Tom Standage e la sua “storia del mondo in sei bicchieri”

Tempo di lettura: 3 minuti

Come il vino e 5 bevande hanno cambiato il corso delle cose

di Raffaela Cuccu

I lettori contemporanei sono alla ricerca di uno stile di scrittura agile e incalzante e prediligono tipologie di narrazione possibilmente lontane dall’ordinario.
Tom Standage è un autore dotato di estro e senso critico e il suo pensiero innovativo risponde alle richieste del pubblico. La sua origine è americana. Da sempre studioso di tecnologie, scienze e progresso, Tom ha pubblicato libri come ‘’Victorian internet’’ e ‘’Una storia commestibile dell’umanità’’.


La sua “Storia del mondo in sei bicchieri” è ormai in commercio da anni, ma non per questo può considerarsi meno attuale. Le sue 200 pagine costituiscono un compendio riguardo l’evoluzione della civiltà e seguono una variazione sul tema per nulla banale. La linea del tempo che viene ricostruita è un filo rosso che collima con la comparsa di sei diverse bevande che determinano non solo un restyling di usi e costumi, ma un condizionamento culturale vero e proprio. Il concetto di civilizzazione è accompagnato dall’avvento dell’agricoltura che determina il sedentarismo, la sperimentazione di nuovi metodi di conservazione alimentare e la conseguente fermentazione dei cereali avvenuta ormai circa 10 mila anni fa. Una prima rudimentale forma di birra scoperta per caso si è infatti rivelata tra le prime valide fonti di “nutrimento liquido” nel Medio Oriente.


Il fermento politico, filosofico e letterario delle città-stato dell’antica Grecia nel I millennio a.C. ha posto le basi del pensiero occidentale e il vino è stato l’anima del progresso. Oltre ad essere considerata una forma di valuta molto pratica, questa bevanda a base di uva, un tempo aromatizzata al miele, ha rappresentato fin dai tempi antichi un valido motivo di aggregazione. Ovunque si sia esteso il dominio di Roma, vi sono anfore ancora ben conservate e beni di lusso correlati con le firme del tempo e con indicati i luoghi di provenienza. Analizzando i marchi è possibile tracciare vere e proprie mappe del commercio marittimo e verificare l’influenza della politica romana sulla circolazione effettiva nel Mediterraneo e oltre, fino al Nilo meridionale e all’India del Nord.


Un’acqua dalle proprietà particolarmente benefiche era definita già nel Quattordicesimo secolo “ardens” e più comunemente detta acquavite. L’attrazione per questo distillato non era però associata alle presunte proprietà mediche, bensì alla capacità di inebriare facilmente. In epoca coloniale avvenne la scoperta e la diffusione di altre quintessenze, tra le quali il whiskey, il brandy (ovvero un bene di scambio utilizzato nell’Africa occidentale che “ungeva le ruote del commercio di schiavi”) e il rum, chiamato in Inghilterra rumbillion. Il termine faceva riferimento alle risse e ai tumulti che questa bevanda dall’alto contenuto alcolico spesso suscitava. Normalmente il rum era bevuto liscio, a volte come un punch, o in miscela con zucchero e succo di limone, un vero e proprio antenato dei cocktail moderni. I contrabbandieri del Settecento reagirono all’ostilità del governo inglese implementando il commercio illegale di uno dei suoi ingredienti principali proveniente dalle isole francesi ovvero la melassa, opponendosi alle leggi e boicottando le importazioni dalla Gran Bretagna. La legge sullo zucchero fu infatti il primo di una serie di provvedimenti impopolari. Durante il Boston Tea party nel 1773 vennero gettati a mare tre interi carichi di tè come gesto di protesta contro le nuove regole di imposta.


Negli stessi anni nascevano in Europa i caffè, ovvero luoghi promotori di rivoluzioni scientifiche, centri del pensiero illuminista, nonché luoghi di scambio e primi esempi di borse valori. Siamo nel pieno della rivoluzione industriale e le bevande rispondono alle nuove esigenze del tempo. L’alcool viene sostituito almeno in parte da bevande che stimolano in altro modo il pensiero, incentivando la concentrazione e apportando effetti benefici.

La diffusione di nuove bevande ha delineato in maniera piuttosto evidente prospettive storiche interessanti, definendo linee di confine e accordi geopolitici, chiarendo le caratteristiche antropologiche di ciascuna nazione. L’ascesa americana del ventesimo secolo vede la diffusione di alcuni prodotti che incarnano efficacemente i nuovi valori capitalistici.
La Coca-Cola è uno di questi anche se le sue vere origini sono ben diverse: ci troviamo in Georgia, ad Atlanta, dove un farmacista esperto di medicine brevettate di nome John Pemberton inventa la prima bevanda al contempo dolce, gassata e corroborante, un valido rimedio per una serie di disturbi quali emicrania e spossatezza. La ricetta originale, a base di foglie di coca e cola di noce, è stata più volte modificata ma la sua immagine è inequivocabilmente nota e racconta di un’intera epoca storica contraddistinta da dinamiche globaliste e soggetta a molteplici complessità interpretative.

Tutto questo è solo un accenno di un più intricato e affascinante intreccio narrativo tutto da gustare, proprio come una bevanda.

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Raffaela Cuccu

Laurea in Scienze dei Beni Culturali, Master in Comunicazione per il Settore enologico e il Territorio, Sommelier. Lavora nel cuore della Valpolicella presso l’ufficio marketing di una cantina vitivinicola

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