La carta delle uve: da un’abitudine avvilente a una proposta di valore

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È il momento di invocare un cambiamento nel modo in cui i vini vengono presentati in alcuni locali. È importante fornire informazioni dettagliate per valorizzare il prodotto e fidelizzare il cliente

Di Maria Vittoria Sparano

Capita, purtroppo ancora troppo spesso, di leggere qualcosa che non si vorrebbe mai (più) leggere: una proposta di vini al calice che proposta non è, ma uno sterile elenco di nomi di vitigni e nulla più. Questo è tre volte svilente: per il consumatore, per il gestore del locale e per un intero comparto economico.

Proposte al calice:
Chardonnay……….. 8 euro
Pinot Grigio………… 7 euro
Traminer…………… 7 euro
Trebbiano…………… 6 euro
Merlot………………. 6 euro
Sangiovese…………. 7 euro
Montepulciano…….. 6 euro

 

L’esempio  che avete appena letto, no, non è uno scherzo, si chiama “carta delle uve” ed è quello che ancora oggi, talvolta, si legge in alcune frettolose e anonime proposte al calice, ma capita anche per le bottiglie, di sedicenti wine bar o altre attività commerciali di somministrazione bevande, siano esse bar, lounge bar, bistrot e chi più ne ha più ne metta, che, invece di investire seriamente nella loro offerta vini, rischiando così addirittura di massimizzare i guadagni, preferiscono stilare un bell’elenco, bello si fa per dire, di nomi di vitigni; sì un elenco, in stile lista della spesa, che non contempla nemmeno vagamente tutte quelle informazioni, direi imprescindibili, che da una parte servono al consumatore, per scegliere con maggiore consapevolezza, e dall’altra garantiscono al somministratore di la nomea di dà il giusto valore al proprio lavoro, mostrando i dovuti attenzione e rispetto nei confronti del cliente.

Decidere di inserire in una proposta di bevande un vino, bottiglia o calice che sia, non può e non deve essere una semplice scelta di comodo o di facciata, che si riduce alla vuota menzione di un vitigno accompagnata dal prezzo di quella vuota menzione con cui si riempie il bicchiere.

Per fortuna la “carta delle uve” tecnicamente non esiste, esistono invece, e non sono semplici orpelli, ma informazioni dirimenti per la valutazione e la scelta da parte del cliente, dei “dati” che devono essere esplicitati, dichiarati, stampati, insomma devono essere presenti senza se e senza ma. Nello specifico si tratta, almeno, di: nome del produttore, nome del vino, denominazione, annata, vitigno o vitigni che siano, e se si vuole essere proprio precisi, anche la gradazione alcolica, oltre al prezzo ovviamente. Non dovrebbe essere uno sforzo titanico aggiungere due righe stampate per inserire suddette informazioni. Ne gioiremmo tutti.

Il primo a gioirne sarebbe senza dubbio il cliente: trovarsi di fronte una proposta che, seppur limitata nella scelta, spesso vale la regola del “pochi, ma buoni”, sia presentata in modo chiaro e inequivocabile rivela subito un’attenzione in termini di trasparenza che è sempre apprezzata, soprattutto perché aiuta la comprensione e la scelta consapevole.

Il secondo a gioire sarebbe l’esercente, per la diretta conseguenza di quanto appena detto: un cliente, trattato da persona senziente e non da semplice elargitore di denaro una tantum, sarà più felice e soddisfatto e sarà più incline a ripetere l’esperienza nello stesso posto e magari a consigliarla ad altre persone: insomma, con due righe in più di times new roman, vi siete fatti un gruppetto di clienti e non solo.

Infine, se è vero che l’Italia è il secondo maggiore esportatore europeo di vino (dati Nomisma Wine Monitor), se è vero che è anche il secondo Paese per produzione a livello mondiale (dati OIV 2023), e se è vero che la qualità dei nostri vini passa per 341 DOC e 78 DOCG, allora diventa ancora più necessario prestare un minimo di cura in più nella proposta vino che si intende offrire al consumatore. E se questo non bastasse, che almeno si facciano bene i conti: non è un segreto di Pulcinella, infatti, che la marginalità data dal ricarico calcolato su una bottiglia o su un calice di vino restituisca un incasso e quindi un guadagno tra i più elevati del settore beverage; forse questo potrebbe convincere una volta per tutte a trasformare la “carta delle uve” in una vera proposta di vini al calice precisa, completa e addirittura competitiva.

Immagine di  Maria Vittoria Sparano

Maria Vittoria Sparano

Laureata in Lettere Classiche, sommelier professionista con esperienza in importanti sale stellate e docente per corsi di avvicinamento al mondo enoico. Ha collaborato con i più importanti e-commerce italiani di vino ed è sempre alla ricerca di piccoli produttori di grandi bottiglie

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