Mi licenzio per la romantica, faticosa, affascinante vita in cantina

Tempo di lettura: 8 minuti

Le storie di otto imprenditori che hanno cambiato completamente la loro esistenza per dedicarsi al vino

di Camilla Rocca

Cambio vita e… vado a vivere in campagna? Meglio ancora fondo una cantina vinicola. Sono tanti i motivi per cui si può sentire il bisogno di cambiare vita e lavoro: una condizione lavorativa che genera stress, un lavoro che non appaga, un cambiamento delle esigenze e dei desideri, o semplicemente la voglia di fare qualcosa di utile e magnifico, che venga ricordato nel tempo. Qualcosa per cui si è aspettato tutta la vita per realizzarlo. Ma cambiare non è un processo facile e immediato, richiede molto impegno e dedizione, ed è un traguardo che si può raggiungere solo con la giusta pianificazione, soprattutto in vigna, dove i tempi sono dilatati rispetto a quelli delle classiche aziende. Non basta mollare tutto e ricominciare; bisogna porsi un obiettivo chiaro e seguire i passaggi necessari per raggiungerlo.

Terre d’Aenòr

Questo lo sa bene Eleonora Bianchi, classe 1995, Founder e CEO di Terre d’Aenòr, una cantina giovane e innovativa in Franciacorta. La vita di Eleonora era partita su binari differenti: una passione per il mondo del diritto seguita da una laurea in Giurisprudenza. Ed è proprio dopo il titolo universitario che matura in Eleonora il desiderio e l’ambizione di intraprendere un’avventura imprenditoriale nel mondo del vino, realizzando, con il supporto dei genitori, una nuova cantina nel cuore della Franciacorta: Terre d’Aenòr. La scelta bio riguarda sia la parte agronomica in vigna sia la successiva vinificazione in cantina. Eleonora si occupa dell’area commerciale e marketing dell’azienda, oltre alla gestione dei contenuti social che permettono di stabilire un contatto diretto con i followers/acquirenti, condotti dietro le quinte della cantina e in un virtual tour nei vigneti in particolar modo con la rubrica settimanale su Instagram e Facebook, intitolata “Il Vlog, tutto quello che succede raccontato da Eleonora”. La cantina possiede un patrimonio viticolo di 46 ettari ed è una struttura ultramoderna ma che si integra nel paesaggio delle colline della Franciacorta, richiamando anche la natura lacustre con uno specchio d’acqua, posizionato di fronte alla struttura, che dà vita a giochi di luce. Presente una struttura ipogea che preserva il microclima degli ambienti tipici di una cantina sotterranea e assicura il minimo impatto ambientale sul paesaggio.

Tenuta di Biserno e Le Crocine

Dopo una prima giovinezza passata tra le vigne del Chianti e poi a Parigi, tra i cavalli, praticando lo sport del salto degli ostacoli, Niccolò Marzichi Lenzi, è ora amministratore delegato della tenuta di Biserno e Le Crocine, intrecciando la sua passione per i cavalli da corsa con la produzione di vini di alta qualità. Il destino di Niccolò ha preso una svolta durante l’adolescenza in Francia, quando ha scoperto il mondo dei vini pregiati, grazie a una bottiglia di Chateau Haut Brion 1982. Incontro che ha accresciuto la sua curiosità e il suo desiderio di esplorare l’affascinante mondo del vino. Dopo la vendita delle proprietà paterne ha investito i proventi in quella che oggi è la Tenuta di Biserno. Lasciato il lavoro nell’equitazione si è dedicato totalmente alla promozione dei primi vini della tenuta, dapprima negli Stati Uniti e poi in altri Paesi.  Nel 2012 ha fondato Le Crocine, progetto che nasce dall’amore per il vino e dalla collaborazione di coppia con sua moglie, seguendo il sogno di produrre un vino con le proprie mani. “Abbiamo iniziato per pura passione” spiega Niccolò “volevamo produrre un vino con le nostre mani e sperimentare per raggiungere l’obiettivo di mettere in bottiglia qualcosa che in primis ci piacesse, ossia un vino fruttato, equilibrato, speziato e vivace, con personalità, che riflettesse la varietà e la provenienza”. Oggi, Niccolò Marzichi Lenzi, oltre a ricoprire il ruolo di amministratore delegato e supervisiona la parte commerciale, lo sviluppo aziendale e lo stile dei vini.

Hibiscus

La scelta di Margherita Longo di abbandonare la città per dedicarsi all’agricoltura e iniziare a produrre vino sulla complicata isola di Ustica ha portato al successo. Margherita, agronoma intraprendente, si dedica all’azienda di famiglia sull’isola vicina a Palermo portando avanti la tradizione di famiglia, infatti il padre Nicola, negli anni Ottanta, ha fondato l’azienda agricola Hibiscus per dar voce a un territorio raro attraverso il vino.

Impiegata al Ministero dell’Agricoltura nella Capitale, Margherita, ha scelto un approccio diverso, legato alla natura e alla tradizione: “Ho sempre voluto dedicarmi a qualcosa di mio” racconta, e adesso con il marito ha impiantato nella terra paterna una moderna attività, che le permette di lavorare e di essere a contatto con la propria famiglia, trasmettendo ai figli l’amore e il rispetto per la natura. Certo non è vivere in una cartolina: “Vivere su un’isola è una sfida ma anche un privilegio”. La Longo ha un approccio, come ama defininirsi,  da un’artigiana della terra, fortemente legata alla tradizione, ma con approcci moderni, metodi biologici e poco invasivi, che consentono di produrre vini di grande carattere e freschezza che rispecchiano la natura vulcanica dei suoli, la vicinanza al mare e la biodiversità di questo paesaggio unico.

Castello di Uviglie

Il Castello di Uviglie è un’antica roccaforte del XIV a Rosignano Monferrato in provincia di Alessandria, che ospita un’azienda vinicola dal 1491. A capo della cantina, la giovane Francesca Bonzano, che fino al 2020 lavorava nella metropoli di New York presso un’importante agenzia di comunicazione del ramo wine. Ma proprio durante la pandemia, Francesca, che da bambina fantasticava sugli abitanti del castello e sulle loro vite, lascia il lavoro nella Grande Mela per tornare in Italia come imprenditrice e occuparsi del marketing e dello sviluppo dell’azienda di famiglia, facendo propria una tradizione che vanta sei secoli di storia e facendo convogliare nell’azienda del Castello, l’attitudine vitivinicola delle colline del Monferrato e un sogno condiviso da più generazioni con un progetto ambizioso a lungo termine, fare del Monferrato uno tra i territori più prestigiosi del Piemonte, salvaguardando i vitigni autoctoni (Barbera, Albarossa e Grignolino) e affiancandoli a una sperimentazione di eccellenza, lo Spumante Metodo Classico.

 

Santuvario

Dalla musica alla terra, Ivano Barbaglia, produttore di strumenti musicali, in seguito a problemi di salute, decide di cambiare lavoro ma soprattutto vita, creando nel 2012 a Borgomanero, Santuvario. “Uno slancio salvifico verso la terra” confida Ivano che conduce un’azienda vinicola che produce tre rossi (il vino di punta si chiama Ozio) e un bianco. I vigneti dell’azienda sono a Boca, località inserita nel Parco Naturale del Monte Fenera, con terreni sono di porfido vulcanico, basalti e sabbie. Il nome dell’azienda ricorda la chiesa sulla quale i piccoli appezzamenti di vigneto si affacciano: l’etichetta di Santuvario rosso riprende una foto della basilica quando originariamente era circondata da viti. Non solo però un’attività produttiva per Ivano ma anche una missione, quella di contribuire alla rinascita degli storici vigneti di Boca e alla valorizzazione degli inconfondibili vini, con un’attenzione costante per le viti, il paesaggio e le persone.

 

Ca du Ferrà

Cà du Ferrà significa letteralmente “casa del fabbro”, infatti un tempo si ferravano i cavalli, ma oggi è un agriturismo e azienda vinicola, vicina alla spiaggia a 400 metri di altidutine: nelle giornate terse, si vedono la Corsica, Capraia, la Gorgona, l’Elba e Cap d’Antibes. Davide Zoppi nella sua vita precedente ha studiato Giurisprudenza per diventare magistrato, ma interrompe questo percorso per dedicarsi all’azienda di famiglia. Ma non è una scelta di rottura ma di coerenza nel percorso di vita di Davide che spiega: “La coerenza sta nel senso di giustizia che ispira il mio agire, sia nell’esercitare la professione di magistrato sia nel recupero di terreni incolti e abbandonati”.  Ed è per questo senso di coerenza e di ricerca della bellezza perduta che Davide, dopo anni trascorsi altrove, torna nella piccola cantina ligure di famiglia per dedicarsi totalmente, insieme al compagno, alla cura dei suoi vini.

Licinia

Tenuta Licinia è una piccola azienda vitivinicola nata nel 2007 che si trova alle pendici dell’Appennino toscano, all’ingresso della Valdichiana, vicino al borgo di Lucignano, al confine tra le province di Siena e Arezzo. Una storia d’amicizia che viene da lontano, dagli anni ‘70, quando l’avvocato belga Jacques de Liedekerke conosce un signore toscano residente in Belgio, una conoscenza che li porta prima a un viaggio in quest’area poco conosciuta della Toscana, e poi a una scommessa: restaurare un vecchio casolare ormai in disuso, e prendersi cura del relativo vigneto. Jacques negli anni successivi si dedica allo studio dei sottosuoli e rimette in sesto la vigna, soprattutto negli anni della pensione. Ma nel 2019 si ammala e le redini di Licinia passano al nipote James Marshall Lockyer, impegnato in un dottorato in filosofia all’Università di Oxford. La stessa passione e dedizione che James adotta in ambito accademico viene applicata allo studio dell’enologia, concentrandosi sulle dinamiche d’interazione tra vite e sottosuolo e sulla classificazione e comprensione della qualità dei diversi tipi di terreno e interessandosi alla natura della qualità del vino e sulle proprietà che rendono un vino migliore di un altro. Tenuta Licinia ha come obiettivo la ricerca e la riqualificazione di antichi clos caratterizzati da sottosuoli particolari, nel tempo trascurati o dimenticati; pertanto, lo stile enologico di Licinia si potrebbe definire “stile clos”, con vini di profilo aromatico estremamente raffinato e minerale che sono espressione diretta del sottosuolo da cui hanno origine. Tenuta Licinia è certificata biologica dal 2007.

Azienda Vinicola Tinessa

Dal lavoro in banca al vino, da Milano ad Avellino, passando per la Sicilia: è un vero viaggio di ritorno quello di Marco Tinessa. Partito dal Sannio alla volta della metropoli meneghina, studi economici e attività nella finanza ma con una grande passione che lo accompagna: il vino. Grande passione che tramuta, da neofita senza padre o nonni vignaioli, in attività, nella sua terra natia a Contrada Torre a Montemarano in Irpinia. Un sogno che diventa un progetto: nel 2007 nasce la prima etichetta con il nome di Ognostro, in dialetto campano “inchiostro”, come il colore del vino schietto e locale, che macchia i denti dalla quantità di antociani. Con la volontà di creare un Aglianico da uve provenienti da agricoltura senza chimica di sintesi e senza l’uso del legno, ha scelto la zona di produzione dell’Aglianico, Tarausi, dominata dalla viticoltura tradizionale e dall’uso della barrique. Tinessa parte dalla scelta dei materiali, vetroresina, anfore e cemento e concepisce la vigna come parte di un’ecosistema dalla selezione dei massali al recupero di vecchi sistemi di allevamento come la raggera avellinese. Le prime uve nel 2007, le manda, e così per i dieci anni successivi, a vinificare nelle cantine di Frank Cornelissen sull’Etna; quindi nel 2017 l’esperienza a Perno di Monforte d’Alba da Mario Fontana, che Marco reputa il suo maestro. Nel 2020 acquista una cantina di vinificazione a Montesarchio (BN), suo paese natale, ma la zona produttiva resta l’Irpinia. Dalle vecchie vigne di Castelfranci e Montemarano proviene l’Ognostro Rosso, dall’areale di Lapio nella Valle del Calore il Bianco, un fiano in purezza. Un lavoro fatto sempre con passione, caratterizzato da attenzione meticolosa ai dettagli in ogni fase, artigianalità, pulizia e precisione, come in banca così in vigna.

Immagine di Camilla Rocca

Camilla Rocca

Una passione per il mondo del vino che parte dalle origini, si è allargata all’enoturismo e ai racconti delle persone, di quei volti, quelle mani, delle storie che sono dietro alla vigna

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