Giulio Terrinoni e Fabrizio Picano: “Tutte le strade del gusto portano a Roma, dove convergono sapori e idee da tutto il mondo”

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Da ‘Per Me’ nella Capitale: chef e sommelier raccontano la loro cucina contemporanea con ogni bottiglia scelta con rigore: “Abbiamo oltre 380 etichette, ma vogliamo ridurle per lasciare solo ciò che serve davvero”

di Alessandra Meldolesi

Si chiama “Per me” il ristorante che Giulio Terrinoni ha aperto a Roma nel 2015, conquistando a stretto giro la stella. Sostanzialmente autodidatta, arrivava da dieci anni di Acquolina, in società con alcuni colleghi. E ha subito puntato sul pesce. “Sarà che sono un ciociaro di Fiuggi, cresciuto a 700 metri sul livello del mare in una famiglia di ristoratori che facevano cucina tipica regionale. Da ragazzino i miei giocattoli erano mestoli e forchettoni, attaccato al grembiule di mamma, mentre papà accudiva la brace. Cosicché mi sono impuntato su ciò che mi mancava. Alla scuola alberghiera ho iniziato ad appassionarmi a questo lavoro, ma il primo ristorante stellato in cui ho lavorato è il mio. Ed erano tempi in cui qualsiasi informazione era sudata, graffiata, rubata. Ogni piccolo passo andava guadagnato con fatica, ma io avevo l’occhio sveglio. Definisco la mia cucina contemporanea, perché ogni cuoco deve cucinare il suo tempo e lasciarsi ispirare dal suo luogo. Nel mio caso Roma, che oltre il suo repertorio, essendo capitale accoglie spunti da tutt’Italia, dal cacciucco alle farine siciliane, e ospita tutto il mondo, con deviazioni culturali come ceviche o ingredienti giapponesi, fermentazioni nordiche e spezie maghrebine”.

Terrinoni: Io non sono un grande intenditore di vino, ma come dicono i miei collaboratori, che sono molto bravi, alla fine riconosco le cose buone. Forse perché da ragazzino ne ho bevute tante di cattive! Prediligo lo Champagne, ho attraversato la moda dei vini “naturali” e ancora oggi bevo volentieri i migliori. Come una ricetta in cucina, anche il bicchiere deve trovare il suo equilibrio.

Picano: Io mi sono appassionato di vino lavorando per mantenermi agli studi in Economia. Poi è diventato un lavoro. All’apertura dividevo la sala con Giulio Bruni e Flaminia, la moglie dello chef. Volevamo una carta di Per me, non del sommelier, che può cambiare più o meno spesso ed è comunque affiancato da collaboratori. Quindi tanti piccoli produttori e poche grandi maison; oggi sono 380 referenze, ma ne vorrei 150 per eliminare il superfluo e offrire solo tre proposte, di fascia alta, abbordabili o innovative per tutte le denominazioni che possono sposare la nostra cucina, centrata sul pesce. Ho cinque Bordeaux, ma non è ciò che consiglierei. Meglio bianchi freschi o di grandi struttura; rossi non di estrazione, ma di bevibilità.

Terrinoni: Io ho dato la massima libertà a Fabrizio, che è con me dall’apertura. La nostra carta si presenta come una valigia e contiene un viaggio, con una forte propensione sulla Francia oltre l’Italia e un piccolo giro intorno al mondo. La definiamo “didattica”, perché è divisa in territori. Per esempio nel Frusinate presenta la passerina e il cesanese.

Picano: Abbiamo due pairing da 5 o 7 vini su menu da 5 o 10 corse, con l’alternativa di tre calici premium, serviti subito per giocare con i singoli piatti. Privilegiamo nei primi casi i vitigni autoctoni italiani e i prodotti meno conosciuti, in tutte le tipologie.

Terrinoni: Dico sempre a Fabrizio che il capo è lui, che ha le chiavi del ristorante e della cantina. All’inizio facevo da apripista con le mie idee e lui seguiva con gli abbinamenti, ora a volte è il contrario. Se arriva un vino particolare, mi suggerisce magari una cottura al vapore per abbinarlo. Se invece assaggia delle lumache con il lardo, si diverte a fare le sue prove. Ma abbiamo 6 persone in sala e 5 sono sommelier, quindi è un’organizzazione orizzontale più che piramidale. Quotidianamente per un piatto nuovo o un bicchiere nuovo stappiamo a fine serata. Poi i ragazzi girano tanto, mangiano, bevono, spendono, si fanno le loro idee e le riportano in azienda. Il percorso creativo è permanente, anche perché il menu cambia di continuo, non secondo cadenze stagionali. Può variare solo un ingrediente secondo le disponibilità, mentre la ricetta resta. Scriviamo pescato del giorno perché al mare si pesca, non si fa la spesa e l’approvvigionamento è quotidiano: il furgone arriva alle 8, dopo l’asta delle 5. E abbattiamo solo per il crudo. È una cucina fatta di gesti, istinto, momenti.

Scopri l'abbinamento

Freddo di cipolle rosse, ostriche, pane al gorgonzola
Immagine di Alessandra Meldolesi

Alessandra Meldolesi

Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.

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