Matteo Maenza e Gabriella Di Dio: “A volte guida il piatto, a volte il calice, l’importante è che parlino la stessa lingua…”

Tempo di lettura: 4 minuti

Chef e sommelier di Gramen raccontano una nuova via dell’abbinamento: “Il calo non dev’essere un limite, ma uno spazio di libertà”

di Alessandra Meldolesi

Passato per gli insegnamenti di Fabio Baldassarre, Jean-François Piège, Pino Lavarra, Anne-Sophie Pic e Joan Roca, dal 2013 lo chef pugliese Matteo Maenza dirige il ristorante Gramen del Lefay Resort di Gargnano, sul lago di Garda. Nella penultima edizione ha ottenuto la stella presso il suo spin-off sulle Dolomiti trentine, al Grual di Pinzolo. Con lui, sul lavoro e nella vita, c’è Gabriella Di Dio, sommelier di Gramen, che lavora in squadra con Salvatore Silvestro, maître che coordina la sala, ed Erminia Zusi, la “piccola” della squadra, che si occupa della gestione e della ricerca sulle etichette, non senza il concorso dello chef, che mette tutti alla prova. “Per noi lavorare con Matteo è una corsa continua, un flusso costante di stimoli, ricerca e soprattutto grande gioco di squadra tra la sala e il suo estro creativo. Per noi lui è sapienza: la sua attenzione nella ricerca della materia prima è disarmante. E gli ospiti amano il racconto che lui stesso ci invita a trasmettere”, attacca Gabriella. “Dal canto mio ho ampliato il ruolo di sommelier spostandomi verso il mondo dei pairing analcolici, dedicandomi alla ricerca, alla produzione e alla selezione di tè, tisane e infusioni, che accompagnano la cucina con un linguaggio alternativo e contemporaneo. La squadra si è ulteriormente arricchita con Donatella Capuccini, autoctona del Lago di Garda, perfettamente in linea con la filosofia del territorio e del km 0. Insieme a lei Elisa Boglioli ha trovato in Gramen una ‘carta bianca’, che ha trasformato in un vero innamoramento professionale; a breve sosterrà il suo primo esame WSET, a conferma di un percorso di crescita importante”.

Maenza: Per me il vino è un’estensione naturale della cucina: non lo considero un semplice accompagnamento, ma un ingrediente “esterno al piatto” che completa il racconto del menu. Lo vivo in modo istintivo ed emotivo, come un linguaggio parallelo capace di amplificare un’idea o suggerire nuove direzioni.

Di Dio: La nostra è una carta internazionale da 800 referenze, molto attenta ai vini biologici in linea con il nostro impegno verso una proposta sostenibile e consapevole. Il territorio resta un punto di osservazione privilegiato: una fonte continua di ispirazione e ricerca, da cui selezioniamo con cura le etichette più rappresentative e coerenti con la nostra identità gastronomica. Si tratta di un lavoro di squadra, frutto di una ricerca capillare condotta da tre sommelier: Salvatore, Erminia ed io. Un progetto condiviso e di formazione continua, curato con grande attenzione: i piatti di Matteo, con il loro estro creativo, ci stimolano ogni giorno a trovare abbinamenti sempre nuovi e all’altezza della cucina. La ricerca deve essere mirata, provata e letteralmente “vivisezionata” insieme al piatto, perché ogni abbinamento nasce solo dopo aver studiato a fondo le sue sfumature, le sue strutture e la sua personalità.

Maenza: Con Gabriella c’è un dialogo continuo. Io parto dal piatto, lei dal vino e ci incontriamo a metà strada. Condivido la creazione già nelle fasi preliminari: un brodo, un fondo, una fermentazione e lei interpreta dove sto andando. A volte è il vino a guidare il piatto, altre volte accade il contrario. L’obiettivo è creare abbinamenti che non siano didascalici, ma emotivi e narrativi. Il confronto però non avviene solo al ristorante: nasce in viaggio, durante visite ai produttori oppure aprendo bottiglie a casa, per capirne evoluzione e carattere. Anche l’osservazione del servizio è fondamentale: come cambia un piatto con il primo sorso, come reagiscono gli ospiti. È un percorso condiviso, in continua costruzione, dove cucina e vino parlano la stessa lingua.

Di Dio: Non esistono vini “obbligati”: la cucina di Matteo, dinamica ed estrosa, dialoga con molte tipologie. Ma se dovessimo indicare una direzione preferenziale, certamente andrebbe dagli Champagne ai bianchi strutturati, capaci di sostenerne la complessità senza coprirne l’equilibrio. Così nascono i nostri percorsi di pairing, studiati per entrare in sintonia e fondersi con i piatti, creando un dialogo continuo tra cucina e calice. Ogni abbinamento nasce da una ricerca attenta e mirata, con l’obiettivo di trovare il perfetto equilibrio ed esaltare ogni sfumatura del piatto. Ma i nostri percorsi possono essere accompagnati anche da tè e tisane preparati al momento, costruiti dal nostro carrello davanti all’ospite (me ne occupo personalmente dopo un grande studio all’estero), per un’esperienza sensoriale intima e coinvolgente. In alternativa proponiamo abbinamenti creati in collaborazione con i nostri mixologist, che sviluppano infusioni, estrazioni e cocktail ad hoc. Un modo diverso e sorprendente di vivere il pairing, dove ogni scelta è curata e personalizzata, anche per un percorso no alcool. Noi non abbiamo registrato un vero e proprio calo dei consumi; al contrario, abbiamo percepito una crescente curiosità da parte delle nuove generazioni, desiderose di vivere un’esperienza che vada oltre il vino tradizionale. Queste scelte non solo rispondono ai nuovi interessi degli ospiti, ma rappresentano anche una fonte di stimolo e ricerca, permettendoci di ampliare il linguaggio dell’abbinamento e rendere l’esperienza ancora più completa e contemporanea.

Scopri l'abbinamento

Parmigiana gourmet
Immagine di Alessandra Meldolesi

Alessandra Meldolesi

Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent'anni.

Facebook
Twitter
LinkedIn
TS Poll - Loading poll ...