Il Consorzio dei Vignaioli delle Marche ha raccontato un’identità regionale condivisa con degustazioni, formazione e territorio
di Raffaello De Crescenzo
Nelle giornate del 23 e del 24 novembre sono andate in scena due interessanti iniziative organizzate e promosse dal Consorzio dei Vignaioli delle Marche: “Degustazione a 2 voci – Dolomiti ed Adriatico” e “Sapere di Vino – Percorso formativo di valorizzazione delle DOC e DOCG per il servizio in sala”.
Entrambe le manifestazioni hanno avuto luogo presso l’iconica Rotonda a Mare di Senigallia, vero fiore all’occhiello della città, sita in provincia di Ancona, famosa nel mondo per le sue spiagge di velluto e per le sue eccellenze ristorative, con i celeberrimi chef stellati Mauro Uliassi e Moreno Cedroni.
Il primo evento, tenutosi domenica pomeriggio, ha visto l’incontro tra 17 aziende: 11 del Consorzio dei Vignaioli delle Marche e 6 aziende dal Consorzio dei colleghi trentini. Da loro, infatti, è nata l’dea di realizzare la prima organizzazione di vignaioli italiani, da cui anche i marchigiani, nel 2023, hanno tratto spunto per consociarsi.
In questi due anni, tanta strada è stata percorsa, tante idee sono nate e si è vista una crescita importante per questa associazione che, ad oggi, è arrivata a mettere insieme ben 17 aziende dell’intera regione.
“In questi primi due anni abbiamo cercato di trovare vie alternative per promuoverci, attraverso anche manifestazioni che fossero meno ‘impersonali’ rispetto alle grandi fiere di settore – ci racconta la Direttrice, Ilaria Ippoliti – Collaborazioni con condotte Slow Food in Germania, fiere locali con altri produttori artigianali tedeschi, incoming di giornalisti stranieri nelle nostre cantine. Numerose iniziative di cui andiamo fieri e per le quali abbiamo fatto parlare di noi: Landau media, società leader di monitoraggio stampa, ad esempio, ha certificato che in due anni noi siamo stati gli unici ad aver fatto parlare in maniera integrata di vino, cultura, turismo delle Marche all’interno dei media tedeschi”.
Quella di domenica, dunque, è stata una bella occasione per degustare e mettere a confronto i vini artigianali di aziende familiari, artigianali, che producono solo dalle proprie uve, in un confronto tra due regioni che, seppur lontane geograficamente, sono unite dalla stessa idea di vino: autentico, sincero e profondamente umano.
Durante l’evento, inoltre, è stato anche possibile scoprire il proprio enotipo attraverso un simpatico gioco di degustazione emozionale, dal titolo “Che vino sei?”, ideato dalla giornalista Laura Di Pietrantonio. Il test integra gli aspetti sensoriali e percettivi del vino con la dimensione personale di chi lo assaggia, fornendo un metodo leggero e divertente, ma anche educativo, per avvicinarsi al vino con curiosità, autenticità e un pizzico di gioco.
Buono il riscontro di pubblico che, approfittando anche di una location a dir poco suggestiva, ha potuto passare un pomeriggio gustoso e stimolante. Allo stesso modo, stimolante è stato anche il convegno tenutosi l’indomani mattina, che ha visto dialogare tra loro diverse personalità del mondo del vino e della ristorazione.
A fare gli onori di casa, sempre la Direttrice Ippoliti, che si è focalizzata sull’importanza di fare squadra tra produttori, scuole e ristorazione. All’incontro hanno partecipato anche gli studenti dell’Istituto Alberghiero “Panzini” di Senigallia, che forma i futuri professionisti del mondo della ristorazione: dalla sala, al bancone, fino, ovviamente, alla cucina.
“Un mondo in cui le parole d’ordine sono: contaminazione, passione ed emozione – ha spiegato Simone Francheschi – Direttore della Rivista Il Sommelier della FISAR, durante il suo intervento – La carta dei vini in un ristorante deve essere uno strumento di identità, da realizzarsi con metodo, logica e da raccontare al cliente”. Impensabile, allora, delegarla al distributore e non prevedere una bella fetta di vini del territorio. “Uno strumento che trasmette la consapevolezza di chi siamo, che non può essere un accumulo di etichette, ma deve prevedere una selezione ponderata, frutto di un dialogo coerente con la cucina”.
C’è bisogno di tanta professionalità, a fronte di una richiesta elevatissima di personale adeguatamente formato ed è per questo che sempre maggior importanza va assumendo una materia come “tecniche di degustazione”. In tale ottica, allora, si inserisce l’intervento della docente del “Panzini”, Simona Cicetti, che ha evidenziato opportunità e limiti del progetto “Scuola-Lavoro”, volto a fornire le prime esperienze di stage a chi studia per entrare in questo settore.
Un settore in cui il cameriere diventa un “mediatore emozionale”, capace di guidare con professionalità e presenza il cliente, rispettandone i gusti e cercando di creare relazione. Queste, in sintesi, le parole dell’ex docente del “Panzini”, Luigino Bruni, a cui si sono unite quelle di Catia Uliassi, proprietaria e direttrice del Ristorante Uliassi, recentemente riconfermatosi 3 Stelle Michelin. Un successo iniziato nel 1990 e portato avanti grazie ad una squadra di professionisti che lavorano in maniera affiatata, salvaguardando equilibrio e benessere personale, anche dal punto di vista extra lavorativo. 1.300 vini in carta, con 300 vini regionali: questi i numeri di una vera eccellenza marchigiana e nazionale.
Da un’eccellenza all’altra: alla tavola rotonda, infatti, ha partecipato anche il maremmano Maurizio Menichetti, titolare del Ristorante Caino, due stelle Michelin da ben 28 anni. Cura per i dettagli e assoluta armonia tra sala e cucina: queste, in sintesi, le chiavi del successo di un ristorante che lavora con una visione di alto livello.
Per concludere la discussione con spunti davvero coinvolgenti, allora, non poteva esserci niente di meglio dell’intervento del padre della rinascita del Timorasso, Walter Massa: “Copiare dai migliori al mondo, con un occhio alla sostenibilità vera e un altro alla creazione di relazioni sincere con la ristorazione: così si crea qualcosa di serio e concreto, in cui tutti gli attori coinvolti in un territorio recitano un ruolo da protagonisti e contribuiscono a fare grande la propria nazione. C’è bisogno di chef curiosi, di sommelier disposti a rischiare e di ristoratori sensibili al racconto del territorio”.
Con queste parole, l’eccentrico produttore, ha conquistato la platea e fatto intuire come, in 30 anni, il suo Derthona sia diventato un vino iconico, presente in numerosissime carte dei vini di ristoranti importanti.
L’augurio, dunque, è che, grazie al lavoro dei Vignaioli ed al desiderio di raccontare il territorio tramite i loro vini, tutto il comparto enologico e ristorativo possa crescere, aprendosi a nuove, intriganti opportunità.
Raffaello De Crescenzo
Analista sensoriale laureato in Tecnologie Alimentari e in Viticoltura ed Enologia. Missionario del gusto con la passione per la divulgazione scientifica. Collabora con Vendemmie dal 2025, occupandosi soprattutto di interviste ed approfondimenti di settore