Irriverente, ma intriso d’amore, l’attore comico firma il suo terzo libro “di ironia e sentimento: da noi ogni goccia di sudore vale un sorso di Sciacchetrà”
di Titti Casiello
Chi vive affacciato su quel crinale di Mediterraneo chiamato Mar Ligure si tiene strette le sue certezze, cioè una focaccia in una mano e una tazza di caffelatte dall’altra. Lo sa bene Dario Vergassola, fierissimo spezzino di nascita, che dalle vesti di comico e attore teatrale firma ora il suo terzo libro “Liguria, Terra di mugugni e di bellezza. Guida ironico–sentimentale” edita da Mondadori.
“Non mi chiedete quali sono i mugugni dei liguri, si conoscono già”, appellandosi a quella scontrosità dei conterranei che precede l’ironia narrativa con cui Vergassola – in questa esilarante guida – ne inventa di nuovi in un andirivieni di strade, angoli nascosti, coste e carrugi, di nuovo crinali da scoprire lungo le statali che sprofondano nel Mediterraneo risalendo su tra i ripidi costoni montuosi.
Il viaggio però sta tutto nelle tappe intermedie, le cui indicazioni sembrano ognuna segnata dalla via del mare. Acqua che si riflette come in una grande pentola, che assorbe i sapori e gli odori della sua terra, al punto tale da divenire sfondo continuo in ogni pagina del libro.
A partire dal biscotto del marinaio, miscuglio di farina di grano, olio, sale e acqua: “A Genova trovi ancora alla Darsena queste piccole schiacciate, un tempo ammollate nel vino o nella minestra”, ci dice. Rappresentavano la razione giornaliera di cibo dell’equipaggio, che in quella legge genovese del ‘39 era di 790 grammi insieme a mezzo litro di vino.
Un popolo di colonizzatori, i liguri, che è sempre riuscito per contro a non farsi colonizzare, con quel caratteraccio che da Genova a La Spezia, passando per Savona e Imperia, è rimasto intatto, “insomma una terra di mugugni la nostra, però anche di smisurata bellezza”.
Il vino
Quella bellezza selvatica tutta avviluppata in alture, scolpita da centinaia di ordinate impalcature di terrazzamenti vitati e di muretti a secco che da Monterosso arrivano a Riomaggiore. È la bellezza delle Cinque Terre coi suoi affastellamenti di rocce nude e pendenze vertiginose tra viti di Bosco, Albarola e Vermentino che si aggrappano per non cadere in mare “e coi contadini che borbottano di continuo”.
A giusta ragione secondo l’autore, “perché si fa davvero una fatica bestiale qui” e la bellezza diventa brontolìo quando si rischia di scivolare sugli stretti gradini, punto di congiunzione tra un terrazzamento e un altro, o di arrancare in salita con corbe in spalla anche di 40 chili.
Eppure è proprio nelle radici di queste viti che è rimasta l’ultima istantanea di cosa fossero le Cinque Terre prima della riconversione al turismo. Alla sera con il sole che da un po’ di tregua si prendono le uve dalle ceste “e si stendono sui tetti delle case come se fosse biancheria da asciugare”. Lo Sciacchetrà, il vino dolce ligure per eccellenza, è fatto solo con le uve migliori di quelle ceste: “Ne vengono fuori poche gocce che da noi sono sante perché stai bevendo cinquemila scalini di fatica”, racconta Dario. “Era il vino delle grandi occasioni quando i figli si sposavano o quando ci si doveva fare un intervento in ospedale a Genova, si partiva con una bottiglia di Sciacchetrà da regalare al medico”.
Il cibo
Ma tra cielo e mare la Liguria sa vivere anche di terra, “quello che si dice mare e monti da noi sono le ricette coi muscoli”, guai a chiamarle cozze in Liguria, tanto care anche a De Andrè che omaggiava le sue anciuve (acciughe) di Monterosso e i muscoli di Speia (La Spezia) in Creuza de Ma.
Vergassola ripensa alla ricetta di sua mamma: “Le faceva in modo contadino, riempite con pane secco bagnato di latte misto a pomodoro, noce moscata e, apriti cielo, ci metteva anche la mortadella tritata”. Una ricetta oggi a rischio estinzione con il porto della Spezia che si popola di nuovi allevamenti, questa volta di ostriche: “Il mare è sempre più caldo e i muscoli non trovano più il loro habitat”.
Mentre sembra saper resistere ai cambiamenti climatici il testarolo: “Da qualche parte ancora si trovano questi piccoli stampi di terracotta che sembrano dei posacenere”. Nella tradizione popolare venivano messi sui caminetti così da diventare incandescenti, a quel punto una miscela di acqua, farina e sale veniva versata e sovrapposta a strati di testo e così a seguire “mia nonna li metteva anche dentro al letto, per riscaldarsi. Era già avanti col risparmio energetico”.
Il test se sei ligure o meno, però, si fa sulla focaccia. Dove neppure lo sfondo è un mero contorno “devi vedere il mare per mangiarla e preferibilmente in una giornata un po’ turbolenta, con quell’aria settembrina da maglioncino sulle spalle”. A quel punto inizia il rituale: “ti fai fare un caffelatte con tanto caffè e molto zucchero, tagli a strisce la focaccia unta, bisunta, che cola da tutte le parti e la pucci nella tazza. Nel mentre l’olio è già venuto a galla, poi la mangi ed è come prendere un acido al concerto di Jimi Hendrix a Woodstock”.
I ristoranti
Dalla sua prima focaccia di anni ne sono passati così come dal suo esordio professionale in quel lontano ’88 quando un giovane Vergassola partecipava alla manifestazione diretta da Giorgio Gaber “Professione Comico “e ti accorgi che anche i discorsi con gli amici sono direttamente proporzionali all’età, più invecchi più dimentichi i piaceri terreni e inizi a parlare solo di cibo e di vino”. Così sperimenta, prova nuovi gusti e si diletta anche a cucinare “ma la trattoria è un’altra cosa però. Vuoi mettere un piatto di Mesciua (zuppa tipica spezzina), i muscoli ripieni e le acciughe aperte impanate e fritte tutto in una sola cena? Ci vorrebbe una trattoria stellata. Pochi piatti, ma amorevoli”.
La tavola
E il riconoscimento per la tavola pare allora indubbio per Vergassola “qui nascono amori, finiscono lavori e se ne trovano altri, ci si litiga, ci si riappacifica. Bevendo ti si sciolgono anche le parole. È una seduta psicanalitica”.
Titti Casiello
Classe ’84, avvocato. Dopo una formazione all’AIS Milano, è diventata giornalista pubblicista e oggi collabora con alcune riviste e guide di settore.