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Ambiente, economia e società, la sostenibilità secondo Argea spiegata attraverso il format Habitat

Tempo di lettura: 4 minuti

Il neonato gruppo partecipa alla Milano Wine Week con una tavola rotonda a cui sono intervenuti esponenti di spicco sui temi della sostenibilità e dell’ESG.

di Francesca Ciancio

Si è tenuto a Milano, a PalazzoSerbelloni, all’interno del programma della Milano Wine WeekHabitat, una tavola rotonda che riunisce alcuni dei più autorevoli esponenti dei temi della sostenibilità e dell’ESG (environment, social, governance), per tracciare un manifesto per il settore vitivinicolo. Sul palco della kermesse milanese dedicata al vino si sono alternate le voci di chi ha fatto della sostenibilità il fulcro del proprio lavoro, portando dati, ricerche e best practise. Le domande a cui si è cercato di dare risposte sono le più attuali anche nel settore vitivinicolo: come coniugare la responsabilità economica, sociale e ambientale per una crescita sostenibile e duratura? Esistono le condizioni per l’imprenditorialità del settore per intraprendere la via di un serio cambiamento di passo? Quali i mezzi a disposizione delle aziende e le criticità del settore?

L’apertura dei lavori è di Enrico Gobino, direttore marketing di Argea, che sostiene con fermezza e convinzione quanto l’impegno di Argea – il gruppo vitivinicolo nato dalla fusione di Botter e Mondodelvino sotto la regia del fondo Clessidra, primo esportatore di vino italiano nel mondo – non possa prescindere dai doveri di un gruppo produttivo che non può guardare al solo profitto: “il nostro progetto di futuro – spiega Gobino – è già nel nome del neogruppo, infatti Gea sta per Terra ed è questo il bene principale di cui dobbiamo occuparci”.

Marco Frey, professore dell’Università Sant’Anna di Pisa e presidente Global Compact Network Italia (Nazioni Unite) ha paragonato il tema della sostenibilità a un tavolino a tre gambe: “Sono tre i principi fondamentali della sostenibilità – spiega il docente – crescita economica equilibrata, progresso sociale e tutela dell’ambiente. Tre fattori che dovrebbero andare di pari passo e alla stessa velocità. Purtroppo sappiamo come ciascuno di questi tre capitali viva forti crisi sistemiche. Il nostro impegno deve guardare al futuro delle nuove generazioni che devono poter contare sul capitale economico, su un benessere condiviso che nasce da un patto tra cittadini e politica e sul capitale naturale fondato sui cosiddetti servizi ecosisistemici. Il primo su tutti? L’acqua”.

Come evidenziato da Frey, il modello da costruire deve essere in grado di “fare meno con meno” cioè essere capace di gestire al meglio le risorse a nostra disposizione: “è quello che si chiama disaccoppiamento tra crescita economica e impronta ambientale. Il vino, a tal proposito, fornisce un ottimo esempio perché a una diminuzione dei volumi è corrisposto un aumento del valore. Quindi, pur producendo meno, i prodotti sono stati venduti meglio”.

Il monito rivolto alle aziende è chiaro, bisogna considerare una visione strategica d’insieme e di lungo periodo. Lo sottolinea Ermete Realacci, presidente onorario Legambiente e presidente di Symbola“Chi oggi non fa queste scelte, perde – spiega il relatore –perché la cultura, intesa in senso ampio e generale, è importante per la competitività di un paese e il rapporto con la comunità e il territorio è fondamentale per aver successo. Anche io sostengo che il vino rappresenti un esempio positivo. La notorietà del vino italiano è iniziata dopo un momento di crisi e di trauma dovuto allo scandalo del metanolo. Da lì si è ripartiti producendo meno ma meglio, dando valore alle nostre produzioni. Prima di quell’episodio il settore produceva un 40 per cento in più ed esportava vino per una cifra di appena 700/800 milioni di lire, oggi il valore del nostro export si attesta intorno ai 7 miliardi di euro”.

Interessante e funzionale al dibattito è stato anche l’intervento di Francesco Bicciato, Executive Director Forum di Finanza Sostenibile. Due concetti che fino a qualche anno fa sembravano in antitesi e che oggi invece sono imprescindibili per molte realtà produttive, come spiega Bicciato: Per cambiare i modelli di finanza vanno cambiati innanzitutto i modelli di produzione e pare fare questo ovviamente ci vuole del tempo. Come si fa? Introducendo gli aspetti sociali e ambientali in quelli finanziari. Non è più il momento delle fazioni tra fautori della decrescita e sostenitori dello sviluppo economico. Queste devono essere due facce della stessa medaglia. La crescita in qualità – e di conseguenza diminuzione sulle quantità e meno spreco di energia – vuol dire sviluppo. Lo dimostrano anche i nostri dati sulla finanza sostenibile: nel 2011 erano gestiti 400 miliardi di asset, nel 2021 siamo arrivati a 2000 miliardi. L’Italia, per una volta è messa piuttosto bene, con 430 miliardi di masse gestite. Nel 2017 erano appena otto miliardi di euro”.

Sulla sostenibilità sociale e sul fronte dei diritti, soprattutto di quelli negati, è intervenuta Giorgia Ceccarelli, Business & Human Rights Policy Advisor Oxfam Italia, che, da una ricerca commissionata alla Oxfam da un grosso gruppo retail norvegese, ha estrapolato alcuni dati che fanno emergere una situazione poco confortante sul piano dei diritti dei lavoratori in campo vitivinicolo: “Ovviamente non parliamo di tutta l’Italia, ma di un campione esaminato in Piemonte, Toscana, Puglia e Sicilia che, tuttavia, è piuttosto esemplificativo di come è messo il settore in questo momento. E dobbiamo parlare di una situazione in cui le criticità sono molteplici: bassi salari, scarsa sindacalizzazione, discriminazione di genere, soprattutto salariale e discriminazione nei riguardi delle comunità straniere. Inoltre c’è ancora molto da fare sui fronti della sicurezza e della salute.

Sempre dal paese nordico arriva il contributo di Sasha-Monique Elvik, Senior Sustainability Advisor di Vinmonopolet, rivenditore di bevande alcoliche di proprietà del governo norvegese, in pratica una rete capillare di retailer che ha il compito anche di controllare il consumo di alcol nel paese. La manager scandinava ha evidenziato quanto il vino italiano vada fortissimo presso i negozi a marchio Vinmonopolet e soprattutto quanto sia fondamentale nella loro policy avvalersi di codici di condotta etica: “Abbiamo avviato dialoghi con altri monopoli sul tema dei diritti umani – spiega la manager –sempre più società si stanno incontrando per costruire una road map su questi temi. Stiamo lavorando anche a un tool per prevenire lo sfruttamento della manodopera agricola e che darà la possibilità ai lavoratori di dire la propria, si chiamerà Worker Voices e funzionerà con telefonate anonime. Questo strumento offrirà al produttore la possibilità di interagire con le esperienze concrete dei propri collaboratori”.

Foto copertina crediti: Andrea de Gennaro

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