetti. Da quasi tre anni è la volta di Michele Lombardi, classe 1996, passato per esperienze in Australia e in Inghilterra, poi rientrato in Italia all’Inkiostro e alla Magnolia.
Marchini: “Ho avuto modo negli anni di collaborare con professionisti diversi, perché bisogna sempre cercare un equilibrio fra le persone, le loro opportunità e le esigenze del ristorante. Mi sono sempre fidato ciecamente di coloro che sono passati, ma ognuno di loro ha avuto autonomie differenti in base alle proprie abilità. Michele è una persona estremamente capace, preparata, attenta, con una bella predisposizione al dialogo con l’ospite. Se la carta è nata insieme al ristorante, nel 2003, con 150 etichette, oggi ne conta quasi 700, con una bella personalizzazione da parte di Michele, come è giusto che sia. Perché ognuno deve avere spazio all’interno di una realtà complessa”.
Lombardi: “Ho fatto evolvere la carta puntando su piccoli produttori, cose meno conosciute, sempre di qualità ed estrema eleganza. Le grandi maison non possono mancare e ci deve essere un giusto equilibrio rispetto ai vini naturali e alle richieste degli ospiti. Ma ci difendiamo bene anche sulla Francia. Per quanto riguarda i pairing, parto dall’assaggio del piatto con lo chef, durante il quale valuto la sua composizione. Poi gli propongo un abbinamento, ma ho sempre avuto carta bianca. Secondo la tipologia del piatto e tanti altri fattori, il vino o la bevanda poi possono cambiare”.
M: “Il concetto di pairing flessibile è molto importante. I nostri menu non cambiano tutti i giorni, ma quando abbiamo il piatto pronto e lo inseriamo, avere un pairing monotono non funziona, perché c’è gente che torna ed è giusto che trovi un’alternativa. Possono esserci abbinamenti cliché, ma la maggior parte deve variare, per la sensibilità di chi propone, per la tipologia di piatto e per far girare la cantina, lasciatemelo dire da imprenditore. Il nostro lavoro è totalmente indipendente all’inizio, ma con Michele e Luca a un certo punto subentra una stretta collaborazione, perché occorre un parere generale con chi vive la sala e può riportarne i diversi feed-back”.
L: “A seconda di chi ho davanti, delle sue preferenze e dei suoi gusti, mi sposto subito fra diverse tipologie di abbinamento. In generale la cucina di Luca richiede vini di forte acidità, perché ne sono portatori i piatti stessi, talvolta anche tannino per pulire la grassezza”.
M: “È vero che la maggior parte dei piatti presenta una componente acidula anche più sostenuta del normale, poi amaro e dolcezza, quindi servono altra acidità e tannicità. Tendenzialmente i diversi sommelier che mi hanno affiancato, tuttavia, hanno lavorato in modo diverso ed è qualcosa che ho apprezzato, perché è un segno di personalità. Sono cambiamenti che possono portare a evoluzioni ulteriori ed esigenze diverse, quindi rappresentano una miglioria”.
L: “Mi piace lavorare anche con bevande diverse dal vino, come sidro, distillati e cocktail analcolici, per variare e venire incontro agli ospiti. Adesso per esempio abbiamo un gin tonic, da gin dealcolato a botaniche invariate, e un Riesling senza alcol”.
M: “Ed è un approccio nuovo, che dà energia al ristorante”.