Leggi l’intervista completa ad Andrea Faccani e a Alberto Fiorini
di Alessandra Meldolesi
Faccani: Il piatto è nato da una situazione poco felice, il terremoto di Amatrice del 2016. L’intenzione era quella di legare più ingredienti di quella zona, per fare ripartire l’economia contribuendo con un piccolo indotto. Quindi insieme al calamaro del nostro mare sono andato a prendere il pecorino, il guanciale, il tartufo nero di Norcia dagli stessi fornitori attuali. Già Corrado Fasolato aveva fatto qualcosa di simile con la seppia molti anni fa, ma in cucina ormai si inventa ben poco. Io ho preferito il calamaro, che aperto ha dimensioni idonee e una testura più elegante, in una terra di tagliatelle e tagliolini. Ho creato una sferificazione di tuorlo, perché intero era troppo grande; dalle bucce del pecorino, a scarto zero, ho estratto la crema con gli scarti di tartufo; poi ho aggiunto il guanciale, altro pecorino e tartufo nero.
Fiorini: Prima abbinavo bianchi strutturati, poi tre anni fa ho cambiato tutto. Sono partito dagli elementi che la sommellerie considera inabbinabili, come il cioccolato, l’aceto o il carciofo. Ma dell’uovo, così persistente e invasivo, non si parla mai. E ho scelto un Madeira (anche un Marsala sarebbe andato benissimo) pensando alla pasticceria, quindi al classico zabaione. È un vino che toglie il frescume, mentre prolunga la dolcezza con la sua parte liquorosa. Non spegne né esalta: accompagna. Anche la parte aromatica del tartufo e il formaggio ci stanno benissimo. Sono stato da poco in Andalusia e mi hanno servito un calamaro alla plancha con uno Sherry amontillado. Mi sono detto: guarda un po’, anche in Spagna è una materia che pensano con un vino del genere. Il calice poi viene lasciato sul tavolo fino ai dolci, perché può essere portato avanti praticamente a tutto pasto, non c’è limite per una tipologia come questa. Anche se io non volevo un vino troppo dolce all’inizio, quindi nella gamma Barbeito ho selezionato il più secco, un medium dry invecchiato 5 anni, con una certa quota di dolcezza ma anche l’acidità e la sapidità marina per sposare il calamaro.
Faccani: All’inizio questo abbinamento non mi piaceva particolarmente, poi invece si è rivelato una scelta brillante. Ora mi affido ciecamente.
Fiorini: Fra noi in sala e Alberto in cucina la collaborazione è estrema. Dopo tanti anni l’ambizione è sempre alta e ogni giorno ci motiva a cercare un nuovo vino e un nuovo abbinamento.
Calamaro alla carbonara e tartufo
Ingredienti:
1 calamaro di medie dimensioni
pecorino q.b
guanciale q.b
erba cipollina tritata q.b
tartufo nero di Norcia q.b
Per lo sferico di tuorlo:
200 g di tuorlo pastorizzato
3 g di gluconato
0,3 g di Xantana
2 g di sale
Per il bagno di alginato:
2 l di acqua
20 g di alginato
Per la riduzione di panna:
500 ml di panna fresca
1 spicchio di aglio
5 g di sale
4 g di pepe nero
Pulire e dividere il calamaro a metà. Congelarlo e tagliarlo nel senso della lunghezza a striscioline sottili. Preparare porzioni da circa 80 g.
Frullare il tuorlo pastorizzato, la xantana, il gluconato e il sale, versare in un biberon. A parte frullare l’alginato nell’acqua. Riempire un cucchiaino per la sferificazione con il mix d’uovo e adagiare le sfere nell’alginato. Quando assumono una consistenza gelatinosa, prelevarle, sciacquarle e tenerle da parte.
Preparare la riduzione di panna riunendo gli ingredienti in un pentolino e facendo restringere della metà. Filtrare e tenere da parte.
Cucinare le striscioline di calamaro per 1 minuto sotto la salamandra, poi unirle alla panna, aggiustare di sale e impiattare. Posizionare al centro il calamaro, unire il tuorlo sferificato. Aggiungere guanciale croccante, pecorino fresco, tartufo ed erba cipollina.

Alessandra Meldolesi
Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.